martedì 9 dicembre 2014

Allergia

Non so se succeda in altri Paesi, ma in Italia succede. Forse si tratta di un'allergia genetica, una qualche intolleranza a norme e regole. O forse è la sovrabbondante esistenza di norme e regole - spesso confuse, contradditorie, incoerenti, inapplicabili, disattese da chi le dovrebbe osservare e da chi dovrebbe farle osservare - a provocare allergia a tutte, indistintamente.

Capitava e capita che le persone richiedenti un servizio siano più di quelle che lo forniscono: non potendo essere soddisfatte contemporaneamente tutte, di solito si segue un criterio di priorità. Al Pronto Soccorso si occupano prima di chi è ritento in più gravi condizioni, in qualche posto di chi è più importante o più ricco, in altri di chi è più bisognoso o più povero o altro; ma di solito nei negozi, nei bar, negli uffici, ecc. generalmente viene servito prima chi è arrivato prima. Un tempo chi arrivava dopo si metteva in coda,  in fila dietro l'ultimo arrivato prima di lui. A quanto si diceva gli italiani - diversamente da altri popoli - erano decisamente allergici a mettersi pazientemente in fila ad aspettare che avanzasse. C'erano file disordinate in cui quasi sempre qualcuno riusciva a infilarsi creando discussioni o venendo servito prima del suo turno. Per ovviare alle file in piedi furono inventati "i numeri": man mano che una persona arriva prende da un distributore un tagliando con un numero progressivo e aspetta, sovente seduto, che quel numero appaia su uno schermo o venga chiamato dall'addetto al servizio. Sembra l'uovo di Colombo e non c'è quasi più luogo dove non ci sia il distributore di numeri o tagliandi o ticket o come altro vengono chiamati e dove non ci sia anche sempre  qualcuno allergico a rispettare le regole e le altre persone.

La prima cosa da fare quando si va in posto dove c'è gente in attesa è quella di cercare o chiedere dov'è il distributore dei "numeri" e prenderne uno. Poi si decide sul da farsi. Normalmente si ritiene che il numero sia una specie di prenotazione e non necessariamente si deve rimanere lì ad aspettare che appaia o venga chiamato: si calcola quanti numeri rimangono prima del proprio e si valuta il tempo necessario per servirli tutti. Se si ritiene che sia abbastanza per fare nel frattempo qualcos'altro magari si va altrove: l'importante è rientrare prima che sia chiamato il proprio numero. Una volta chiamato il successivo vale la regola "chi va all'osto perde il posto", si perde cioè il diritto di precedenza su i numeri che seguono. Credo che questa regola sia accettata un po' da tutti, me compreso.
Naturalmente se quando viene chiamato un numero nessuno si fa avanti si ritiene che chi lo aveva preso abbia ritenuto di dovere aspettare troppo tempo ed abbia rinunciato e si passa al numero seguente. Questo capita spesso quando e dove sono molti utenti e molto d'attendere. Non è detto perciò che se stanno servendo il #40 ed si ha #80 si debba aspettare il disbrigo di 40 persone: qualcuna quasi sicuramente non ci sarà, o almeno si spera.
Capita anche che qualcuno decida di rinunciare al servizio ma non si limiti ad andarsene: vuole fare il generoso e dà il suo tagliando a qualcun altro. Se la decisione viene presa subito e dà il suo #60 a chi sta per prendere il #61 non reca danno a nessuno: solo evita che questi lo stacchi, che quando sarà il turno del #60 nessuno si presenti, che chi verrà dopo sopravvaluti il tempo d'attesa.  Posso magari capire - anche se non approvare -  che Tizio preso il #60 per conto del fratello o cugino Caio (magari impegnato a posteggiare l'auto) glielo consegni quando arriva, ma se il #60 viene dato a chi ha l'#80, quest'ultimo sarà indebitamente beneficiato a danno di tutti quelli arrivati prima ed hanno i tagliandi dal #61 al #79 che non beneficeranno più della rinuncia del #60. E capita anche che chi aveva #80 e ora ha #60 offra #80 a chi ha #90 danneggiando cosi anche quelli con i numeri da #81 a #89, doppiamente. A quanto pare molti ritengono del tutto normale agire a questo modo: se così non fosse potrebbero fare questo traffico in segreto e forse nessuno se ne accorgerebbe. Per me invece questo comportamento è mancanza di rispetto della "fila" e delle persone in attesa, ma tanta è l'abitudine a infischiarsene delle regole e del prossimo che non pensano di fare qualcosa di scorretto.

E così capita che chi va a piedi agli incroci non badi se ci sia o no il passaggio segnato  o se il semaforo pedonale sia verde o rosso: un'occhiata che non ci siano in arrivo auto molto prossime e attraversa la strada. Magari non è che sia particolarmente inosservante delle norme, magari se i passaggi pedonali non lo costringessero ad allungare di molto il suo cammino e i semafori a inutili attese, magari se la circolazione pedonale fosse pensata e tracciata "cum grano salis", magari allora non penserebbe che tutto sia fatto pro forma e non per essere osservato, magari troverebbe meno stupido rispettare le norme che non rispettarle.

E così capita che chi va in bicicletta non badi se sia o no consentito pedalare sui marciapiedi o contromano: sa solo che se così non facesse dovrebbe fare un sacco di strada in più per rispettare i sensi unici, pensa - come il pedone - che le regole siano assurde e fatte solo per non essere osservate e così non si preoccupa nemmeno del colore del semaforo.

E così capita che chi va in automobile non badi molto se ci sono i limiti dei 30 o dei 90 Km orari ma eventualmente solo se ci sia o meno l'autovelox o altra diavoleria: per esperienza sa che quei limiti il più delle volte sono messi senza alcuna necessità, pensando non a rendere agevole e sicuro il traffico ma solo far cassa o - nel migliore dei casi - per superficialità ed è portato a considerarli così anche quando invece sono davvero necessari.

giovedì 27 novembre 2014

Miglioria peggiorativa

In Veneto direbbero per analogia "pezo tacòn de sbrego".
Capita che nel 2013 Nane abbia avuto una pensione di 29000€ lordi annui e sua moglie Nina una  di 7150€. Nel 2014 per effetto della "perequazione" la pensione di Nane diventa 29261€ e quella di Nina 7236€ in totale 36496€. Nane e Nina si rallegrano un po' perché la pensione netta mensile di Nane passa da 1682€ a 1693€ e quella di Nina da 550€ a 557€: 18 euro in più al mese non sono molti ma sempre meglio di niente, mediamente 9€ euro su pensioni di 1116€ mensili netti a testa. In Veneto direbbero "piuttosto de gnente mejo piuttosto": hanno avuto una miglioria, un piccolo aumento delle pensioni, un molto parziale adeguamento all'aumento del costo della vita. 
A maggio arriva il tanto strombazzato bonus di 80 € netti/mese ma né Nane né Nina ne hanno beneficio alcuno. Loro sono pensionati e non rientrano tra i favoriti di Renzi, come non rientrerebbero anche se fossero entrambi lavoratori dipendenti:  Nane perché troppo ricco (più di 26000€/anno), Nina perché troppo povera (meno di 8000€).
Però Nane e Nina sono anziani e con l'età, si sa, arrivano i malanni. Mettiamo che nel gennaio 2015 Nina si ammali e necessiti di visite specialistiche e medicine. Prima  per  quelle poche volte che ne aveva avuto bisogno era esente dal pagare la tassa sanitaria (ticket) in quanto aveva più di 65 anni e la somma del suo reddito con  quello del marito arrivava a 36150€ annui lordi e non superava  i mitici 36151,98€,  limite stabilito una volta per tutte 20 anni fa, nel 1994. Ma ora dovrà pagarla la tassa e facilmente l'ammontare per le varie prestazioni supererà i 360 euro: col  minimo fisso di 10€ per ricetta  ne bastano 3 al mese. Non essendo Mina a carico di Nane (anche il limite di 2840,51€ è quello da vent'anni) sarebbero entrambi "esenti da ticket" se  non fossero sposati, ma lo sono da oltre 50 anni: quindi entrambi dovranno pagarsi la tassa per le loro cure e le spese per Nina non potranno nemmeno essere portate in detrazione dall'Irpef: troppo povera per poterlo fare lei, troppo ricca per poterlo fare lui, una libera interpretazione dell'art. 31 della "più bella Costituzione del mondo." Tutto questo per equità, dicono. E poi mostrano meraviglia per il calo di votanti e matrimoni.
Quello che Nane e Nina ritenevano un aumento di 234 euro netti all'anno si rivelerà una perdita netta di almeno 126 euro, ma sarà sicuramente molto di più: è quello che io chiamo "miglioria peggiorativa".

Note:
Nane = Giovanni 
pezo tacòn de sbrego = peggio il rattoppo dello strappo (z=s dolce)
piuttosto de gnente mejo piuttosto = piuttosto di niente meglio piuttosto 

domenica 26 ottobre 2014

Patente e libretto

Trovo ne "il Giornale" che dal 3 novembre p.v. patente e libretto dovranno coincidere. "La registrazione dovrà essere fatta alla Motorizzazione e annotare sulla carta di circolazione il nome di chi utilizza in modo costante l’auto di proprietà altrui per oltre 30 giorni. Sono esentati da tale obbligo i componenti del nucleo familiare, purché conviventi" (vedi)
In altre parole, se non capisco male, chi guida un'auto deve risultare intestatario della stessa per essere del tutto sicuro di non incorrere in sanzioni.
Se tutte le semplificazioni promesse dal Governo Renzi sono di questo tipo, meglio lasciare  le cose complicate come stanno.
Tizio ha la patente di guida ma non ha auto propria e usa di volta in volta quella che gli presta un amico o quella della moglie. Se viene fermato per un controllo dovrà dimostrare che non la usa in modo continuativo per oltre 30 giorni o dovrà dimostrare il contrario chi gli contesta l'infrazione?
Tizio è regolarmente sposato e convive sempre con la moglie, nel senso di  "Vivere insieme, fare vita comune con altri: il matrimonio impone ai coniugi di c. sotto lo stesso tetto" (vedi),  ma non hanno la stessa residenza anagrafica e convivono o nella residenza dell'uno o in quella dell'altra, in modo pressocché equivalente.
Supponendo che la circolare non sia scritta in italiano comune ma in gergo buracratico, con "conviventi" si deve intendere "aventi residenza anagrafica nello stesso comune" o forse "aventi la residenza nello stesso indirizzo", come dice "il Giornale".
Tizio  dovrà seguire la "semplificata" procedura indicata nella circolare ministeriale o dimostrare - non si sa in quale modo - che non usa l'auto in comodato per oltre 30 giorni?
E se Tizio, poiché "il matrimonio impone ai coniugi di covivere sotto lo stesso tetto", usasse tutti i giorni l'auto della moglie prevalentemente per farle da autista o fa fattorino?
Se Tizio è primo intestatario dell'auto che normalmente usa il cointestatario cosa si deve fare?
E se cointestataria è la fglia anagraficamente convivente con la moglie di Tizio?
Magari con la buona intenzione di semplificare le cose, mi pare che nemmeno Renzi rinunci a trovarle tutte pur di complicare la vita alla gente.

lunedì 20 ottobre 2014

La trappola

Non é convincente uno Stato che chiede ai suoi cittadini di essere onesti con esso se esso non è onesto con i cittadini, non può aspettarsi che paghino imposte e tasse per senso civico quando tende loro subdole trappole: o vi è reciproca onestà o prevale chi è più astuto, subdolo o forte.
Faccio ancora una volta l'esempio di due coniugi ultrasessantacinquenni esenti dalle tasse sanitarie (ticket) per limiti di reddito considerando il reddito medio pro capite, cioè ipotizzando che ognuno dei due concorra per metà al reddito lordo familiare annuo.
Il limite di reddito familiare oltre il quale pagare il ticket è stato fissato nel 1993 in 70000000 lire, cioé 35000000 medi pro-capite diventati con l'euro rispettivamente 36151.98 e 18075.99 euro.
Sono una trappola entro cui cadono persone con capacità contributiva sempre più bassa man mano che con l'aumentare dell'inflazione aumenta il reddito nominale ma non quello reale, come evidenziato di seguito.

Considerando il reddito medio lordo pro-capite di due sposi, beneficiava dell'esenzione dalle tasse sanitarie (ticket):
nel 1994 chi nel 1993 non superava lire 35000000 = euro 18075 = 1390€ mese
nel 2014 chi nel 1993 non superava lire 21875000 = euro 11297 =  869€ mese
Considerando un'inflazione annua del 3% beneficerà dell'esenzione:
nel 2015 chi nel 1993 non superava lire 21238000 = euro 10968 =  843€ mese
nel 2020 chi nel 1993 non superava lire 18320000 = euro  9461 =  727€ mese
nel 2025 chi nel 1993 non superava lire 15803000 = euro  8162 =  628€ mese
nel 2030 chi nel 1993 non superava lire 13632000 = euro  7040 =  542€ mese
nel 2035 chi nel 1993 non superava lire 11759000 = euro  6073 =  467€ mese
nel 2040 chi nel 1993 non superava lire 10143000 = euro  5238 =  403€ mese
nel 2045 chi nel 1993 non superava lire  8750000 = euro  4519 =  348€ mese
nel 2050 chi nel 1993 non superava lire  7548000 = euro  3898 =  300€ mese
nel 2055 chi nel 1993 non superava lire  6510000 = euro  3362 =  259€ mese
nel 2060 chi nel 1993 non superava lire  5616000 = euro  2900 =  223€ mese
nel 2065 chi nel 1993 non superava lire  4845000 = euro  2502 =  192€ mese

Sul sito del Ministero della Sanità è scritto " Il problema dell'adeguamento del limite di reddito previsto per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria al crescente costo della vita è, tuttavia, da tempo all'attenzione del Ministro della salute e di tutto il Governo.", ma da 20 anni il limite è immutato e lo sarà anche per i prossimi 50: per non pagare la tassa sulle prestazioni sanitarie il reddito familiare di vecchietti e bimbi non dovrà superare 36151.98€ mentre per avere 80 euro al mese il reddito familiare delle mamme non dovrà superare 90000€. Chissà  perchè.
Magari Renzi ha più parenti e amici fra i giovani che fra gli anziani, fra le famiglie con reddito sotto 90000 euro che fra quelle con reddito sotto 36151, fra le neomamme straniere che fra le già mamme italiane, chissà.

sabato 18 ottobre 2014

Caccia al Tesoro

Caio ha quasi 77 anni e non s'è mai accorto di avere malattie importanti. Sì: un'appendicite a 20 anni, una clavicola rotta a 60 anni, un'ernia inguinale a 65 anni, dolori articolari che vanno e vengono, le solite malattie stagionali oltre a quelle infantili. Non prende medicine, dal medico va solo quando si sente male ma non capita spesso, con la bella stagione fa spesso senza fretta i suoi 30-50 km in bici, anche se nell'ultimo anno non molti in salita.
Un brutto giorno si sente male, malissimo. La moglie chiama il 118, lo portano in ospedale: infarto. Lo salvano, gli liberano un paio di coronarie. E il cuore va, ma troppo veloce e con ritmo irregolare. Gli danno la scossa e lo fanno ripartire come si deve. All'ospedale rimane quindici giorni. Non è il posto più bello del mondo,  ma è curato e tenuto sotto controllo costante: non deve far altro che sopportare sensori e flebo e prendere le pastiglie e i pasti che ai giusti orari gli portano.
Poi lo dimettono e inizia una specie di caccia al tesoro tra ospedale, medico generico, distaccamento ASL.
Ecco come ricorda le tappe, le prove di questa specie di Caccia alla Giusta Terapia.
#1. Venerdì: primo passo.
Sono circa le ore 15 e il medico generico sarà in ambulatorio lunedì alle 17. Gli telefona, gli dicono di richiamare qualche ora dopo, non lo fa. Nella lettera di dimissioni indirizzata al medico curante trova la terapia giornaliera consigliata ma ignora cosa gli hanno già somministrato quel giorno. Telefona all'ospedale e sa che quel giorno deve ancora assumere solo la medicina segnata con "dopo cena".
#2. Sabato: secondo passo.
Controlla le medicine avute dall'ospedale con la terapia consigliata: manca uno dei farmaci e ce n'è uno non indicato in terapia ma presente nel contesto. Inoltre la dose di un farmaco (coumadin) va regolata in base alle analisi del sangue da fare il lunedì successivo mentre il prelievo risulta prenotato per il mercoledì. Così telefona all'ospedale segnalando le incongruenze: tornare al reparto per risolverle.
#3. Sabato: terzo passo.
La moglie va a quel reparto: le ritirano il farmaco "superfluo", le danno quello mancante, ritirano la prenotazione per il mercoledì e ne danno una per il lunedì. Siccome dalla terapia non risulta l'orario di assunzione di alcuni farmaci, a richiesta glielo scrivono a fianco di ciascuno.
#4. Lunedì: quarto passo.
Al mattino Caio va all'appuntamento per il prelievo del sangue nel reparto ospedaliero indicatogli. Gli dicono che per le dosi di "coumadin" dovrà essere seguito o dal suo medico (di base) o da un reparto dell'ospedale, di cui Caio non annota il nome confidando che il medico saprà tutta la procedura. Gli dicono anche dove può andare per i prelievi di sangue: o all'ospedale o presso un più comodo centro prelievi e il suo medico dovrà richiederne 8.
#5. Lunedì: quinto passo.
Al pomeriggio riceve per telefono i risultati dell'analisi, il giorno in cui dovrà ripeterla e le dosi del farmaco, scoprendo che la medicina assunta alle 10 secondo l'orario fornito dal reparto doveva essere presa alle 15 e in dose dimezzata.
#6. Lunedì: sesto passo
Telefona al medico per sapere quando potrà essere ricevuto, possibilmente senza dovere aspettare lungo tempo in ambulatorio. Risposta:  martedì alle dodici, in altro ambulatorio.
#7. Martedì: settimo passo.
Alle 11:50 è con la moglie nella sala d'aspetto di quell'ambulatorio. Il medico arriva dopo più di mezz'ora e il turno di Caio dopo tre persone. Caio informa il medico dell'accaduto, il medico esamina tutta la documentazione e compila le ricette in base alla terapia consigliaita e alle altre indicazioni del reparto. Poichè sommando la sua pensione lorda con quella ora, dopo 20 anni, si superano di qualche centinaio di euro i famosi 36151,98 euro, Caio non ha diritto all'esenzione per reddito ma il medico lo informa che può avere diritto all'esenzione per evento morboso presentando un certificato dello specialista ospedaliero.
#8. Martedì: ottavo passo.
Dovendo effettuare il prelievo giovedì, subito dopo essere stato dal suo medico Caio va al non lontano distaccamento ASL per sapere cosa deve fare. All'Informazioni gli dicono di salire al Centro Prelievi. Va e gli dicono e gli scrivonol'orario dei prelievi e di recarsi venerdì X (10 giorni dopo) al laboratorio analisi dell'ospedale e chiedere della dottoressa Tal dei Tali, ma non l'ora né il motivo.  Gli dicono anche di presentare la richiesta del medico allo sportello delle prenotazioni.
#9. Martedì: nono passo.
Caio va dove indicato, prende il ticket (nel senso di tagliando tagliacode) e aspetta il suo turno. Quando finalmente arriva gli dicono di tornare dal medico perchè le richieste di  "8 prelievi e 8 visite di sorveglianza" non andavano fatte su un unico modello ma su due modelli distinti: uno per i prelievi e uno per le visite.
#10. Martedì: decimo passo.
Mentre Caio è andato all'ASL la moglie torna all'ospedale per avere l'attestato necessario per l'esenzione e con qualche difficoltà  riesce ad averlo, non in tempo per utilizzarlo quel giorno.
#11. Mercoledì: undicesimo passo.
La moglie va in ambulatorio del medico generico e fa presente quanto vuole l'ASL e chiede cosa fare con la dichiarazione ospedaliera. Consegna la richiesta errata, ne riceve due come vuole l'ASL e le viene detto di presentare là la dichiarazione per l'esenzione.
#12. Mercoledì: dodicesimo passo.
Va quindi all'ASL, presenta la dichiarazione dello specialista, le danno la nuova tessera sanitaria di Caio con il codice esenzione, dicendole di portarla al medico per la registrazione. L'ambulatorio del medico è chiuso, deve prenotare per il giorno dopo, paga due "ticket". All'ASL sembra naturale non tenere conto dell'esenzione appena riconosciuta, a mia moglie no e mentre era convinta di dovere pagare solo per il prelievo del giorno deve pagare per tutte 8+8 le prestazioni.
#13. Mercoledì: tredicesimo passo.
Va anche all'ambulatorio prelievi per chiedere a che ora Caio deve essere dalla dottoressa Tal dei Tali e per quale motivo deve andarci. Le rispondono che diranno tutto a Caio quando effettueranno il prelievo.
#14. Giovedì: quattordicesimo passo.
Seguendo le indicazioni, ricevute Caio alle 7:30 si reca agli ambulatori ASL per il prelievo del sangue. Vi trova molte persone in attesa. Chiede come funziona la cosa e gli dicono che viene chiamato "il numero". Caio ha due richieste del medico, due ricevute di pagamento ma non ha nessun numero e chiede dove lo danno.
#15. Giovedì: quindicesimo passo.
Va dove gli dicono, ma non c'è nessuno. Fortunatamente passa una signora che sembra dell'ASL. Caio le chiede dove avere il numero e gentilmente la signora risponde che deve ritornare donde era ventuto e richiederlo là.
#16. Giovedì: sedicesimo passo.
Caio ritorna ai "prelievi", chiede permesso ai primi della fila davanti alla porta dell'ufficio, entra, dà le sue carte, riceve un cartoncino con il numero X,  gli dicono di aspettare nella sala dove sono tutti gli altri ed entrare per il prelievo quando chiameranno "X giallo".
#17. Giovedì: diciasettesimo passo.
Aspetta il suo turno. Quando appare un numero sopra la porta vi entra il paziente con quel numero e ogni tanto viene chiamato un numero giallo: 13, 14, 15, 3 giallo, 16, 17, 18, 4 giallo. Dopo relativamente non molto tempo chiamano "X giallo" e Caio entra. Gli fanno il prelievo di sangue, gli scrivono pro-memoria quando e dove ritirare i risultati e di fare il prossimo prelievo lo stesso giorno dell'appuntamento con la dottoressa Tal dei Tali, salvo diverso parere del suo medico.
#18. Giovedì: diciottesimo passo
h 13 circa - La moglie va all'ospedale e ritira i risultati delle analisi.
h 16 circa - Caio telefona al medico per comunicare il risultato e avere il dosaggio del farmaco.
h 18 circa, orario ambulatoriale, va dal medico, consegna il nuovo libretto sanitario, riceve le ricette con il nuovo codice esenzione in sostituzione di quelle precedentemente avute. Il medico ritiene di anticipare il prelievo al martedì e scrive richiesta in tal senso e chiede copia della lettera di dimissione e Caio promette di portarla il giorno dopo.
#19. Venerdì: diciannovesimo passo.
Caio ritorna all'ambulatorio per portare la richiesta del medico di anticipare il prelievo: la data del prelievo è anticipata, quella dell'incontro con la dott.ssa Tal dei Tali confermata precisando l'ora ma senza dire del motivo.
#20. Venerdì: ventesimo passo.
Caio porta all'ambulatorio copia della lettera di dimissioni, un po' ridendo di se stesso per non averlo fatto prima visto che la lettera era indirizzata all'attenzione del medico curante. Con l'occasione chiede di avere la richiesta per una prestazione che non era stata fatta appunto in attesa dell'esenzione: la ritirerà lunedì.
#21. Lunedì: ventunesimo passo.
Caio va dal medico per ritirare la richiesta e per verificare la corrispondenza delle ricette già avute con la terapia consigliata.
#22. Martedì: ventiduesimo passo.
h 7:30 Prelievo sangue presso l'ambulatorio ASL
#23. Martedì: ventitreesimo passo
h 13 circa - Ospedale per ritiro analisi
#24. Martedì: ventiquattresimo passo
Ore 16 telefona al medico per comunicare i risultati dell'analisi e conoscere le dosi del farmaco, che vengono confermate nella misura precedente.
#25. Venerdì: venticinquesimo passo
Finalmente arriva il giorno dell'incontro con la dott.ssa Tal dei Tali, finalmente forse saprà il motivo dell'incontro. Caio va all'ospedale, al laboratorio analisi e dopo una non lunghissima attesa può parlare con la dott.ssa che svolge le stesse mansioni di Tal dei Tali.
E così viene a sapere che quello era il reparto di cui non aveva annotato il nome al punto #4, che si tratta delle visite di sorveglianza per la corretta dosatura del "coumadin", che questo farmaco è necessario per via della fibrillazione avuta, che col farmaco interagiscono altri medicinali della terapia, che - chiedendolo - sarebbe seguito da loro, che dopo ogni prelievo presso l'ASL dovrebbe recarsi all'ospedale per avere risultati e dosaggio. A quello che capisce non avrebbe più bisogno di sentire il suo medico generico. Solo che per fare tutto questo deve dare il suo consenso e il suo medico deve chiedere le 8 visite di sorveglianza.
A Caio pare che tale richiesta sia stata fatta, ha le ricevute di pagamento, le mostra alla dott.ssa e le chiede di verificare, lei controlla e conferma: la richiesta non c'è. Scrive una lettera da consegnare lunedì (prima non c'è) al medico generico  per fargli presente la situazione, chiedendo di concordare con Caio il da farsi ed eventualmente compilare regolare richiesta di visite di sorveglianza. Fissa comunque il prossimo prelievo  per martedì e l'eventuale visita per giovedì.
#26. Venerdì: ventiseiesimo passo.
Tornato a casa trova nella lettera per il suo medico "richiesta di 8 visite di sorveglianza": è certo che la prima richiesta fatta conteneva "8 prelievi e 8 visite di sorveglianza", ma non ha visto le due richieste sostitutive. Controlla le ricevute dei ticket versati: su una c'è "per prestazioni diagnostiche di laboratorio" sull'altra "prestazioni diagnostiche di altre prestazioni". Nessun riferimento a "visite di sorveglianza". Va all'ASL per chiedere chiarimenti e dopo un'ora è il suo turno e chiede: non risultano prenotate visite di sorveglianza. Dei due versamenti, forse non dovuti ma effettuati, uno è per i prelievi, l'altro pensava fosse magari per le analisi: ma se non è per le analisi e non è per "le visite di sorveglianza" per cosa mai è? Mistero, nessuno per ora lo sa. Chiedere lunedì mattina al Centro Prelievi
E la caccia al tesoro continua.
#27. Lunedì: ventisettesimo passo
h 9 circa - Caio va al Centro Prelievi, aspetta il suo turno una decina di minuti. Fa presente quanto sopra: sembra che il disguido sia nato perché il suo medico ha anticipato al mercoledì il prelievo previsto per venerdì (v.punto 19). Non è stata fatta alcuna visita di sorveglianza ma solo un colloquio informativo. Gli restituiscono la richiesta del medico e gli dicono di presentarsi con quella all'appuntamento di mercoledì.
Caio vorrebbe chiedere come mai un'esenzione fatta dall'ASL deve essere portata al medico perchè nella richiesta di prestazioni comunichi all'ASL quell'esenzione e se le tasse pagate venivano rimborsate se non dovute, ma pensa di farlo in altro momento per non complicarsi la vita ora che sembra quasi tutto risolto.
#28. Lunedì: ventottesimo passo
ore 17:30 - Va dal suo medico, aspetta il suo turno (1h 20m), gli consegna la lettera avuta il venerdì (v.#25) informandolo che non è necessaria la richiesta di visite di sorveglianza perchè già fatta e consegnata al Centro Prelievi (v.#16). Concorda di affidarsi al centro TAO dell'ospedale.
#29. Martedì: ventinovesimo passo
Prelievo del sangue. Il referto può essere ritirato il giorno stesso in ospedale o il giorno dopo presso il Centro prelievi. Caio era convinto di avere risultati e dosaggio il giovedì in occasione della visita prenotata e confermata (v.#25). I risultati non saranno utilizzati che giovedì, decide per i l giorno dopo, mercoledì.
 #30. Mercoledì: trentesimo passo
Ritira i risultati presso il Centro Prelievi. Vedendo che sono nella norma non telefona al centro TAO come pensava di fare se tali non fossero stati e continua con le dosi stabilite.
#31. Giovedì: trentunesimo passo
Trova subito la dottoressa che lo segue, fa presente che la richiesta di "visite di sorveglianza" era già stata fatta 15 giorni prima e consegnata al Centro Prelievi. Gli viene detto di riportarla al Centro prelievi con una sua lettera di accompagnamento, prenotare il "controllo" (prelievo) per lunedì mattino e presentarsi all'ospedale per  ritirare risultati analisi e dosaggio e per eventuale visita. Riceve una lettera per il suo medico per una richiesta di esame e altri documenti da completare e consegnare al Centro prelievi e da riportare all'ospedale e finalmente avrà quel "libretto" di cui tutti parlano e che non ha mai visto. Forse la caccia al tesoro sarà finita
#32. Giovedì: trentaduesimo passo.
h 17:30 - Va dal medico e dopo breve attesa consegna la lettera e riceve la richiesta di esame.
#33. Venerdì: trentatreesimo passo.
h 9 circa - Breve attesa, consegna lettera e richiesta (v.#31), prenota "controllo". A sua richiesta, lo informano che, fatto il prelievo, dovrà ritirare risultati all'ospedale e telefonare al Centro Prelievi la prossima data di controllo: l'ospedale la comunica a Caio e lui deve comunicarla a loro. Casualmente vedono la richiesta di esame che pensava di presentare al CUP e dicono che basta lasciarla lì e provvederanno ad unirla al prossimo prelievo: ottimamente. Forse davvero arriverà alla meta.

Nota.
Caio sa leggere e scrivere: non sarebbe stato meglio consegnargli un promemoria prestampato con scritto tutto quello che doveva fare?
Un promemoria tipo:
. Nel caso non sia già esente per reddito dalle tasse sanitarie (ticket)  presenti l'allegata dichiarazione al CUP in Via tal dei tali , Città  (o altre eventuali possibilità). Le verrà rilasciato un nuovo libretto sanitario da portare al suo medico per la registrazione del codice di esenzione e conseguente utilizzo.
. Dovrà recarsi dal suo medico portando tutta la documentazione allegata ed il suo medico in base ad essa e al suo giudizio professionale provvederà a rilasciare le ricette per farmaci e le richieste di visite specialistiche necessarie.
. ecc.

martedì 7 ottobre 2014

I furbacchioni

Non so se siamo amministrati da una manica di inadeguati o di furbacchioni: per gente normalmente dotata e normalmente onesta non sarebbe possibile approvare e imporre  norme palesemente inique che vanno contro ogni logica e ogni buon senso o non cambiarle.
Prendiamo, per esempio, le tasse sanitarie, italianamente dette ticket, come il biglietto dell'autobus e il tagliando tagliacode.
Anche se potrebbe costare molto meno, la sanità costa. I soldi non bastano mai, magari anche per potere alimentare sprechi e clientele. Così non bastano le imposte, non basta la tassazione generalizzata e si ricorre alla tassa sulle prestazioni, al contributo correlato al servizio che si riceve.
In principio si diceva che questa tassa aveva lo scopo di contrastare gli abusi di chi beneficia del servizio, ma ormai sembra avere solo lo scopo di consentire gli abusi a chi quel servizio fornisce. Ammesso per ipotesi che sia comunque indispensabile far pagare un contributo resta da decidere di quanto dev'essere e chi lo deve pagare. Nel secolo scorso, circa nel 1993, fu deciso di esentare dal pagamento della tassa le prestazioni a minori di 6 anni e ai maggiori di 65 con "reddito familiare" non superiore a 70 milioni di lire lorde annue, per criteri di equità.  Solo che mentre si sommano i redditi dei componenti la famiglia non si tiene alcun conto del numero di essi. Così una famiglia composta di padre, madre e due figli con reddito complessivo di 70.000.001 lire lorde annue è considerata più abbiente e con più capacità contributiva di una famiglia composta di una sola persona con reddito di 70.000.000 e mentre la prima deve pagare la tassa sanitaria la seconda no. Questo è quanto capisco: ho chiesto all'Ufficio Relazioni con il Pubblico dell'ASL chiarimenti in merito e mi è stato risposto di rivolgermi al commercialista o patronato o CAF che sia. Chissà se questi per avere quei chiarimenti  si rivolgono a una chiromante, ma devono pur vivere anche loro e lo Stato fa il possibile per renderli indispensabili o quasi, sempre comunque a nostre spese, direttamente o indirettamente. Settanta milioni di lire erano allora (1993) una cifra assolutamente di riguardo, difficilmente raggiungibile anche sommando due redditi familiari. Ma da allora nulla è cambiato per quel che riguarda la tassa sanitaria, tranne che con l'adozione dell'euro lire 70.000.000 sono diventate euro 36151,98, cioè 70000000/1936.27. Secondo l'Istat nel frattempo l'indice dei prezzi al consumo è passato da 100 nel 1993 a circa 160 nel 2014, il che significa che - grosso modo - 70 milioni di lire del 1993 equivalgono a 57843 euro di oggi, mentre il limite di reddito per beneficiare delle esenzioni è rimasto il ridicolo 36151.98, nemmeno arrotondato. Da anni sul sito del Ministero della salute si trova scritto che "Il problema dell'adeguamento del limite di reddito previsto per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria al crescente costo della vita è, tuttavia, da tempo all'attenzione del Ministro della salute e di tutto il Governo." e ancora ci stanno pensando: non è un bell'esempio di efficienza dei governi che si sono succeduti in tutti questi anni. I casi sono due: o quel limite - comunque calcolato - era esageratamente alto nel 1993 o è esageratamente basso nel 2014, non può essere che fosse equo nel XX secolo e lo sia anche nel XXI. Se i nostri governanti fossero minimamente capaci e onesti, periodicamente riesaminerebbero quel limite e lo adeguarebbero alla situazione, sia pure abassandolo per tenere conto del bilancio statale o alzandolo per tenere conto dei bilanci familiari. E invece no, fanno i furbacchioni: lo lasciano lì immutato contando sul fatto che bene o male il reddito familiare nominale può sempre aumentare anche se in misura inferiore all'inflazione e superare un limite fissato 20 o 30 anni addietro: presto o tardi tutti saranno considerati ricchi e indegni di esenzioni anche se in realtà saranno più poveri di prima. Sono come i bracconieri: tendono la trappola e aspettano che qualche innocente vi finisca dentro, non avendo possibilità di evitarla. Non hanno il coraggio di dire che il limite dai 70 milioni nel 1993 è oggi ridotto a 43,75 mln e ogni anno viene silenziosamente, truffaldinamente, furbescamente abbassato senza parlarne.
Ma anche ammettendo che 36151.98 sia un valore equo, congruo e scientificamente calcolato non può essere che possa valere sia per un singolo che per una famiglia di due o quattro persone: per avere lo stesso tenore di vita di un singolo con reddito 1000, una famiglia di quattro persone magari non dovrebbe disporre di 4000, magari tenendo conto delle economie di scala ne basterebbero 3500 o 3000 ma non bastano certo 1000. Eppure - come già detto - per la tassa sanitaria il singolo e i componenti della famiglia di quattro sono considerati egualmente abbienti se hanno uguale reddito famigliare complessivo. Un singolo o una coppia non sposata ha diritto all'esenzione con reddito fino a 36151,98 euro pro-capite, una coppia sposata non ne ha diritto se la somma dei due redditi supera quella cifra (es. 30000+ 6151,99 euro).
Pure considerando situazioni familiari completamente simili si hanno effetti completamente diversi superando di solo 0,01 euro il famoso limite di 36151,98 euro.
Facciamo il caso di due coppie di coniugi ultra 65enni con stipendio di 18075,99 euro lordi per ciascun componente. Il reddito netto sarebbe 13710.85 euro ciascuno, cioè 27421,70 euro netti annui (2109 mensili) per famiglia, 1054.68 euro netti mensili pro-capite e nessuno paga tasse sanitarie. Se uno dei componenti queste famiglie un anno guadagna 0,01 euro in più il reddito della sua famiglia supera i fatidici 36151,98 e i suoi componenti devono pagare la tassa. Se - per ipotesi - tale tassa ammonta a 300 euro in un anno, per 0,01 euro in più quella famiglia si troverà con 299,99 euro netti in meno rispetto all'altra: un bel guadagno. Solo pagando 0,01 euro di tassa la famiglia che ha avuto l'aumento non avrebbe meno soldi dell'altra, non avendo comunque niente di più. In pratica: la famiglia con reddito netto 27121.71 paga la tassa mentre quella con reddto netto 27421.70 non la paga.
Non so se quando hanno approvato questa norma hanno considerato e ritenuto insignificante quanto sopra: con gli stipendi che si ritrovano 300, 3000 euro annui sono bruscolini. Non è così per chi deve vivere con 1054.68 euro mensili a testa o anche meno se a quei 36151,99 euro i due coniugi non concorrono in misura eguale. A parte il fatto che quelli del Ministero della Salute e del Governo tutto non dormono la notte per pensare al tormentoso problema dell'adeguamento dei limiti al costo della vita, credo che di questa cosa non ne parli e non se ne preoccupi nessuno. Il dubbio è se questo avviene perché fare una cosa meno iniqua e meno furbesca manderebbe a ramengo il traballante bilancio statale essendo tantissimi quelli che ne potrebbero benficiare o viceversa perchè sono pochissimi: non porterebbe tanti danni al bilancio statale ma nemmeno tanti voti a chi vi dedicasse un po' del suo preziosissimo tempo.

sabato 30 agosto 2014

Prevaricazione


Giornalisti e politici sono sempre o spesso in televisione. La televisione entra nelle case di tutti o quasi gli italiani. Basta dire una falsità in televisione e ripeterla all'infinito per convincere milioni di italiani che è una verità. Tutti sanno che la neve è bianca, ma se giorno dopo giorno in tv dicono che "Rovàsenda, vicino a Vicenza è nera di neve" tutti si convincono che il paese è Rovàsenda e non Rovasènda, che si trova in provincia di Vicenza e non di Vercelli (VC) e che il colore della neve è nero come il latte. Allo stesso modo mentre milioni di italiani dicono spesa e molte famiglie per necessità pensano a rivederla evitando le spese non indispensabili, in tv dicono e ripetono "spending review" e tutti si convincono che fare quella cosa lì si dica fare la "spending review". Stesso discorso vale per ticket, autority, summit, ecc. che tutti chiamavano tassa, autorità, vertice, ecc.. Nec plus ultra, plusvalore, plusvalenza, surplus: per milioni di italiani "plus" era plus, ora sono convinti sia "plas". Un popolo intero, quello veneto, ha sempre detto Bassàn, Trevisàn, Mantovàn, Pavàn, Padovàn o Padoàn: ora in TV insistono nel dire Pàdoan * e siccome quelli che vanno in tv, prevaricando, non si adattano al linguaggio di milioni di persone ma lo impongono, tutti i veneti sono quasi convinti d'avere sbagliato da sempre. Conseguentemente io dirò Màtteo Renzi.

martedì 26 agosto 2014

Tasse sanitarie

Me l'aspettavo: per avere chiarimenti sulla tassa sanitaria (detta ticket, come si dice spending review, jobs act, Pàdoan, ecc.) da pagare all'ASL non ci si deve rivolgere all'ASL. Loro ti danno il modulo e ti mandano al CAF o al commercialista che decide per l'ASL cosa è giusto o sbagliato. Sono convinto che molte astrusità siano volute apposta per creare lavoro: quello di CAF, commercialisti, avvocati, magistrati. Lavori molto produttivi, di costi aggiuntivi.

Nel sito dell'ASL 2 savonese/contatti trovo:
Per informazioni, reclami, e segnalazioni scrivi a:
urep@asl2.liguria.it

È esattamente quello che cerco: l'ASL mi fornisce un servizio, vorrei dall'ASL informazioni circa l'obbligo o meno di pagare una tassa per il servizio che fornisce, reclamare per i criteri con cui viene stabilito quest'obbligo,  segnalare incongruenze e anacronismi delle norme come le capisco. E scrivo.

Riporto la corrispondenza.

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A: Ufficio Relazioni Pubblico
Oggetto: tassa sulle prestazioni sanitarie

Da quanto ne so, è esente dal pagamento della tassa sulle prestazioni del servizio sanitario pubblico (detta ticket) chi ha più di 65 anni e reddito familiare non superiore a 36151,98 euro.
Vorrei conferma che è tuttora valido un limite stabilito 20 anni fa, nel secolo scorso ai tempi della lira. Evidentemente se in base a non so quali valutazioni era stato ritenuto equo allora non lo può più essere dopo che l'indice del costo della vita è aumentato di oltre il 50% : o era sbagliato allora o lo è adesso. A parte il fatto che è ridicolo un limite di 36151,98 euro a molti anni dalla scomparsa della lira di cui quell'importo deriva al cambio di 1 euro per 1936,27 lire, se si vuole far pagare la tassa a un numero maggiore di persone sarebbe onesto dirlo apertamente fissando un limite in euro 2014 e non in lire 1993. Si preferisce invece non fare niente e aspettare subdolamente che il limite venga superato per effetto della semplice rivalutazione nominale delle pensioni cresciute a causa dell'inflazione anche se sicuramente in misura inferiore di essa: persone diventate oggettivamente più povere, più vecchie e più soggette a malattia sono considerate più ricche e indegne di continuare a beneficiare dell'esenzione.
Quel limite si riferisce a "reddito familiare" per cui, se non mi sbaglio, in una famiglia composta di marito e moglie nessuno dei due è esente se lo supera la somma dei loro redditi, cioè sono esentati dalla tassa solo se il loro reddito medio pro-capite è inferiore  a 18075,99 euro mentre per una persona singola o non sposata può arrivare a 36161,98 euro, ossia il doppio.
Da quello che ho capito il reddito suddetto è quello risultante dalla "denuncia dei redditi", la quale penso non comprenda redditi già assoggettati a ritenuta a titolo d'imposta, come credo siano gli interessi su depositi bancari e simili.
Vorrei anche essere certo che il reddito familiare comprenda sempre anche quello del coniuge "non legalmente ed effettivamente separato" anche quando i due coniugi hanno residenza fiscale ed anagrafica diversa. È alquanto curioso che mentre non sono consentite detrazioni per spese sostenute dal coniuge considerato "non familiare convivente" in quanto con "residenza in Comune diverso" venga invece considerato il suo reddito come "reddito familiare" dei due coniugi quando si tratta di superare il limite per beneficiare di esenzioni dalle tasse sanitarie.
Dunque due persone che se non sposate  sarebbero esenti da tasse sanitarie perché nessuna delle due supera 36161,98 euro lordi annui, essendo marito e moglie le pagano entrambe e se una delle due non ha abbastanza reddito per beneficiare delle detrazioni ma abbastanza per non essere considerata a carico dell'altra  le spese per lei sostenute non saranno detraibili da nessuno dei due.
Nel mio caso specifico i dati sono i seguenti:
CUD 2014 a me intestato:              reddito lordo 30054,05 euro
CUD 2014 intestato amia moglie: reddito lordo    6409,13 euro
Residenza anagrafica e fiscale mia: Savona, Liguria
Residenza anagrafica e fiscale di mia moglie:  Piemonte
Il reddito di mia moglie non le consente di detrarre il detraibile di spese sanitarie e non le consente di essere considerata a mio carico per cui non posso detrarre il detraibile delle sue spese sanitarie.
Quanto sopra perché "Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. " e "Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi"?
Ringrazio per una cortese ed esauriente risposta.


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Egr. Sig. ..........,
le alleghiamo il modulo per autocertificazione dell'esenzione dal pagamento ticket per età e reddito contenente tutte le indicazioni utili, a carattare generale, che possono essere necessarie alla S.V.
Invece nello specifico di argomenti a carattere puramente fiscale e personale, la rimandiamo alla consultazione di un CAF o del Suo commercialista, essendo materia non di competenza A.S.L.

Cordiali saluti

                                     SEGRETERIA UREP - V. COLLODI - SAVONA




All. modulo per autocertificazione dell'esenzione 

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a:     Ufficio Relazioni Pubblico

Strano che norme che riguardano ASL e pagamenti all'ASL non siano competenza dell'ASL ma di estranei.
Saluti

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PS - Sarò antiquato, ma se non so a quanto vende i bagigi Giovanni solitamente lo chiedo a Giovanni.




sabato 23 agosto 2014

Agevolazioni

Chissà se quelli che “la Costituzione più bella del mondo non si tocca”, chissà se quelli che l’agitano come fosse il libretto rosso di Mao, chissà se quella gente lì l’ha aperta e letto “Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. ” e “Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.”

Nemmeno i governanti succedutisi dal 1948 ci hanno badato molto, altrimenti le norme vigenti non sarebbero come sono.
È indiscutibile che nel 1947 con “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” non s’intendesse qualcosa di diverso dall’unione uomo-donna (a quel tempo quello che chiamano “diritti civili” era detto obbrobrio) e quella famiglia è agevolata come segue.

Esenzione dal ticket  - A due sposi ultrasessantacinquenni (genitori di più figli) spetta solo se in due hanno reddito lordo inferiore a 36151,98 euro (cioè 70milioni di lire calcolato nel 1993 e corrispondenti a circa 56500 euro 2014), ossia lo stesso richiesto per una persona non sposata. In altri termini il reddito medio di una famiglia di due persone dev’essere la metà di quello di una singola.

Familiari a carico - Anche il limite di reddito di un familiare per considerarlo fiscalmente a carico e usufruire delle detrazioni Irpef  è storico e ridicolo: 2840,51 euro lordi annui, ossia 5,5milioni di lire calcolato nel 1993  e rimasto d'allora immutato mentre l'indice del  costo della vita è aumentato di circa il 56%.

80 matteuro – Marito e moglie senza figli, lavorano entrambi. Reddito mensile netto 1450€ lui, 1450€ lei, totale reddito famiglia 2900€ netti. A entrambi spettano gli 80 m€, totale 3060 €/mese.
Marito, moglie e due figli: lei lavora part-time per badare ai figli. Reddito mensile netto 450 lei, 1650 lui, totale 2100€/mese. A lei non spettano gli 80 m€ perchè incapiente, a lui non spettano perchè supera i 1500 €/mese: totale 2100 €/mese.


Spese detraibili – Marito, moglie due figli di 3 e 5 anni: la moglie lavora part-time per poter badare ai figli. Reddito mensile 1800€ lui, 500€ lei. Il loro reddito complessivo lordo supera gli storici 36151,98€ lordi annui e non sono esenti da tasse saniarie. Lui ha sufficiente reddito e irpef e può detrarre il detraibile per spese mediche relative a lui e ai figli a carico. Lei ha reddito troppo basso per poter detrarre il suo detraibile e troppo alto per essere considerata a carico del marito: le spese mediche a lei relative restano a completo carico della famiglia.

Spese di ristrutturazione – La Costituzione parla di “famiglia fondata sul matrimonio”, ma il matrimonio ha rilevanza solo per far pagare più tasse. Se per qualsiasi motivo marito e moglie hanno residenza in comuni diversi e lei non ha abbastanza reddito per detrarre il detraibile (è incapiente) nemmeno il marito capiente può farlo perché per il fisco “non è familiare convivente” ed è irrilevante che da più di 50 anni siano sposati  vivendo sempre insieme .

Capisco che governanti, politici, burocrati - abituati a ragionare in base ai loro stipendi - non badino a queste piccole cose: per loro si tratta di insignificanti spiccioli, ma non è così per molti di quelli che con le imposte quegli stipendi pagano.

venerdì 15 agosto 2014

Naufraghi

A quanto dicono, non passa giorno senza almeno un soccorso in mare.
Naufragi possono capitare, che so, uno ogni cento, mille viaggi.
Ma se ogni viaggio è un naufragio quasi garantitito mi sa che ci vogliono prendere in giro, che approfittano della dabbenaggine dei nostri governanti. Se si parte su barche da rottamare, le si carica ben oltre quanto potrebbero portare anche se fossero in ottimo stato e si aspetta che il tempo consenta di fare quelle poche miglia per uscire dalle acque territoriali e lanciare l' S.O.S. mi sa che il naufragio è programmato, procurato, voluto.
Non so come stiano davvero le cose, ma penso che ogni giorno nei mari che circondano l'Italia ci siano almeno tanti barconi di pescatori quanti quelli che partono dall'Africa. Sarà perché non fa notizia, ma quasi mai sento di naufragio di uno di quei barconi: forse è solo perché non naufragano se non in casi eccezionali, perché non vogliono naufragare. 

Se capita un naufragio è sacrosanto dovere di chi può prestare soccorso, magari anche se il naufragio è programmato e voluto, salvo poi condannare i colpevoli e fargli pagare i costi. Credo sia buona regola chiedere a chi comanda il barcone il permesso di salire a bordo, ma sembra che queste imbarcazioni navighino senza nessuno che le guidi, senza nessun respondabile: forse è per questo che non vanno da nessuna parte. 
Il soccorso ai naufraghi può essere prestato da chiunque, anche da quei signori "venite, venite" che dispongono di natanti più o meno di lusso. E poi si riportano i naufraghi da dove sono partiti, come fanno i francesi con quei quattro africani che gli arrivano dall'Italia. Non è indispensabile la marina militare per salvare la gente dal mare, può invece servire per riportare di forza quella gente al luogo di partenza. E se questo non piace all'Europa (che non so mai cosa sia) vada l'Europa a raccoglierli e se li porti a casa sua. Se davvero vuole concedere l'asilo a chi ne ha diritto crei una zona franca in Africa e lì accetti le domande, decida quali accogliere e non ci si limiti a esaminare solo quelle di chi ha i soldi e il coraggio di affidarsi a loschi trafficanti e al buon cuore degli italiani.
A quanto ne capisco, quasi tutti i naufragandi arrivano dalla Libia, ma non fuggono dalla Libia e  se li riportiamo lì al massimo hanno speso inutilmente i loro soldi. Se pago un taxi per portarmi da Trieste a Torino e a Redipuglia il taxi ha un incidente, non credo che i soccorritori mi portino a Torino solo perché è là che voglio andare: molto più facile che mi riportino a Trieste o da quelle parti. Ma se proprio oltre al soccorso vogliamo fare i Sancristofori e portarli a destinazione, visto che dicono che quasi tutti vogliono andare in Francia o in "Europa", mettiamoli su un barcone affidabile, diamogli acqua e cibo, portiamoli direttamente a Bonifacio, lasciamoli in quella calma insenatura e vediamo cosa fanno i bravi francesi.
E dopo tanti trasporti verso nord mi aspetto vederne in senso contrario verso il luogo di partenza, magari scortati dalla marina militare: su 100000 arrivi, ci potrà essere 1% che non ha diritto di restare? e sono 1000 persone, abbastanza da riempire una nave. 

lunedì 11 agosto 2014

36151,98

Il ragazzo sembra sveglio, quindi se qualche cosa non la vede non è perchè gli sfugga ma proprio perché non la vuole vedere. Prendiamo per esempio il limite di reddito sotto il quale bambini fino a sei anni e anziani sopra i 65 sono esenti da tassa sulla salute (ticket sanitari). È sempre quello da oltre 20 anni, come se in questi ultimi 20 anni non ci fosse stata inflazione e quello che con quella cifra si comprava 20 anni fa lo si può comprare anche oggi. Si dirà che la sanità è di competenza regionale, ma a quanto ne so quel limite vale in diverse regioni.
70 milioni di lire lorde annue erano nel 1994 una cifra praticamente irraggiungibile con un reddito normale. Ma in 20 anni anche le pensioni INPS un po' sono aumentate per adeguarle al costo della vita: nessun aumento del tenore di vita, anzi, ma sono sempre meno i pensionati sposati che insieme non fanno 36151,98 euro lordi annui:  una specie in via di estinzione. I non sposati stanno decisamente meglio: basta che il proprio reddito non arrivi a 36151,98 euro cioè il doppio di quello medio degli sposati, ma di questa anomalia se ne accorgeranno gli sposi gay e loro sapranno farsi valere. Tutti i nostri governanti fingono di non accorgersi di questa assurdità e fra trent'anni saranno esenti solo quelli che non potranno comprarsi un litro di latte in due, al mese. Addirittura denunciano come evasori fiscali due disgraziati che non avendo altri redditi oltre la loro pensione non si sono accorti di stare molto meglio di 20 anni fa, anzi tra costo delle cose e tasse sono certi di stare molto peggio, e non pensano nemmeno che invece secondo le loro pensioni nominali e il fisco sono diventati molto ricchi e usciti dalla fascia protetta. Li chiamano falsi poveri, quando in realtà sono falsi ricchi. Se vogliono tassare sempre di più e sempre più gente abbiano il coraggio di dirlo apertamente senza contare subdolamente sull'inflazione che si augurano sempre maggiore: nessuno ha diritto all'esenzione dal ticket perchè la sanità costa e molti sono quelli che ci lucrano.
Quando all'estero scoprono che in Italia il servizio sanitario è gratuito per gli invasori che non dichiarano né generalità né reddito e per i cittadini che hanno reddito familiare inferiore a trentaseimilacentocinquantuneuro e novantototto centesimi se non si mettono a ridere di sicuro non pensano che l'Italia sia in grado di fare riforme se non è nemmeno in grado di fissare un limite meno ridicolo. Se Renzi dice alla Merkel che il limite è sechsunddreißigtausend einhundert einundfünfzig Komma achtundneunzig euro (in due se sono sposati, ciascuno se non lo sono) e che è un limite sicuramente congruo visto che è sempre quello da decenni e che chi guadagna un  centesimo in più deve pagare tutte le tasse sanitarie forse Frau Merkel si convince non che siamo un paese di precisione teutonica ma uno irrimediabilmente guasto.

sabato 19 luglio 2014

Sentenze

Condannato in primo grado assolto in secondo, assolto in primo condannato in secondo. Capitasse una volta ogni tanto lo capirei, ma questi casi mi sembrano piuttosto frequenti e in questi casi delle due sentenze se una è giusta l'altra è sbagliata. Anche se convenzionalmente il secondo grado prevale sul primo, non è garantito che il giudizio sia più giusto: sempre uomini o donne sono e possono sbagliare e il terzo grado può dire ch'è tutto da rifare. Forse se anche i magistrati rispondessero responsabilmente di manifeste castronerie queste potrebbero essere meno frequenti e meno frequenti le difformità di giudizio se non in presenza di nuove elementi di accusa o difesa e magari anche meno i casi di rinvio a giudizio.
Quando la certezza del diritto è aleatoria tanto vale affidarsi a una specie di "giudizio di Dio" o del Fato: moneta gettata dal "giudice" (testa colpevole, croce innocente) o pallina estratta da bimbo bendato (bianca innocente, nera colpevole), magari per tre volte e vale il risultato di due su tre.
Forse si avrebbe ancor meno fiducia nella Giustizia ma almeno si risparmierebbe tempo e denaro,  colpevoli o innocenti verrebbero subito condannati o assolti senza stare sulla graticola per anni nell'incertezza, magari sopportabile da chi spera in un'ingiusta assoluzione ma non da chi teme un'ingiusta condanna.

mercoledì 11 giugno 2014

Legalità.

Non c'è mai nessuno che si dichiari per l'illegalità. Tutti a invocare la legalità, tutti a dire che qui da noi non c'è il senso, il rispetto della legalità. Non mi spiego come questo possa essere vero se tutti, proprio tutti sono per la legalità: magari tra il dire il fare c'è qualche discrepanza. Magari anche quelli che arrivano alla cronaca per corruzione, concussione, furto, evasione fiscale, eccetera, magari anche loro lamentavano in pubblico la mancanza di legalità, di senso della legalità. Magari in pubblico, alla TV, nei giornali continuerebbero a condannare l'illegalità e tutti gli italiani che non ne hanno il senso, se non fossero stati beccati con le dita nella marmellata. Ogni tanto sorge qualcuno, succede qualcosa che sembra decisiva per cambiare l'Italia: la questione morale berlingueriana, mani pulite dipietresche, il cambiamento renziano. Poi resta tutto come prima, magari cambiano i personaggi coinvolti, se passa abbastanza tempo perchè la natura faccia il suo corso. C'è chi è convinto che i disonesti siano sempre solo gli altri e chi continua ad affermare di essere onesto riuscendo alla fine convincere se stesso se non gli altri, c'è chi sa di essere disonesto ma è sicuro di essere anche furbo e che mai la sua disonestà verrà alla luce: spesso succede ma può non essere sempre. Io penso di essere tendenzialmente amante della legalità, ma non sono sicuro di esserne un osservante integerrimo. È abbastanza difficile osservare tutte le regole, specialmente quando le regole sembrano fatte apposta per non essere osservate. Di sicuro non butto cicche dove capita capita, perché non fumo. Di sicuro non lascio su marciapiedi, strade, piazze e giardini gli escrementi del mio cane, perché non ho cane. Quasi sicuramente non lascio in giro cartacce e cartine, perchè se non passo vicino a un contenitore destinato all'uopo me le metto in tasca e non lascio in spiaggia o per via bottiglie o barattoli vuoti sia perchè non ne faccio gran uso e quand'anche lo facessi un contenitore vuoto lo rimetto dov'era da pieno. D'accordo sono piccolezze, ma se uno è per la legalità lo è nelle cose piccole come nelle cose grandi. Di sicuro non sono un corruttore e nemmeno corruttibile, non ne ho l'occasione. E poi vivo con poco e non desidero molto. Sono per la legalità ma sono ancor più per la giustizia e non sempre è giusto quello che per legge è giusto. Così può capitare che il senso di giustizia prevale su quello di legalità. Mi limito a qualche ossevazione sul tema della piccola legalità quotidiana, lasciando ad altri più competenti dire di grande criminalità e corruzione. Penso che il senso e rispetto della legalità inizi dalla quotidianità: chissà come si comportano abitualmente tutti quelli che predicano contro l'illegalità altrui. Camminando per la mia città capita che arrivati ad un incrocio con semaforo si trovi il rosso ma nessun veicolo in arrivo, nessun pericolo in vista per centinaia di metri: la maggior parte delle persone attraversa e chi vuole rispettare la legalità si sente un po' ridicolo e pensa che magari si potrebbe non considerare illegale e sanzionabile attraversare col rosso quando si ha l'assoluta certezza di non correre o costituire pericolo. Capita anche che si arrivi a un incrocio e il semaforo sia verde, ma non si può andare oltre perchè non c'è passaggio pedonale che invece c'e per arrivare dall'altro lato della via e da lì proseguire: basta aspettare che quel semaforo verde diventi rosso e quello rosso che vietava di passare sull'altro marciapiedi diventi verde, attraversare la strada e aspettare che il semaforo verde diventi rosso e quello rosso diventi verde per passare oltre l'incrocio. E dopo un centinaio di metri la stroria si ripete. Così molti arrivati all'incrocio proseguono diritti anche se non c'è il passaggio pedonale, alcuni aspettando il verde altri solo che non ci siano auto in arrivo: sicuramente chi segue le regole è nella legalità, una legalità astrusa. Capita che ad un incrocio il semaforo sia verde nella strada verso Nord e ovviamente rosso nella strada a senso unico da Est e il pedone che andando da Sud a Nord la deve attraversare non capisce perchè mai l'omino rosso del semaforo glielo vieti e fatica a rispettare una norma palesemente assurda: quelli da Est hanno il semaforo rosso, quelli da Sud hanno sì il semaforo verde ma non possono girare a Est essendo la strada a senso unico, non sarebbe più logico che quando il semaforo è verde per le vetture che arrivano da sud lo fosse anche per i pedoni?  Se si esce in auto dalla città le cose non sono molto diverse. Su ampi rettilinei in aperta campagna, magari con fossi ai margini che rendono impossibile immetervisi dai campi, son cartelli impongono di non superare i 50 Km/h o magari i 30 Km/h se qualche impresa addetta ai lavori stradali mesi o anni prima ha dimenticato lì il cartello. Sorge il dubbio che quei limiti non siano stati posti per la sicurezza stradale ma per lucrare con le multe o solo per divertersi a prendere in giro la gente. Invece di camminare o usare l'auto si può andare in bici. Chi lo fa, almeno dove vivo, si trova a dover fare lunghi percorsi fra le auto per via dei sensi unici e della mancanza di adeguate piste ciclabili. E così molti dei pochi che la usano vanno contromano o sui marciapiedi, facendo gimkana tra i pedoni (ma questo capita anche su tratti delle cosidette piste ciclabili). Si sente dire e ripetere che si deve richiedere lo scontrino quando si paga per qualcosa, ma sono convinto che ci siano delle eccezioni, non so se previste dalla legge o inventate dal venditore. Magari sono in qualche comma dell'immenso corpo legislativo: non tutti lo sanno e di certo si guardano bene dal farlo sapere a chi non lo sa e si divertono a lasciarlo nel dubbio. Io non lo so. Per giornali, riviste e benzina non danno scontrino e non lo ho mai visto dare dagli stranieri che vendono merce al mercato e in spiaggia, dove una GdF distesa al sole avrebbe almeno una dozzina di occasioni per sanzionarne uno, se fosse illegale. Non succede, forse è legale e se è legale per loro potrebbe esserlo anche per tutti gli altri fornitori di beni o servizi che non danno ricevuta. Non lo so: a richiesta potrebbero rispondermi mentendo. Fanno il loro lavoro, confido che lo facciano come si deve: chi sono io per giudicare? ( per dirla con Francesco I).
Recentemente, dopo lunghi pensamenti e discussioni, trovando abbastanza sovrabbondanti gli obblighi fiscali degli italiani, per semplificare hanno inventato IUC: Imposta Unica Comunale. E molti a pensare in cuor loro che era ora si concentrasse in un'unica obbligazione le molte esistenti. Ma poi si scopre che l'imposta unica è come la SS Trinità: TASI, TARI e IMU.
Così anche chi era per l'assoluta osservanza della legalità si convince che non è una cosa seria, che molte norme sono talmente assurde da essere difficilmente rispettabili da una persona normale: passare poi al convincimento che tutte le norme sono fatte per non essere rispettate il passo è breve.

domenica 6 aprile 2014

Metafrasi

Non si parla più la lingua di mia madre, i significati hanno cambiato vocabolo. 
Far spesa è far shopping, la sporta è shopper, l'Imu è Tasi, ingannare é far politica, gli invasori sono migranti, la prostituta è escort, l'amante è compagna, leggero è soft, il comunista è democratico, il demagogo è populista, il cieco è non vedente e il sordo non udente (ovvietà), il disabile è altrimenti abile, il netturbino è operatore ecologico, l'infermiere è operatore socio sanitario, la tassa è ticket, la provincia è ente amministrativo di secondo livello o città metropolitana, sceneggiato è fiction dove amoreggiare è uscire. Si comprava il biglietto e si saliva sul treno, adesso si fa il ticket e  si sale sull'intercity col titolo di viaggio debitamente obliterato. In tempo di crisi  non si bada alla spesa ma si fa la spending review, all'ospedale c'è il day hospital e day-week surgery, credo per interventi senza o con breve ricovero. Al posto di giornata, giorno, dì, diurno, giornaliero, adesso trovo day ma anche l'antico dies: nella prescrizione medica è scritto "1F. DIE SC H.16" e traduco "Una fiala pro die (al giorno) di iniezione sottocutanea alle ore 16". Anche i fiumi non tracimano o straripano ma esondano, la vecchia mutua da molto tempo è ASL o ASSL o USSL. Far le scarpe si dice rottamare, cambiare il nome si dice abolire, un'uomo di 40 anni è un giovane, non si spettegola più ma si fa gossip. I preti salutavano con un "sia lodato Gesù Cristo" cui si rispondeva "sempre sia lodato", ora anche il papa benedice e saluta con "buongiorno, buonasera, buonanotte" cui rispondere "grazie, altrettanto", ma per ora la festa patronale non è ancora San Pietro day.

giovedì 3 aprile 2014

Matrimoni


Sicuramente il testo della Costituzione della Repubblica Italiana in mio possesso contiene un errore.
Trovo infatti "Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.", "Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia"
Considerate le norme vigenti credo che il testo corretto sia:
"Art. 29. La Repubblica NON riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio." "Art. 31. La Repubblica NON agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia"
oppure
 "Art. 29. La Repubblica  riconosce i diritti della famiglia come società naturale NON fondata sul matrimonio.", "Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia"

Succede quanto segue.

Gli ultrasessantacinquenni non sposati (nubili, celibi, vedovi, vedove o conviventi) sono esenti dalle tasse sulla salute (ticket) se hanno un reddito lordo annuo non superiore a 36151,98 euro.
Gli ultrasessantacinquenni sposati sono esenti dalle tasse sulla salute (ticket) se la somma dei redditi lordi annui di marito e moglie non supera 36151,98, mediamente se non hanno più di 18075,99 euro lordi a testa (circa 1000 euro netti mensili).
Se, poniamo,  uno di questi coniugi ha reddito lordo annuo di 30000 euro e l'altro di 6152, quest'ultimo non paga Irpef e non è considerato a carico dell'altro, pertanto le sue spese detraibili non possono essere detratte né dall'uno né dall'altro.(1)
Ora si mette anche in discussione la pensione di reversibilità, magari giustamente se riferita ai casi attuali in cui entrambi i coniugi possono lavorare ma non se riferita ai casi passati quando - sia per mancanza di lavoro che di servizi sociali - molto spesso uno dei coniugi non ha potuto crearsi una propria pensione ma solo contare sull'onestà dello stato ad onorare gli impegni.

Se a questo si aggiunge l'attuale assoluta indifferenza sociale alla convivenza extramatrimoniale e la possibilità per i credenti di contrarre matrimonio solo religioso, vorranno sposarsi solo i fessi, i masochisti, i ricchi (per questioni ereditarie, perchè possono affrontare le spese di divorzio, perché superano  i limiti di reddito per le detrazioni fiscali, perché possono sostenere tutte le spese o affidarsi ad un bravo fiscalista per detrarle comunque) e i gay (perchè non possono e  perché sono masochisti o ricchi: gli altri non sono fessi e quando potranno sposarsi non lo faranno).

Nessuna meraviglia che i matrimoni siano in calo.

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(1) Il reddito dell'uno potrebbe essere tra poco meno di 28652 e 33312 e quello dell'altro tra poco più di 7500 e 2840 euro lordi annui

lunedì 31 marzo 2014

Pochi o troppi

Penso si fatichi a considerare degno di rispetto uno Stato in cui - dopo 15 anni di euro - ci sono norme come le seguenti.

"L'esenzione dal ticket per reddito - Hanno diritto all'esenzione per motivi di reddito:
    i bambini di età inferiore a 6 anni che appartengono ad un nucleo familiare con reddito fino a euro 36.151,98 lordi annui;
    gli anziani di età superiore a 65 anni che appartengono ad un nucleo familiare con reddito fino a 36.151,98 euro annui lordi. E' considerato nucleo familiare la persona anziana, il suo coniuge e le persone che sono fiscalmente a carico dell'anziano"
Euro 36151.98 sembrano un importo assurdo, ma sono solo un meno assurdo 70 milioni di lire del 1993, sempre quello da vent'anni, espresso in euro al lontano tempo dell'adozione di questa moneta. Se la persona anziana non è coniugata ha diritto all'esenzione con reddito doppio del reddito medio di due coniugi.
 

"Ristrutturazioni edilizie - La detrazione spetta anche al familiare (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado) convivente del possessore o detentore dell’immobile, purché sostenga le spese e le fatture e i bonifici risultino intestati a lui." Da notare che mentre nel calcolare il reddito familiare massimo per l'esenzione dal ticket si somma sempre quello del coniuge, per beneficiare di questa detrazione il coniuge deve essere convivente, non nel senso comune di vivere insieme ma in quello burocratico di avere la stessa residenza anagrafica (nello stesso comune?) a prescindere da reale convivenza. Forse era troppo comprensibile dire "anagraficamente convivente".

"Chi sono i familiari a carico - Sono considerati familiari fiscalmente a carico i membri della famiglia che, nel corso dell'anno a cui si riferisce la dichiarazione, non hanno avuto redditi o hanno avuto un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
Possono essere considerati comunque a carico, anche se non conviventi con il contribuente, oppure residenti all’estero:
    il coniuge, purché non sia separato (legalmente o effettivamente);
    i figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati), indipendentemente dall'età e dal fatto che studino o meno."
Qui non è richiesto che il coniuge sia convivente anagraficamente o di fatto: è comunque considerato a carico se in un anno non percepisce più di  2840,51 euro cioè 5500000 lire stabilite nel secolo scorso.
Importi tipo 2840.51 o 36151.98 euro penso siano ridicoli per tutti e denunciano la loro inadeguatezza alle situazioni attuali, trattandosi di un passaggio dalla lira all'euro avvenuto cinque lustri fa. 


"Dichiarazione dei redditi - CASI DI ESONERO - È esonerato dalla presentazione della dichiarazione il contribuente che possiede esclusivamente i redditi .............di Pensione non superiori a 7500 euro annui ..." Finalmente un limite senza centesimi che denuncino la sua vetustà. Dovrebbe trattarsi di redditi praticamente esenti da imposta perchè le detrazioni spettanti compensano o superan l'imposta dovuta.

"Quali spese danno diritto alla detrazione - Per le seguenti spese avete diritto a una detrazione del 19 per cento sulle imposte che dovete pagare, sia se avete sostenuto le spese nell'interesse vostro che per le persone fiscalmente a vostro carico:     spese sanitarie (solo sulla parte che supera euro 129,11);....." Euro 129,11 sono le vecchie 250000 lire covertite.

Così succede che la moglie con reddito fino a 2840,51 è considerata a carico e le spese per lei sostenute possono essere detratte dal marito, ma se il suo reddito è tra 2840,51 e 7500 euro o poco più non può essere a carico del marito e non ha irpef sufficiente per le detrazioni: come capita a tutti i cosidetti incapienti, sempre troppo poveri per beneficiare delle agevolazioni concesse ai più ricchi.


A parer mio sono casi di manifesta ingiustizia e due possono essere i motivi per non porvi rimedio:
  1. o interessano troppe persone e comportano un costo eccessivo, 
  2. o interessano troppo poche persone per cui non sono politicamente ed elettoralmente interessanti.
Io propendo per quest'ultimo caso. Vorrei sperare che il giovin signore ora a capo del governo e che sembra voler tutto ringiovanire abbia anche la voglia di ringiovanire questi vetusti, ridicoli, inattuali, subdoli limiti con i centesimi di euro.


mercoledì 12 marzo 2014

Genere


Discutendo di pari opportunità donna/uomo ora si parla di parità di genere e mi sono incuriosito.
Cercando genere,  con riferimento maschile e femminile ho trovato:


Hoepli
genere [gè-ne-re] s.m. (pl. -ri)
8 LING Categoria grammaticale in base alla quale nomi, aggettivi e pronomi sono distinti in maschili e femminili, o in maschili, femminili e neutri

il Sabatini ColettiDizionario della Lingua Italiana
genere [gè-ne-re] s.m.
4 gramm. Categoria distintiva del maschile, del femminile e, nelle lingue in cui esiste, del neutro

il Sansoni IngleseDizionario English-Italian / Italiano-Inglese
gender   n.
1 (Gramm) genere m.
2 (colloq) (sex) sesso m.

A quanto capisco, in italiano genere distingue maschile e femminile come categoria grammaticale mentre in  inglese vale anche come distinzione di sesso.
Non siamo ancora del tutto come  in India o in altra ex colonia britannica dove la lingua ufficiale è l'inglese, ma siamo sulla giusta strada.

lunedì 10 marzo 2014

Disagiati

In TV dicono che lavorano per il bene del Paese, pensando sopratutto ai meno fortunati, a quelli che faticano ad arrivare a fine mese, alle classi disagiate, a quelli con i redditi più bassi. Naturalmente per questo loro lavoro si pagano lautamente, ma solo perchè se anche loro avessero reddito basso favorendo i meno abbienti si troverebbero in conflitto d'interessi. Dicono che loro benestanti possono benissimo pagare l'IMU o altra patrimoniale, che oltretutto serve con le altre imposte a renderli benestanti anche se rende altri malestanti. Magari per davvero favoriscono i meno ricchi, ma solo se non sono troppo poveri. Magari abbassano le aliquote IRPEF per i redditi minori e chi paga IRPEF ne pagherà di meno, ma chi non la paga perché non ha reddito imponibile sufficiente continuerà a non pagarla senza avere nessun altro beneficio: ne è indegno perché troppo povero. Non sono rare persone anziane con reddito di circa 500 euro mensili, specialmente fra le donne che non sempre potevano fare o trovare lavoro retribuito, magari tale da consentire una pensione decente.
Capita che una abbia una pensione mensile di 500 euro e riesca a sopravvivere anche grazie al fatto che ha ereditato un appartamento e non deve quindi pagare affitto. Capita che tale appartamento abbia una rendita catastale tale che deve pagare l'IMU (o comunque si chiami l'imposta  sulla casa), che magari servirà alla riduzione dell'irpef a chi ha reddito di 1000 euro di cui lei non potrà beneficiare. Capita che approfittando delle agevolazioni statali per la ristrutturazione edilizia il condominio decida di rifare il tetto che comporta per lei una spesa obbligatoria di 20000 euro e che trovi chi le fa un prestito. Capiterà che mentre tutti gli altri condomini avranno nel tempo un considerevole rimborso della spesa sostenuta potendola detrarre dall'IRPEF dovuta lei non avrà alcun rimborso non avendo Irpef da pagare: quelli che proclamano di avere cura dei poveri  votano norme a favore solo di quelli che tanto o poco gli pagano lo stipendio, al massimo privilegiando i meno ricchi.

 

martedì 18 febbraio 2014

Evasore

Ho sognato di essere un evasore. Nel sogno non sapevo se vergognarmene o vantarmene.
Vergognarmene, perché non era bello godere senza concorrere alla spesa di ottimi servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione utilizzando oculatamente le imposte pagate da tanta brava gente. Ma il sogno diventava meno sognante e vi entravano sprazzi di realtà. Sì, lo Stato forniva la difesa del territorio, ma non con particolare efficacia considerati i molti clandestini nelle carceri, senza contare quelli che lì non erano: pareva non contrastasse ma favorisse le invasioni straniere. Lo Stato forniva la Giustizia, ma una Giustizia pronta e certa solo a parere di chi mai ci aveva avuto a che fare, tant'è che i soloni europei lo sanzionavano e così oltre a fornire Giustizia costosa e inefficiente voleva altri soldi per pagare sanzioni e risarcire vittime di malagiustizia. Lo Stato garantiva la sicurezza sul territorio, ma talmente bene che chi poteva voleva e otteneva una scorta e per le scorte servivano altri soldi e altre tasse. Lo stato forniva la scuola, forse pensando più ai docenti che ai discenti, con risultati men che ottimi, stando alle classifiche. Anche per mia colpa però deputati, senatori, presidenti di Repubblica e di Governo, burocrati nazionali, regionali, locali, ecc. avevano meno di quanto pensavano meritarsi. Il Presidente dell'INPS doveva trovarsi altre decine di lavori, i magistrati avevano solo qualche mese di vacanza, meno degli insegnanti. Letta era costretto a rimanere qualche giorno in Italia. Anche per mia colpa il servizio sanitario non riusciva a curare gratis il mondo intero nè i Comuni ad accogliere quanti nullafacenti volevano o elargire benefici alla clientela.
Vantarmene: non fornendo i miei soldi a chi male li amministrava non ero complice di spese fantasiose (per il bene del Paese, dicevano) o di  indebite appropriazioni di pubblico denaro, molto ma molto più di quello da me non pagato evadendo. E nel sogno pensavo. "Cinquanta evasori del mio calibro bastano si e no a pareggiare il malspeso o il rubato da uno solo di quelli che ci biasimano e condannano perché non li foraggiamo abbastanza. Cinquanta persone con un reddito di 1000 euro netti se non pagassero l'IVA su tutto quello che comprano non possono evadere più di tot (9000€, calcolati poi da sveglio, 1000/1.22*22/100*50), meno di quanto qualcuno riceve per uno dei suoi molti incarichi, incarico al quale magari in un mese non dedica neanche un quarto del suo tempo. E non se ne vergogna, mentre secondo lui dovrei vergognarmi io. Non si vergogna di prendere a uno che fatica a vivere per ricevere lui che ha solo il problema di non sapere come spendere tutti i soldi che prende. Se un ladro mi deruba, non sento l'obbligo morale di favorirlo indicandogli dove ho i soldi. E con uno stipendio dieci o venti volte il mio, quello che non si vergogna e mi dice di vergognarmi si vanta che lui, sì, prende tanto ma paga onestamente tutte le tasse. Bello sforzo: se vuole avere 100 netto, 100 netto ottiene e  i contribuenti gli pagano netto, imposte e  contributi. Mi consola il fatto di non avere concorso al piccolo stipendio di 772.335 euro anni che si prende il signor Befera quale ringraziamento dello Stato italiano per il nobile impegno di torturare gli italiani. Per carità, stipendio meritato come lo era quello dei boia: e chi lo voleva fare?"
Questo stava pensando quando mi sono svegliato.