giovedì 27 luglio 2017

Dire e fare


Uno apre la Costituzione della Repubblica Italiana e trova:
 "Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio......Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose......".
Pensa sia bene che nella Costituzione sia scritto questo ed è certo che il legislatore abbia fatto e faccia di tutto per osservare il dettato costituzionale.
Ma poi si rende conto che l'unica famiglia di cui i politici attuali si siano occupati per favorirla è quella fondata sul matrimonio uomo-uomo o donna-donna, cui sicuramente settanta anni fa i costituenti non avevano pensato.
Si sono sì occupati anche di quella fondata sul matrimonio cui pensavano i padri costituenti come tutti al mondo,  ma certamente non per favorirla. Settant'anni fa non immaginavano che i figli si scegliessero e ordinassero in internet: è questione di civiltà, ci dicono. Ma i nostri padri costituenti erano incivili, come tutti a quel tempo. A quel tempo tutti ma proprio tutti con matrimonio intendevano quello uomo-donna, quello da cui possono nascere figli; a quel tempo pensavano che il matrimoio dava una certa stabilità alla famiglia e maggior tutela ai minori .
Per la legge italiana vigente quel matrimonio è qualcosa di abominevole da punire quanto più possibile. E così il matrimonio vale per sommare i redditi dei coniugi ed escludere per eccesso di reddito la famiglia dai benefici che senza matrimonio altrimenti avrebbe. Ma non vale per sommare le spese dei coniugi e consentire sempre a carico del coniuge "capiente" le spese sostenute per il coniuge "incapiente". E così le persone sposate sono penalizzate rispetto a quelle con uguale reddito non sposate: capita per la tassa sanitaria (ticket), per il trattamento pensionistico, per le spese sanitarie, per le spese di ristrutturazione e per tutte quelle che prevedono agevolazioni fiscali (di cui peraltro non godono nemmeno i non sposati a basso reddito).
Considerando che nel matrimonio all'antica spesso capitava che per dedicarsi alla famiglia e crescere i figli uno dei coniugi non potesse prestare normale lavoro retribuito,  il matrimonio (per ora) vale per la pensione di reversibilità e gli omossessuali lo pretendono. L'unica speranza è che gli sposi gay si trovino danneggiati come gli altri, che si facciano sentire come loro sanno ben fare e che quanto subito otterranno sia esteso anche agli sposi all'antica.