mercoledì 26 gennaio 2011

Famiglia.

Penso che molti difensori ad oltranza della Costituzione italiana ricordino solo quello che gli conviene.
Per esempio, pare non ricordino cosa dice della famiglia e in particolare che:

  • La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. (art.29)
  • La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. (art.31).

Esemplificando, senza che nessuno se ne scandalizzi abbiamo:

  • il coniuge regolarmente sposato e di fatto convivente non può detrarre le spese di ristrutturazione della casa della moglie con reddito insufficiente per pagare Irpef ma sufficiente per non essere considerata a suo carico, se risulta "anagraficamente non convivente";
  • per poter beneficiare dell'esenzione dalle tasse sanitarie (ticket) si considera il "reddito famigliare" ottenuto sommando il reddito dei coniugi anche se "anagraficamente non conviventi".
  • I limiti di reddito per beneficiare di detrazioni o esenzioni sono stati fissati nel secolo scorso e non sono stati rivalutati per l'aumentato costo della vita e nemmeno per gli insufficienti adeguamenti di pensione, col risultato di considerare ricche ed indegne famiglie di fatto diventate più povere.
  • Due coniugi regolarmente sposati e di fatto conviventi devono pagare due (o forse quattro) canoni RAI se sono "anagraficamente non conviventi", perché "il Ministero delle Finanze ha discrezionalmente ritenuto di adottare in materia di canone la nozione anagrafica di famiglia" e non quella Costituzionale.
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Non è la RAI

Da molto tempo ormai non mi attraggono più gli spettacoli da arena gladiatoria, dove si gode nel vedere gente combattere e ferirsi anche se non a sangue. Della trasmissione del signor Gad Lerner so solo quello che è stato ritrasmesso nei telegiornali: non so quindi se le accuse lanciate dal signor Berlusconi siano gratuiti insulti o giustificata reazione ad insulti subiti. Tendo per questa seconda ipotesi, ben sapendo che certi conduttori televisivi si sentono in diritto di insultare e di non essere insultati: la chiamano libertà d'informazione. Non esprimo quindi giudizi sulla trasmissione perché è su La7, un canale privato: nessuno mi obbliga a guardarla, nessuno mi obbliga a comprare i prodotti pubblicizzati, nessuno mi obbliga a pagarla.
Così non è per altre trasmissioni del cosidetto "servizio pubblico" che gradirei meno faziose, più obiettive e possibilmente anche da me guardabili. Per queste devo pagare due canoni: una per gli apparecchi che sono nella residenza anagrafica di mia moglie e uno per quelli nella mia; siccome però - vivendo insieme - possiamo entrambi disporre degli uni e degli altri, mi aspetto che la RAI pretenda da ciascuno di noi il pagamente di un altro canone in quanto "famigliari anagraficamente non conviventi" che dispongono di apparecchi radio-televisivi. Quattro canoni per trasmissioni che non guardo o per "rewind" (è più bello detto in inglese, come "escort"), cioè per cose già fatte, mi sembra un po' troppo.
Ma tant'è: ai partiti politici non bastano i "rimborsi"che si sono assegnati (rimborso suona diverso da finanziamento) ma vogliono disporre anche di televisioni obbligando per legge i cittadini a pagare un'imposta RAI, meglio quattro. "La democrazia è politica e la politica costa, se i partiti non fossero sovvenzionati solo i ricchi potrebbero fare politica e sedere in parlamento", affermano: chissà perché io devo vivere con 1200 euro al mese e a loro non ne bastano 20 mila, chissà perché la politica non dev'essere solo dei ricchi ma chi fa politica deve essere (diventare) ricco.


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sabato 22 gennaio 2011

Del caso

Non ho ben capito se tutto questo gran parlare e gran criticare sia moralismo, politica o invidia.

Quello che sarebbe successo ad Arcore magari mi schifa, quello che succede in Italia magari mi annoia, quello che fanno a Milano mi terrorizza.


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martedì 18 gennaio 2011

DTV

Ormai molto tempo fa veniva annunciato l'avvento della Televisione Digitale Terrestre, che - mi hanno spiegato - non si chiama così per via dell'uso delle dita sul telecomando ma per l'uso di codici, sequenze, flussi numerici inviati e ricevuti. Con questo nuovo sistema possono coesistere molti più canali di prima, basta - dicevano - acquistare un decoder esterno all'apparecchio televisivo o un televisore di nuovo tipo. Acquistare un nuovo televisore però non basta: anche i registratori che usavi hanno un sintonizzatore autonomo e se vuoi continuare ad adoperarli devi prendergliene uno che riceva e gli traduca i segnali numerici (digitali), un decoder anche per loro. Finchè c'erano ancora i canali  analogici si avevano quelli vecchi e quelli nuovi, ma poi c'è stato il passaggio totale dall'analogico al numerico, detto switch-off per conservare un certo mistero. 
Che ci siano moltissimi canali e che quelli che si vedono si vedano meglio è un dato di fatto, ma non ci avevano ben spiegato che se non si può vedere bene non si vede niente:  in effetti ora sono molti  anche i canali  che vedo a singhiozzo o non vedo e che prima vedevo: colpa della nebbia in valpadana?
Non so poi per quale motivo, ma mi capita che quando un programma non lo vedo e appare la scritta "segnale debole o assente",  se con due dita stacco e riattacco l'antenna talvolta lo vedo: magari è per questo che si dice TV digitale.

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sabato 8 gennaio 2011

L'unità d'Italia.

1861, 17 marzo - Apertura dei lavori del neonato Parlamento italiano. Vittorio Emanuele II di Savoia assume il titolo di re d'Italia e dichiara l'unità d'Italia.
2011, 17 marzo è il 150° anniversario di quella data, del Regno d'Italia ma non dell'Italia attuale. Il Veneto entrò a far parte del Regno d'Italia solo nel 1866, il Trentino-AltoAdige e Venezia Giulia nel 1918.
Celebrare nel 2011 i 150 anni dell'Unità d'Italia fa ritenere compiuta l'unità nel 1861 e che queste tre regioni siano estranee all'Italia, che l'Italia rimanga unita anche senza esse.
Quei veneti, trentini e giuliani che si considerano italiani potrebbero sentirsi discriminati e offesi, gli altri incentivati a separarsi.
Nel 2011 mi parrebbe più corretto parlare dei 150 anni della nascita del Regno d'Italia o della dichiarazione dell'unità d'Italia. Per i 150 anni dell'Unità d'Italia, di questa Italia, penso si dovrebbe aspettare il 2068.
Nel 2011 possono festeggiare il 150° anniversario dell'unità le regioni che facevano parte del Regno d'Italia nel 1861, nel 2016 il Veneto e nel 2068 Trentino e Venezia Giulia potrebbero festeggiare il 150° dell'annessione; forse sudtirolesi e istriani-dalmati italiani potrebbero avere poco o niente da festeggiare, forse non solo loro.


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domenica 2 gennaio 2011

Cara Rai

Per motivi che non sto qui ad illustrare, mia moglie ed io abbiamo residenza in comuni diversi pur vivendo sempre more uxorio nell'una o nell'altra per periodi più o meno equivalenti.

Ci siamo sposati 50 anni fa e come dono di nozze qualcuno regalò a mia moglie una radio, l'abbonamento fu intestato a lei e da allora abbiamo sempre rinnovato il canone ben prima della scadenza. Forse ci meriteremmo da te un premio, forse ci siamo già meritati qualche sorisetto di compatimento dai molti che - a quanto si dice - da sempre vedono la TV senza mai pagare una lira.

Il premio non l'abbiamo avuto, in compenso ci imponi di pagare due canoni, perché così dev'essere.

Nel sito http://www.abbonamenti.rai.it trovo:
"Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi deve per legge R.D.L.21/02/1938 n.246 pagare il canone di abbonamento TV. Trattandosi di un'imposta sul possesso o sulla detenzione dell'apparecchio, il canone deve essere pagato indipendentemente dall'uso del televisore o dalla scelta delle emittenti televisive."

Non si dice "Chi nella propria residenza anagrafica detenga ..." quindi può essere chiunque, anche se "anagraficamente non residente".
Nel rispetto della norma citata il canone dovrebbe quindi essere intestato a mia moglie, maggiore fruitrice della TV e per consuetudine familiare da sempre titolare di radio, televisori,  canone RAI. Ma non essendo anagraficamente con lei convivente potrei risultare "renitente al canone" anche pagando due abbonamenti: controvoglia faccio il versamento a mio nome.

Resto tuttavia del parere che questo secondo abbonamento non sia dovuto.

Una nota datata "Roma, 8 settembre 2003 - APA/NC - FDN" recita infatti:
".. Ne consegue che, ai fini della riscossione del canone, marito e moglie che abbiano residenze differenti costitiscono famiglie diverse e sono pertanto obbligati, OVE DISPONGANO AUTONOMAMENTE DI APPARECCHI TELEVISIVI, a pagare canoni separati ...."
Con "ove dispongano autonomamente" capisco "qualora dispongano autonomamente" ed è evidente che il soggetto non è "residenze differenti" ma "marito e moglie".
Pertanto - anche se considerati due famiglie ANAGRAFICAMENTE diverse, anche se a dispetto degli art. 29 e 31 della Costituzione la famiglia è ritenuta tale solo quando torna a suo danno, anche se conseguentemente il Ministero delle Finanze ha DISCREZIONALMENTE ritenuto di adottare in materia di canone la nozione anagrafica di famiglia - marito e moglie sono obbligati a pagare canoni separati solo quando ognuno dei due disponga autonomamente (ed in via esclusiva) degli apparecchi: e questo non è il nostro caso.
Se però si omette quell'inciso dovrei pagare quattro canoni. Non essendo ANAGRAFICAMENTE CONVIVENTI affermi che non siamo famiglia e quindi che l'uno non può beneficiare del canone pagato dall'altro. Così in ciascuna delle due residenze ognuno di noi deve pagare il suo canone, veda o non veda la TV. La cosa a me sembra assurda, ma siamo in Italia:  finora non sei arrivata a tanto, ma non vorrei che l' ingordigia superasse la decenza.
Se il coniuge ha residenza diversa entrambi i coniugi devono pagare il canone, ma se invece sono amanti con residenza diversa e diversa dal luogo dove vivono,  quando uno dei due è abbonato Rai vi possono tenere tutti gli apparecchi che vogliono senza necessità di un secondo canone?

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