mercoledì 23 settembre 2009

Da 31/07/2009 a 23/09/2009

Digitale terrestre

Nelle province di Torino e Cuneo si passa al digitale terrestre e per vedere la TV si deve aquistare un decoder o un nuovo televisore. Coloro i quali non hanno voglia o possibilità di fare questa facoltativa spesa supplettiva si troveranno con un apparecchio inservibile, un non-televisore. Naturalmente a queste persone, che per decisione altrui (governativa?) si trovano a non più possedere un apparecchio atto a ricevere i programmi televisivi, verrà rimborsata la quota di canone già pagato relativa al periodo per il quale sono stati privati del televisore.
O no?

Scritto il 23/09/2009 alle 01:24 nella Radio e televisione


Kabul

Non si può non rattristarsi per la morte di una persona e non condividere il dolore dei suoi famigliari, ancor più per la morte di più persone.
Più esse ci sono vicine più è grande il dolore: soffriamo per la morte di un familiare, un po' meno per quella di un parente e via via meno per la morte di un compaesano, di un connazionale, di un europeo. La morte degli altri sembra non interessare nessuno: "è caduto un aereo, 150 morti, nessun italiano a bordo" e i 150 morti non sono che un numero. Ci sono volute le migliaia di vittime di New York (fra cui europei e italiani) per sensibilizzare per qualche tempo le nostre coscienze, forse solo per paura di essere nel mirino.
Dei civili afghani morti con i sei italiani si dice di sfuggita, come di cosa abituale.
Non giudico se sia o no giusto che i nostri militari siano in Afghanistan, ma non è la morte di uno o sei militari che può fare di una cosa giusta una cosa ingiusta. Chi vive rischia di morire, alcuni lavori comportano più rischi di altri: è doveroso cercare di ridurre al minimo i pericoli ma è quasi impossibile eliminarli del tutto. Anche l'impiegato che facesse il lavoro meno pericoloso del mondo può rischiare di morire investito da un'auto mentre si reca in ufficio.
Fare il militare implica il rischio di usare le armi contro qualcuno e che qualcuno usi armi contro di te. Le "missioni di pace" dove spadroneggiano uomini armati comportano l'uso delle armi: se così non fosse basterebbe mandare volontari armati di buone intenzioni, magari ben pagati e pronti a scappare in caso di pericolo. Il lavoro è rischioso: chi consapevolmente lo fa merita tutta la mia riconoscenza.
È giusto valutare l'opportunità o la necessità di partecipare a tali missioni, valutare se l'interesse della nazione o dell'umanità vale i rischi che comporta, il prezzo da pagare. Voglio sperare che nessuno pensi che poliziotti e carabinieri debbano restare in caserma per non correre rischi con i delinquenti: sarebbe inutile avere forze di sicurezza, come sarebbe inutile un esercito se all'occorenza non fosse usato.
Ma ci sarà sempre qualcuno che durante i funerali di militari caduti grida "Pace subito!" o se vede picchiare e stuprare sua moglie si siede in un angolo e da uomo pacifico sussurra: "fai pure con comodo!"

Scritto il 21/09/2009 alle 19:55 nella Politica


Frasi fatte

Qui gladio ferit, gladio perit.
Chi la fa l'aspetti.
Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Aliena vitia in oculis habemus, a tergo nostra sunt.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? (Lc 6, 41).
Medice, cura te ipsum.

Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Scritto il 01/09/2009 alle 02:25 nella Politica


Da casa a casa

Ho scoperto d'avere sempre sbagliato casa, non a trovarla ma a dirla. In un sito dove si discute di lingua italiana ho letto "Prezioso il link del DOP (Dizionario d'Ortografia e Pronuncia), ma sono un po' deluso: riportano la pronuncia alternativa di "colonna", ma non segnalano l'esistenza di
quelle di "casa" e di "zio" e poi "Eppure, un italiano che pronunci "casa" come fanno al nord, non sarà percepito come una persona ignorante che parla in maniera scorretta"
La cosa mi ha incurisito. Qui al Nord non mi pare avere mai sentito qualcuno dire casa in modo sbagliato: qualche commilitone diceva "baita" o "ca'", ma tutti se dicevano casa dicevano casa, esattamente come lo dicevo io. Allora penso di non avere capito come pronunciano "casa" in qualche parte del Nord e chiedo. La risposta è: "Come "rosa".
Mai avrei pensato che si potesse (dovesse) dire in modo diverso, ma in effetti sul DOP la pronuncia è resa con [casa], [sole], [ro∫a]. Casa è una delle prime parole che ho imparato, da settant'anni ho sempre sentito dire e detto ca∫a. Nel normale alfabeto italiano la ∫ non c'è e di regola s fra vocali suona come in ro∫a. È pur vero che io dico Presidente e non Pre∫idente, ma pensavo di sbagliare. Ed è anche vero che basta guardare in un buon vocabolario con la trascrizione fonetica e si sa quale dev'essere la corretta pronuncia, ma non è così semplice come credono gli esperti, i linguisti che si occupano della materia. Anche se fosse semplice, mai e poi mai mi sarei sognato di andare a controllare la pronuncia di una parola così usuale sulla quale non potevo avere dubbi di sorta: "vieni a ca∫a" diceva mia madre, "compiti per ca∫a" diceva la maestra, "andiamo a ca∫a" si diceva in ufficio e se qualcuno diceva [casa] io capivo [ca∫a] o pensavo avesse un difetto di pronuncia, se non era spagnolo.
Non amando molto le doppie, se quì diciamo [casa] suona come [cassa] ed è sempre meglio stare in ca∫a che in cassa.
A quanto ne so l'italiano deriva dal toscano ma non è toscano e un'italiano "standard" forse dovrebbe essere un compromesso accettabile o accettare le varie parlate. Ho fatto sentire a mia moglie la "corretta" pronuncia del suo cognome in àn e si è messa a ridere.
Si può pretendere che io pronunci le elle e le doppie quando sono scritte, ma pretendere che sabbato vada accasa di Luiggi a mangiare *arne toscana mi sembra un po' troppo. Un tempo si diceva che è meglio mangiarsi un po' di po'enta che tanta *a**a; parlando, ovviamente.

Scritto il 21/08/2009 alle 02:04 nella Lingua


Crediti scolastici
Non so cosa siano, ai miei tempi non esistevano. Ma un credito deve essere una cosa buona, qualcosa che è meglio avere che non avere, e leggo che vengono attribuiti agli studenti che svolgono una qualche attività facoltativa prevista dai programmi scolastici.
Sembra che anche imparare a mettersi una gamba dietro la testa in posizione yoga meriti il riconoscimento di un credito concorrendo alla conoscenze, alla formazione, alla cultura, alla maturità dell'allievo.
L'ora di religione invece no, perchè così ha deciso il TAR del Lazio.
Sicuramente avrà avuto le sue buone ragioni per affermare questo, ma personalmente mi lascia un po' stranito.
Girando per l'Italia, girando per l'Europa la prima cosa che visitavo nelle città o nei paesi era il Duomo, la Cattedrale, la Seu, una qualche parrocchiale insomma una chiesa: era e conteneva storia e arte. A quanto ne so senza religione non avrebbe senso la loro esistenza; senza il cristianesimo non ci sarebbero state chiese bizantine, romaniche, gotiche, barocche; senza ebraismo o islam non ci sarebbero sinagoghe o moschee (penso a Toledo e a Còrdoba).
Non so in cosa consista l'ora di religione a scuola, ma anche se si limita alla religione cattolica mi sembra possa essere una cosa utile se non altro per cercare di capire il perché di tanto patrimonio culturale, Divina Commedia compresa.

Scritto il 17/08/2009 alle 18:21 nella Attualità, Politica, Scuola


Emergenza

112, 113, 114, 115, 117, 118, 1515, 1530.
Carabinieri, Polizia di Stato, Emergenza Infanzia, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, Emergenza Sanitaria, Antincendio Boschivo, Emergenza Mare.
Se uno si trova davanti a un'emergenza va a casa, si collega a Internet, cerca con Google "Numeri emergenza", trova l'elenco, valuta quale sia il più idoneo, lo chiama, espone il caso, gli rispondono di rivolgersi ad un altro numero, che chiama e forse è quello competente.
Con tutti questi numeri da trovare o memorizzare non meraviglia se poi uno dà i numeri o li gioca al superenalotto. D'accordo, ci sono i telefonini che memorizzano e aiutano ma c'è anche chi non ama i telefonini.
Non sarebbe più semplice potersi rivolgere ad un unico numero, trovarvi una persona competente che sa per esperienza e per dovere a chi passare le telefonata o incaricare del caso?
Magari potrebbe essere il 9-1-1, che quasi tutti conosciamo grazie o meno ai telefilm U.S.A.

Scritto il 11/08/2009 alle 11:06 nella Attualità, Burocrazia


Fuori dal coro

Un tempo erano pochi coloro che se ne lamentavano: gli operai non pagavano RM (Ricchezza Mobile) e il problema dell'equità e dell'evasione fiscale non li toccava. Se non ricordo male - era molti anni fa - sul mio stipendio però c'era la "trattenuta di RM cat. C2".
Quando le imposte furono trattenute sulla retribuzione di tutti i dipendenti ne fui contento perchè così - finalmente - l'iniquità fiscale sarebbe stata percepita e combattuta da molte altre persone e dai sindacati.
E così è stato; tutti ne parlano, tutti condannano l'evasione fiscale che dicono tuttora abnorme ed enorme, anche se molti sono evasori ma - stimano - non quanto gli altri. A volte sono onesti solo perché impossibilitati a non esserlo.
Pochi erano più arrabbiati di me contro chi evade imposte o tasse.
Ho però potuto constatare a mie spese quanto rapace possa essere il fisco, come possa legalmente effettuare un'ingiustizia approffittando dell'onestà e ingenuità del cittadino che si aspettava un fisco altrettanto onesto.
Se prima pensavo che chi non paga quanto lo Stato richiede si comportasse da ladro nei confronti degli altri cittadini, ora arrivo a pensare che possa invece trattarsi di legittima difesa, talvolta di un eccesso di legittima divesa: non si limita a non farsi derubare ma a sua volta deruba quello che ritiene un ladro. Con questo non voglio giustificare tutti gli evasori, quelli che scientemente e criminalmente si arricchiscono a spese della comunità, ma considero la possibilità che talvolta non di briganti si tratti ma di gente timorosa di essere rapinata, che ritenendosi obbligata a scegliere tra l'essere derubata o rubare, opta per quest'ultimo.
Se si vuole che i cittadini siano onesti col fisco, il fisco dovrebbe dare l'esempio ed essere onesto con i cittadini.
Sbagliano i cittadini che vogliono i servizi senza pagarne il costo, ma ancor più sbaglia lo Stato (e derivati) a far pagare ai cittadini prezzi esorbitanti per servizi carenti o inesistenti. Un cittadino onesto può sentirsi obbligato a contribuire al buon funzionamento dello Stato, ma appunto perchè onesto non può accettare di pagare di tasca sua sprechi, corruzione e clientelismo.
Uno Stato corretto, non esoso, non ingiusto, senza sprechi e favoritismi, con leggi semplici e chiare che permettano agli onesti (ingenui) di osservarle senza rischi di sbagliare e non consentano ai disonesti (furbi) di aggirarle, uno Stato che ha fiducia nell'onestà dei cittadini può avere la fiducia dei cittadini, può e deve pretendere da essi onestà e condannarli duramente se mancano.
Questo in Italia non succede e non me la sento di unirmi al coro per gridare solo contro gli evasori.

Scritto il 09/08/2009 alle 20:05 nella Fisco, Politica


L'ora legale

Già prima di Benjamin Franklin avevano pensato all'ora legale, ma ci rinunciarono perché per adattare le meridiane sui muri delle case avrebbero dovuto sollevarle da un lato ed avere i pavimenti inclinati di 15°da marzo a ottobre.
Avevano anche pensato di non affrescare o inglobare nel muro il quadrante ma di usarne uno mobile imperniato sulla base dello stilo, da spostare e fermare con un piolo: ma lo rubavano e non ci pensarono più (anche perchè non capivano quale vantaggio ci fosse d'estate a fare un'ora prima il pranzo di mezzogiorno).
P.S. Perdonatemi la scemenza, ma con questo caldo ho cercato un po' ... di freddura.

Scritto il 04/08/2009 alle 21:22 nella Attualità


Inflazione

Secondo il vocabolario inflazione è:
"1 econ. Processo di costante e generalizzato rialzo dei prezzi"
"2 fig. Aumento quantitativo, eccessiva diffusione di qlco. che ne determina la perdita di valore".
Mentre nel primo significato l'inflazione a luglio in Italia è stata la più bassa dal 1959, nella seconda accezione credo che per moltissime cose non sia mai stata così alta nel mondo.
Radio, televisione, giornali, telefonini, PC, notebook, palmari c'inondano con un mare di notizie in cui è anche difficile pescare quelle interessanti fra le tante banali, inutili, ripetitive. Stupro era una parola che pochi conoscevano, oggi non passa giorno senza averne notizia. Magari succedeva anche un tempo, ma oggi si beve caffè e notizia di stupro: o ci si abitua o non si beve più il caffè. E lo stesso vale per furti, rapine, omicidi con le armi più varie compresa l'automobile, anche se in questo caso si parla di "auto impazzita", forse in circolazione grazie alla legge Basaglia. Poi ci raccontano di Tizia che ha lasciato Caio per mettersi con Sempronio che s'è stufato di Sarah che ora "esce" con Fermo, cugino di Lucrezia ex 1^ moglie di Pietro e 3^ di Paolo e attuale compagna di Tommaso detto Didimo, appunto. E ogni estate ci dicono che fa caldo e la gente fa la coda in autostrada per andarsi a riposare, in inverno che fa freddo e la gente fa la coda in autostrada per andare a sciare, in primavera e in autunno che non ci sono più le mezze stagioni, e mai un giorno che la temperatura sia esattamente quella media del mese (scandaloso!).
Non meno inflazionate sono le fotografie. Comperare la pellicola, farla sviluppare, fare stampare le foto richiedeva una certa spesa e i soldi erano pochi: tranne quelli che di foto vivevano e quelli che di soldi ne avevano, non erano moltissimi a avere una macchina fotografica e tanti di questi facevano foto con parsimonia, se proprio ne valeva la spesa, e non tutte riuscivano. Ora le foto si fanno e si mandano anche telefonando, se ne possono fare migliaia solo spendendo per l'attrezzatura (magari costosa) o per la stampa: poi si scaricano sul PC e - volendo - in rete dove tutti possono vederle. Ce ne sono milioni, di bellissime, di belle, di così e così e di brutte e ognuno può scegliere secondo i suoi gusti. Per secoli il problema è stata la scarsità di cose, la carestia; abbondava solo quello che non si voleva: malattie, fatica, patimenti. Ora il "problema" è la sovrabbondanza che complica la scelta, l'inflazione che fa perdere valore. Una foto era una cosa preziosa, da conservare con amore: oggi è una cosa senza valore, si dà un'occhiata e si passa a un'altra, tralasciando molte che nel frattempo si sono rese accessibili. Resta il piacere di scattare foto per se stessi, potendo sbagliare senza pagare. Lo stesso vale per i filmati, un tempo praticamente inesistenti e oggi alla portata di chiunque, da chi va all'asilo infantile a chi è in quello per anziani (ma più bravi sono i primi).
Passando dalle pietre scolpite, alle tavolette incise, ai papiri, alla pergamena, alla carta, dagli amanuensi alla stampa, dagli incunaboli ai giornali stampati, la quantità di parole scritte e lette è via via aumentata e la fatica materiale di scriverle diminuita. Con l'avvento del computer, dei programmi di gestione dei testi, di Internet la possibilità di scrivere è esplosa: è estesa a tutti, abbiano o no qualcosa da dire, sappiano o no dirla. Così gli scriventi sono diventati innumerevoli e gli "scrittori" numerosi. Col crescere delle parole scritte forse sono aumentate anche quelle lette, ma in mezzo a tanta abbondanza il lettore ha il non piccolo imbarazzo della scelta: ci sono più aghi nel pagliaio, ma questo è diventato immenso. Nonostante gli aiuti di Google, se non si beneficia di qualche dritta ci vuole molto più tempo per scartare l'inutile che per leggere l'utile. La vita si allunga, ma le giornate restano di 24 ore, e ogni giorno si deve mangiare, dormire, distrarsi, fare sport, tante altre cose e magari anche scrivere, come sto facendo io, come stanno facendo tantissimi altri, ogni giorno sempre più seppellendo in una montagna di testi terrosi i pochi testi preziosi che non si avrà il tempo di trovare.
"Chi trova un amico trova un tesoro", si diceva un tempo. E un amico era un tesoro, un vero amico era ed è un raro tesoro. Si ha invece l'inflazione dei cosiddetti o sedicenti amici, soprattutto grazie ad Internet e ai suoi derivati. Entri in un qualche sito, ti registri e puoi chiedere o accettare di diventare amico con un qualsiasi altro registrato. Da cosa nasce cosa e diventi amico dei suoi amici e degli amici degli amici, tutte persone di cui non conosci nemmeno il nome, non sai dove abitino, chi siano e se quello che dicono sia vero o falso: insomma gente di cui non ti puoi fidare, e possono essere migliaia. Un amico è raro, ma la parola "amico" in certi contesti ha perso ogni valore, inflazionata più del Reichsmark.
Si poteva leggere un'intero romanzo come "I promessi sposi" senza trovarvi se non un accenno al rapporto sessuale ("la sventurata rispose"). Ora difficilmente si può leggere anche un piccolo racconto che non contenga almeno una dettagliata descrizione di coito. Pure considerando le variazioni, è un tema antico e la storia necessariamente ripetitiva e decisamente inflazionata, così perdendo il discutibile valore iniziale. La stessa cosa vale per il sesso parlato e praticato, diventato talmente abituale e banale da non valere e soddisfare molto più di qualsiasi altra quotidiana funzione corporale come mingere o defecare. Una forma nobilitata del sesso viene definita "Amore", anche questo inflazionato sia come definzione sia nella sostanza. Può essere egocentrico, egoistico, tirannico, dispotico, ossessivo, possessivo e viene sempre detto amore, mentre un amore rispettoso, recicproco, disinteressato, generoso può durare un niente ed essere sostituito da un altro amore equivalente. Molti amori, quindi, un'inflazione di amori svalutati.
Per molti - ma non per tutti - c'è sovrabbondanza di cibo, un'inflazione di merendine e altro cibo pronto che non fa più desiderare e apprezzare un semplice pezzo di pane-burro-marmellata o pane-e-olio. Magari desideriamo il piatto che la mamma ci faceva per il nostro compleanno, ma tutto il resto è indifferente, di valore solo pecuniario, privo del grande valore del desiderio: quello che vogliamo lo vediamo e lo comperiamo, semplicemente e banalmente. E non cè più il piacere dell'attesa, di aspettare, di desiderare (essere "promosi", diceva mia mamma) di un frutto di stagione, di un piatto un tempo fatto raramente: gnocchi, "fugassa", sopressa, e anche baccalà alla vicentina o i semplicissimi "bigoli con la sardela" (o forse sì, se fatto da mamma come un tempo).
Anche per i bambini - i nostri - c'è l'inflazione dei giocattoli: ne hanno moltissimi, non fanno a tempo a desiderarne di nuovi che subito arrivano. Non aspettano la Befana o il compleanno. Il "valore" di un giocattolo fra i tanti non può essere pari a quell'unico giocattolo, a lungo atteso che forse arrivava e forse no, alla bicicletta sognata per anni. Forse solo quando saranno più grandi dovranno attendere qualche mese per avere la motoretta: adesso hanno la stanza piena di giocattoli, vuota di fratelli e giocano con la play-station o un pezzo di legno.

Scritto il 02/08/2009 alle 22:07 nella Costume


Insegnanti

Metterla sul piano del "razzismo" crea sempre attenzione, ma forse sarebbe meglio vedere le cose per quello che realmente sono, senza preconcetti o vittimismi.
Non affermo nulla, mi limito a fare alcune considerazioni, da inesperto della materia.
Che possa dar fastidio agli abitanti delle regioni settentrionali avere insegnanti e giudici quasi tutti meridionali può essere vero, come probabilmente darebbe (ha dato) fastidio ai meridionali sentire giudici, guardie, insegnanti esprimersi ostentatamente con accento torinese. Tuttavia, da quello che ho potuto capire il problema - o il pretesto - è avere insegnanti bravi a fare il loro lavoro. Potrebbe andar bene anche un fuegino se fosse più bravo di un insegnante veneto, ma se non lo è non è proprio il caso di preferirlo. Dare ingiustamente del razzista è razzismo, come lo è vedere razzismo in ogni valutazione negativa nei confronti di qualcuno della propria "razza".
Sembra che gli insegnanti meridionali siano sovrabbondanti nelle proprie regioni non per la sovrabbondanza di geni - che pur ci saranno, come ci sono stati - ma per una troppo accomodante valutazione: un attestato di merito non si nega a nessuno, come a nessuno si nega un dotto', todos caballeros.
Al contrario gli insegnanti settentrionali "qualificati" scarseggiano non perchè siano stupidi congeniti ma perché più severi sono i criteri di giudizio.
Dire che da una parte prevale una mentalità austrungarica-piemontese e dall'altra una borbonico-spagnolesca, si rischia l'accusa di razzismo. (1)
Potrebbe essere che i sospetti dei settentrionali siano del tutto infondati: non dovrebbe essere complicato verificarlo se i giudizi fossero espressi dagli stessi giudici, ammettendo una volta tanto che non siano razzisti e giudichino con lo stesso criterio il candidato di Bolzano e quello di Palermo.
Sarebbe però bene che chi insegna non si senta provvisoriamente in trasferta, del tutto avulso dalla comunità che lo circonda e solo in attesa di potersene tornare alla sua terra, senza spere niente di usi, costumi, tradizioni, parlata dei suoi studenti.
Non ha senso fare esami di dialetto - spesso diverso da luogo a luogo della stessa provincia - ma vorrei che gli insegnanti cercassero di parlare un buon italiano: personalmente non mi piacerebbe che i miei figli scrivessero "sabbado andrò da Luiggi".

(1) Per quanto riguarda la delibera della Provincia di Vicenza VEDI (il Giornale di Vicenza)
Scritto il 31/07/2009 alle 19:41 nella Burocrazia, Politica, Scuola