lunedì 18 novembre 2013

Ricchi e poveri

Quando ai strapagati politici e burocrati, abituati a non badare a spese e sprecare denaro proprio e altrui, capita di dover trovare altri soldi o spendere meno, prima o poi pensano ai pensionati, i quali, abituati invece a badare alle spese, riuscendo a vivere con poco possono benissimo vivere anche con meno. L'adeguamento delle pensioni non consente di comprare oggi quello che compravano cinque anni fa, spendono sempre di più per comprare sempre meno e sono considerati sempre più ricchi e più tassati, grazie anche a parametri reddittuali fermi da vent'anni.
Ma anche lo stato spende sempre di più, molto di piu del pensionato: se  quello che costava 100 costa 110, il pensionato può spendere solo 109 mentre lo stato spenderà 120 e tasserà di conseguenza. Per consentire gli abituali sprechi e lauto stipendio a chi li fa, non bastando aumentare i tributi vigenti magari combiandone il nome ed inventarne di nuovi, si pensa di bloccare gli adeguamenti pensionistici: un'imposta comoda, che non comporta scioperi, che potrebbe crescere con l'inflazione e di anno in anno, automaticamente.
A chi la fa pagare può sembrare un'imposta equa e sopratutto gli consente di mantenere per sè un reddito dieci, venti volte quello di chi la paga.
Dicono che chi ha una pensione X volte il minimo, dovrebbe fermarsi lì e aspettare che diventi pari al minimo: questione di equità. Non importa se per avere quella pensione si sia impegnato ed abbia lavorato X volte più del minimo. Dicono che per equità generazionale i vecchi non dovrebbero essere preferiti ai giovani. Non importa se quando erano giovani non sapevano di lavori per soli stranieri, accettavano il lavoro che c'era o si spostavano altrove se non c'era, lavoravano 48 ore settimanali per 48 settimane all'anno (considerando ferie e festività), iniziavano a 14-15 anni guadagnando poco, ma erano fortunati perchè quel poco non lo dovevano spendere in sfizi e telefonini Non importa se volenti o nolenti hanno destinato parte del guadagno non a soddisfare piaceri immediati ma necessità future, se chi si sprecava in promesse ha sprecato anche il loro denaro.
Chi non è ricorso al trucco truffaldino (magari suggeritogli da sindacati o patronati) di aumenti fittizi di retribuzione negli ultimi anni lavorativi può anche pensare che la sua pensione è adeguata ai contributi versati e che lo stipendio che prendeva se lo meritava e che comunque era solo una questione tra lui e il suo datore di lavoro privato. Solo se fosse stato pagato con pubblico denaro la questione riguarderebbe tutti i cittadini che magari vorrebbero retribuire i propri dipendenti secondo il loro merito e le proprie possibilità e, visto che lo stato si è impegnato a pagare assegni sociali e minimi di pensione, a quelli dovrebbero essere parametrati stipendi e pensioni pubbliche : se non vi sono soldi per gli uni non possono esserci per gli altri.
Ma se per equità si ritiene di non considerare regole e contributi passati, magari per equità si dovrebbe allora considerare la situazione presente. Con la pensione di Tizio pari a X volte il minimo + 2 euro vivono lui e la moglie, vale quindi come due pensioni di metà importo e non andrebbe bloccata. Ma evidentemente così si andrebbe contro la nostra bellissima Costituzione che per un errore tipografico recita "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia", mentre nell'originale sta sicuramente scritto "La Repubblica NON agevola ..."