martedì 30 luglio 2013

Soccorso

«La soccorrevo, tutti guardavano e nessuno mi aiutava». Poi la beffa: furgone sequestrato e alcoltest. Vent'anni fa, invece, caricò una ragazza ferita in auto e la portò in ospedale. Rischiò di finire sotto accusa. (vedi)

Ha tutta la mia ammirazione, ma sinceramente mi auguro di non trovarmi mai in una simile situazione.
Se c'è un incidentato cosa faccio? Se non faccio niente è omissione di soccorso, ma come posso io soccorrere qualcuno? Non so assolutamente nulla nè di pronto soccorso nè di medicina: devo ritenerla una mia colpa grave? Ma anche se pensassi di saperne qualcosa non posso essere sicuro di non recare più danno che bene e per il poco che ne so è doveroso lasciare fare a chi ne è esperto. E allora? Dovrei chiamare il 118 ma non ho mai con me un telefonino: è forse obbligatorio averlo, sono punibile anche per questo? Mettiamo sia una strada fuori mano, che non ci sia nessun altro e che anche l'infortunato non abbia telefonino o che comunque io non lo possa o sappia usare (altra grave colpa?): mi fermo, lo guardo, prego , aspetto che passi qualcuno che sappia cosa fare? Mettiamo che pensi ci siano pochissime possibilità che qualcuno passi, che dopo un minuto, due, tre , cinque non arrivi nessuno: sto lì ad aspettare senza far altro che guardare o cercare di rincuorare il malcalpitato (se cosciente) e sperare? Potrei andare a cercare aiuto,  potrei tentare di portare il ferito al più vicino ospedale se sapessi dov'è, potrei fare quello che  mi  chiede il ferito se ne è in grado, ma credo che sarei ritenuto colpevole di omissione di soccorso o di procurate lesioni o comunque di qualcosa previsto da qualcuna delle tante leggi che non conosco. Non saprei proprio cosa sarebbe giusto fare.  


lunedì 22 luglio 2013

Diritti

Invocano, vogliono, pretendono una legge contro l'omofobia.
omo-
primo elemento di parole composte, con il sign. di “simile”, “uguale”: omonimo, omologo (Gabrielli)
-fobia
secondo elemento di parole composte con il sign. di “paura”, “avversione”, “ripugnanza”: agorafobia, claustrofobia (Gabrielli)
Stando all'etimo sarebbe una norma contro la "paura del simile" (omo-fobia) o, per contrazione, "paura degli omofili" (omofilo-fobia). "Il coraggio, uno non se lo può dare" e non può togliersi la paura, chi l'ha non va punito ma aiutato. Una norma contro l'omofilo-fobia é contro i comportamenti degli omofili che mettono paura all'omofobo (occhiate, toccamenti, proposte).
Non credo sia questo quello che pensano di ottenere, ma una norma contro i comportamenti che mettono paura all'omofilo, contro chi mostra odio nei loro confronti, cioè contro la miso-omofilia,
miso-
primo elemento di parole composte che indica odio, avversione verso la persona o la cosa espressa dal secondo elemento: misogino, misoneismo) (Gabrielli)
spero accompagnata da norme contro xenofobia sessuale e misoxenia sessuale, se posso usare questi termini per indicare la paura o l'odio verso chi è di sesso diverso. 

Esibiscono orgoglio omosessuale vantandosene. Magari mi sbaglio, ma penso che in  realtà non ne siano affatto orgogliosi altrimenti non lo chiamerebbero gay pride o orgoglio gay: uno orgoglioso della sua medaglia non la chiama patacca ma medaglia, uno orgoglioso di essere omosessuale non direbbe che è gay ma esplicitamente che è pederasta, sodomita per farsi capire in Italia o magari frocio,  checca o altro per potersene vantare localmente o queer, fag, sodomite, bugger se proprio preferisce l'inglese. 
Se il tono non è offensivo non è un'offesa usare questi termini: un professore si offende se lo chiamano professore solo se il tono lascia intendere che non lo si ritiene degno del titolo.
Congenita o acquisita l'omosessualita è comunque una anomalia, se fosse la normalità non esisterebbe l'umanità secondo natura: qualcosa non usuale ma non talmente positiva o negativa da esaltare o deprecare.
Invocano, vogliono, pretendono il matrimonio se vietato, mentre sempre meno gente cui è permesso accetta questo vincolo. 

Lo ritengono un loro diritto. Ma quale diritto? Quello di  un condiviso appagamento di personali sentimenti, piaceri e interessi nessuno glielo nega. Quello di fare insieme figli e metter su famiglia? È biologicamente impossibile. Quello di potere assistere il compagno o la compagna, di ereditare i suoi beni o di farlo erede? Non necessita il matrimonio, bastano leggi che lo riconoscano. Quello di avere gli stessi benefici che lo Stato riconosce alle coppie legalmente sposate? Non sono molti e anzi sono più le penalizzazioni, tant'è vero che molti non si sposano per non essere penalizzati. Il trattamento in caso di malattia è più vantaggioso per i non sposati che per gli sposati, i primi possono essere esentati dalla tassa se il reddito di ciascuno non supera il limite fissato, i secondi solo se quel limite non è superato dalla somma dei loro redditi. Un vantaggio degli sposati è la pensione di reversibilità, più che giustificato specialmente per il passato quando c'erano più figli e un coniuge non poteva non dedicarsi alla famiglia e permettere all'altro di procurare lavorando il reddito ad essa necessario: il reddito del secondo era permesso dal lavoro non retribuito del primo che non aveva reddito e pensione propri. In ogni caso le agevolazioni alle coppie sposate non sono che un limitato indennizzo per i doveri che esse si assumono (o si assumevano) con il matrimonio, un diritto contemplato dalla "Dichiarazione universale dei diritti umani" (art.16.3 - La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato) e dalla Costituzione Italiana (Art. 31. - La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose). A me pare che ci voglia una buona dose di impudenza e di egoismo per affermare che una coppia omosessuale sia "il nucleo naturale e fondamentale della società".


domenica 21 luglio 2013

Giudici

Chi fa sbaglia, chi sbaglia paga. Ci sono persone che non fanno e non rischiano di sbagliare e giudicano gli errori di quelli che fanno e possono sbagliare. 
Possono essere quei pensionati che passano molto tempo dove poter vedere e giudicare il lavoro altrui: guardano e solitamente criticano, gratuitamente e senza recare danni o vantaggi. 
Possono essere quei magistrati che passano parte del tempo in tribunale e giudicano chi facendo il proprio lavoro potrebbe avere sbagliato: giudicare e condannare per eventuali errori è il loro lavoro, lautamente pagato per la grave responsabilità di procurare ingiusti vantaggi o ingiusti danni. Ma di questa responsabilità non ne rispondono a nessuno. Anche giudicare é fare e chi fa sbaglia e chi sbaglia paga: magistrati esclusi?