domenica 18 luglio 2010

Questo caldo

Dicono che gli italiani hanno imparato a parlare l'italiano grazie alla TV o perlomeno hanno imparato ad usare tutti le stesse frasi, magari un tempo abituali in alcune regioni e sconosciute in altre. Forse la TV serve ad avere un linguaggio comune, ma quasi sicuramente fa disimparare l'italiano. Non si sente dire "persecuzione" ma "stolchingh", non "riservatezza" ma "praivaSi" e così via usando parole che sicuramente non si scrivono come si sentono. Forse per fare i giornalisti in TV è necessario dare l'impressione di conoscere l'inglese ma sicuramente non deve essere richiesto di conoscere l'italiano, probabilmente considerato lingua moribonda. Parlando del clima - e non c'è estate che non parlino del caldo o inverno che non parlino del freddo - ho sentito più volte dire frasi del tipo " ... caldo torrido, temperatura percepita 35°", spiegando o avendo già spiegato che la temperatura percepita dal corpo umano è superiore a quella percepita dal termometro per via dell'umidità dell'aria. Quanto più l'umidità è elevata tanto maggiore è la differenza tra la temperatura indicata dal termometro e quella percepita. A parte il fatto che io non percepisco la temperatura in gradi Celsius ma in grado di insopportabilità, più o meno elevato e spesso non condiviso, trovo strano che - da quello che dicono - più c'è umidità e più il caldo percepito è torrido. Io associavo il caldo torrido al deserto, alla siccità, finanche alla torrefazione: caldo sì, termometro che segna temperature elevate, ma secche. Mi era incomprensibile che il caldo possa essere torrido per effetto di alta percentuale di umidità e sono andato a verificare in Internet,
http://www.treccani.it.

"torrido
tòrrido agg. [dal lat. torrĭdus, der. di torrēre «disseccare,
asciugare»]. – Secco, bruciato per il gran caldo; più spesso, con
valore attivo, che dà impressione di caldo secco, intenso, ardente:
una giornata t.; un clima t.; temperature torride. In geografia, zona
t., ciascuna delle due zone terrestri situate una nell’emisfero nord,
compresa tra il tropico del Cancro e l’equatore, l’altra nell’emisfero
sud, compresa tra il tropico del Capricorno e l’equatore (o, anche,
l’intera zona compresa tra i due tropici), caratterizzate da un forte
squilibrio termico diurno-notturno, da una scarsa oscillazione termica
annua, e dall’altezza del Sole sull’orizzonte sempre molto elevata."

Evidentemente i cronisti TV usano un altro italiano, il new italian.

sabato 3 luglio 2010

Italia/Europa

Sento giornalisti, magistrati, politici affermare che l'Italia non può avere leggi come quelle dei paesi europei perché qui è potente la criminalità organizzata. Magari occasionalmente, sono però inclini a non rispettare le leggi che li riguardano, di fatto contribuendo a creare la mentalità diffusa di rispetto per l'illegalità. Se i privilegi non si toccano, se la forza della casta prevale sull'equità, se le norme sono fatte solo per i fessi, allora possono prosperare furbi e prepotenti: si creano norme che complicano la vita ai soliti che le rispettano mentre gli altri - al peggio - si sentono più bravi.

venerdì 2 luglio 2010

Preti

Dicono che i preti sono pochi, ma non è facile saperlo: quei pochi o tanti sono invisibili. Vivo in una città di provincia, sono sempre vissuto in una qualche città della provincia italiana: dove ora vivo (e penso non solo qui) non si vedono preti. Eppure sono certo che ce ne sono, pochi ma ce ne sono. Forse sarà perché non sono un assiduo praticante, ma in chiesa ci vado e in chiesa durante le celebrazioni vedo vescovo, parroci, coadiuvanti (quelli che un tempo chiamavo cappellani). Ma quando non ci sono funzioni sacre nemmeno in chiesa vedo preti, vestiti da prete cattolico: vedo uomini in abiti comuni che si comportano come in casa propria e guardandoli un po' meglio posso riconoscere qualcuno che ho visto dir messa, un prete. Non ne ho visti in bermuda, pinocchietti o canzoncini corti: calzoni lunghi con giacca o senza, con pullover o senza, camicie a manica lunga o corta, con cappotto o giacca a vento d'inverno, una piccola croce forse. Un tempo erano visibili, si potevano amare o odiare ma esistevano e proclamavano la loro esistenza, talvolta per vantaggio, talvolta per corraggio.
Tranne qualche raro prete vecchissimo, per le strade non vedo nessuno in abito talare. Un giorno in piazza ho incrociato un signore che mi pareva conoscere, vestito con giacca e pantaloni scuri: era un po' trasandato e questo mi ha fatto riconoscere il precedente vescovo della diocesi.
Non sono aggiornato sui canoni ecclesiastici; ai miei tempi i preti erano sempre vestiti da prete e anche se per qualche particolare motivo (che so, ricovero ospedaliero) non portavano la "tònega" si vedeva che erano preti per via della "cèrega", la piccola tonsura circolare grande come uno o due euro che avevano sopra la nuca.
Che sono consacrati lo sanno loro, che sono sempre e comunque preti lo sanno loro e qualche fedele particolarmente istruito e praticante: per il resto della gente sono uomini come tutti gli altri, cui non vale proprio la pena raccontare i fatti propri (confessare peccati): si comportano come gli altri senza scandalizzare e senza raccontarlo alla gente. I paramenti sacri delle funzioni religiose, l'abito da prete usato solo in quell'occasione qualcuno può considerarlo come il costume di scena di un attore, indossato solo per recitare quella parte: se fossero sempre in abito "sacro", non sarebbe recitare ma vivere da prete. Saranno cambiati i tempi, sarà che sono invecchiato e come tutti i vecchi ripenso ai tempi andati ma, sicuramente sbagliando, preferivo quando i preti erano sempre preti per tutti, amati o odiati. L'abito non fa il monaco, ma aiuta.