martedì 31 dicembre 2013

L'esempio

Se lo Stato è disonesto, come possono essere onesti i cittadini? L'esempio vien dall'alto.

Nel 1994 due coniugi ultra65nni erano esenti da tasse sanitarie (ticket) se il reddito familiare lordo annuo non superava i 70 milioni di lire, cioè 1390
(1) €/mese pro-capite per 13 mesi: una cifra ragguardevole. 
Nel 2014 due coniugi sono esenti se la somma dei loro redditi non supera i 36151,98 euri lordi annui, cioè 886(2) euri  mensili pro-capite per 13 mesi a valore del 1994: una cifra non ragguardevole.
Nel 1994 gli ultra65nni non sposati erano esenti da tasse sanitarie con 2780(3) €/mese lordi, nel 2014 lo sono con 1771(3) a valore del 1994: un reddito doppio di quello medio pro-capite del coniugati. 
Se un uomo e una donna hanno reddito lordo di 30000 € annui l'uno e di 6150 l'altra, sposati o non sposati beneficiano dell'esenzione. Se invece hanno 30000 l'uno e 6155 l'altra, entrambi pagano la tassa se sono sposati e nessuno dei due se invece non lo sono.
Questo perchè si adempisse quanto detto dalla Costituzione italiana: "Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia ..."

Lasciando immutati i limiti di reddito per il tempo necessario, prima o poi tutti arrivano a superarli e così non solo lo stato incassa maggiori tasse mentre chi le paga diventa sempre più povero ma accusa chi  diventando più povero non si rende conto di essere diventato più ricco di essere un evasore fiscale, di essere un furbetto da punire con sanzione, con un supplemento di tassa.
Questo perché si adempia quanto detto dalla Costituzione: "Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva."
E 20 anni sono un tempo sufficiente acché i prezzi al consumo aumentino del 57% e la somma con la quale si comprava 100 permetta solo di comprare meno di 64(4).

Magari poi lo stato non é furbetto subdolo ambiguo come io per tanti motivi penso, magari aumenta le imposte perchè non vengano superati quei limiti immutabili dimenticando che sono lordi e non importa se diminuisce il netto. Magari proprio per lo stesso motivo blocca le pensioni, dimentico che se blocca la pensione da 30000 e non quella da 6150  basta che questa aumenti di 2 euro perchè entrambi superino il limite, quando sono marito e moglie.
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(1)
70000000/1936.27=36151,98
36151,98/2=18075,99
18975,99/13=1390,46
(2)
Variazioni percentuali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati
da Gen.1994 a Nov.2013 = 57% (da VEDI)
1390,46/1,57=885,64
(3)
1390,46*2=2780,92
2780,92/1,57=1771,28
(4)
100/1.57=63,69

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giovedì 19 dicembre 2013

Legalitari

Quelli che dicono legalità legalità, quelli che proclamano che la legge è uguale per tutti e da tutti va osservata, quelli che fanno le leggi, quelli che applicano la legge, tutte quelle brave persone che dicono di essere contro ogni illegalità, quelli lì mi piacerebbe vederli quando girano in auto per le strade d'Italia. Mi piacerebbe che installassero sulle loro auto un marchingegno che filmasse cartelli stradali e tachimetro, qualcosa che dicesse a che velocità vanno quando superano un cartello di limiti di velocità e riepilogasse i dati in una tabellina con data, Km/h consentiti, Km/h rilevati, differenza tra i due. Mi piacerebbe che quando parlano e pretendono legalità altrui la loro tabellina dimostrasse inequivacabilmente che mai o rarissimamente hanno superato i limiti consentiti, sia che guidassero o avessero l'autista.
Se posso preferisco evitare le autostrade e percorrere le vie normali. Ma devo ammettere che difficilmente, nonostante la mia buona volontà,  potrei presentare una tabellina senza illegalità. 

Non si può dire che dal casello Casale Nord a Biella la strada ordinaria percorra una zona fittamente popolata, un susseguirsi di paesi e paeselli popolosi e trafficati in cui sia assolutamente necessario moderare la velocità. Se si eccettua qualche chilometro intorno a Vercelli e poco prima di Biella si è quasi sempre fra grandi distese di risaie abitate al massimo da qualche airone e qualche trattore. Io non ho quasi mai urgenza e posso andare tranquillamente, ma mi riesce difficile continuamente badare che non mi sfugga qualcuno dei cartelli che si susseguono apparentemente senza motivo (90, 50, 70, 90, 30, 70, 40, 90 Km/h), controllare sul tachimetro se li sto rispettando e guardare la strada che devo percorrere. Se guardo la strada, vedendola libera e diritta involontariamente vado alla velocità che essa consente, poi controllo il tachimetro e cerco di ricordarmi se è quella consentita dall'ultimo cartello visto. Guardo sul margine della carreggiata e vedo un nuovo limite, ma non me la sento di frenare per adeguarmi, quasi sempre mi limito a staccare il piede dall'acceleratore: sanzionabile. 
Per carità, se andassi sempre ai 30 Km orari sarei quasi sicuro di rispettare tutti i limiti ma chissà quali maledizioni mi prenderei dagli automobilisti che mi seguono. Non sono molti in quelle strade e per quei pochi già sono un intralcio anche se vado un po' più dei limiti consentiti e di solito mi superano. Io credo che i cartelli che indicano i limiti di velocità, oltre a costituire una fonte di guadagno per chi li costruisce e li piazza, servano sostanzialmente a due cose: 
  1.  convincere gli italiani che le regole non vanno rispettate (quando non si multa);
  2. sostituire il vecchio dazio comunale con una tassa di transito (quando si multa). 
Può anche essere che i due obiettivi coesistano: si mettono limiti di velocità dove è palesemente assurdo rispettarli e si sanziona chi non li rispetta. Talvolta può anche capitare che i limiti di velocità siano messi per reali necessità di sicurezza stradale: io multerei tutti quelli che li mettono per altri scopi

lunedì 16 dicembre 2013

Calvario

Chi per mestiere riscuote imposte e tasse non può dire che quello che dice, come chi per mestiere scassina casseforti non può che dire peste di chi fa casseforti poco scassinabili. Chi dice ai cittadini che è un dovere pagare i tributi, dovrebbe sentire almeno il dovere di rendere il pagamento il più agevole possibile: un esborso di denaro magari doloroso, non una via crucis.

«C’è bisogno di dire una parola forte e certa, di affermare che l’elusione e l’evasione fiscale non sono compatibili con la nostra economia e con nessun sistema veramente democratico», se i tributi sono giusti: non pagare il giusto è delittuoso quanto pretendere più del giusto. Essere trattati da contribuenti e pretendere il pagamento di imposte e tasse va bene, ma non va assolutamente bene essere trattati come marionette e non poter sapere fino al giorno prima  se, quanto e come si deve pagare. 
Può essere che il mare di norme complicate nel quale i cosidetti furbi nuotano abilmente mentre tutti gli altri rischiano di affogare non sia dovuto all'incapacità degli addetti a fare regole semplici e chiare ma alla volontà di dare un lavoro a dipendenti pubblici, commercialisti, patronati, caf, avvocati rendendo necessari lavori inutili, un costo, uno spreco di denaro e di persone, uno spreco di risorse che potrebbero invece essere utilmente impiegate. E forse non solo a quello: più gli adempimenti sono complicati più la gente sbaglia, viene sanzionata e paga. E lo Stato ci guadagna, se si pensa che lo Stato non siano i cittadini tutti. Se invece si pensa che lo Stato non sia solo politici e burocrati allora si capisce che un'ora inutilmente persa da un cittadino qualsiasi per un adempimento burocratico evitabile è un'ora persa dallo Stato, uno spreco. E a molti cittadini che faticano a far quadrare il bilancio familiare non va che i loro soldi vadano sprecati: chissà se chi evade le imposte impedisce solo ai cittadini di pagarne di meno o ai governanti di sprecarne di più; finora ho sentito di miliardi di imposte evase recuperate ma mai di conseguente riduzione di imposte da pagare. 
Ammettendo sia giusta un'imposta non capisco perchè mi devo tormentare per conoscere se, quanto, come, quando pagarla. Per complicare ancor più la vita alla gente e rendere indispensabili burocrati e controburocrati l'impegno più grande dei nostri amministratori è quello di cambiare nome alle cose. Io nella vita ho cambiato vari lavori ma ho sempre mantenuto il mio nome, l'Italia ha cambiato governi, alleanze, economia, priorità e perfino lingua ed è sempre Italia: non capisco perché un'imposta anche se cambia aliquota, modalità di calcolo e riferimenti quando si sostituisce a un'imposta presistente non ne conserva il nome. C'era l'ICI, poi l'IMU e sarà (forse) l'IUC: potevano almeno chiamarla ICU!
Non è che smanio dalla voglia di pagare imposte e tasse, ma non mi terrorrizza doverlo fare: quello che mi mette in ansia è la preoccupazione, la paura di sbagliare, il non avere certezza dei miei diritti e dei miei doveri. Non voglio pagare di meno ma nemmeno di più: leggo e rileggo norme e istruzioni e faccio al mio meglio. Ma  regole e sitruzioni sono spesso ambigue, scritte da chi maneggia la materia tutti i giorni per chi la maneggia tutti i giorni, usando termini noti agli addetti ma non necessariamente con significato d'uso corrente o indicato nei dizionari. A volte ignorano l'italiano e usano ticket, spending review, single, service tax, ecc. Ho sempre pagato tutta la tassa della "rumenta" appena avevo la cartella e non ci pensavo più. Quest'anno credevo avere fatto lo stesso ma da un comune mi giunge con breve preavviso la notizia che devo pagare un' addizionale e un supplemento mentre da un altro non ho notizia alcuna ed io per qualche tempo sarò lontano e non ne saprò nulla. Per luce, gas, acqua non mi preoccupo: bolletta domicilata, la banca la paga ed io la controllo in internet. Per imposte e tasse non è così: devo controllare la posta cartacea e spesso sono lontano dalla mia residenza. Ho l'angoscia di mancare adempimenti ignorati o imprevisti e finire in bocca alla tigre cattiva dal nome accattivante.
Sospetto che alla pubblica amministrazione interessi poco agevolare i cittadini come le aziende agevolano i clienti: probabilmente "il cliente ha sempre ragione" ma "il cittadino ha sempre torto".
Ci sono cittadini onesti che non hanno nessuna intenzione di frodare lo Stato ma che possono sbagliare. Due coniugi pensionati che venti anni fa avevano un reddito  familiare ben al di sotto dei limite di 70 milioni di lire lorde annue e che continuano a percepire solo la loro pensione comprando sempre meno cose, magari non si rendono conto di essere diventati tanto ricchi da non avere più diritto all'esenzione dalle tasse sanitarie (ticket), superando i fatidici e immutabili 36151.98 euri lordi annui sommando la pensione dell'uno a quella dell'altra. 
Lo Stato, l'Agenzia delle Entrate però lo sa, forse sa  tutto di tutti. Come usa i dati in suo possesso per contestare la veridicità delle dichiarzioni dei contribuenti, potrebbero benissimo usarli  invece per fornirli ai cittadini e informarli di cosa devono avere o dare alla P.A. Spetterebbe ai cittadini verificarli ed eventualmente contestarli o accettarli evitando laboriose ricerche, probabili errori e conseguenti sanzioni o la necessità di pagare specialisti: ma forse non è questo che si vuole colà dove si puote.

lunedì 18 novembre 2013

Ricchi e poveri

Quando ai strapagati politici e burocrati, abituati a non badare a spese e sprecare denaro proprio e altrui, capita di dover trovare altri soldi o spendere meno, prima o poi pensano ai pensionati, i quali, abituati invece a badare alle spese, riuscendo a vivere con poco possono benissimo vivere anche con meno. L'adeguamento delle pensioni non consente di comprare oggi quello che compravano cinque anni fa, spendono sempre di più per comprare sempre meno e sono considerati sempre più ricchi e più tassati, grazie anche a parametri reddittuali fermi da vent'anni.
Ma anche lo stato spende sempre di più, molto di piu del pensionato: se  quello che costava 100 costa 110, il pensionato può spendere solo 109 mentre lo stato spenderà 120 e tasserà di conseguenza. Per consentire gli abituali sprechi e lauto stipendio a chi li fa, non bastando aumentare i tributi vigenti magari combiandone il nome ed inventarne di nuovi, si pensa di bloccare gli adeguamenti pensionistici: un'imposta comoda, che non comporta scioperi, che potrebbe crescere con l'inflazione e di anno in anno, automaticamente.
A chi la fa pagare può sembrare un'imposta equa e sopratutto gli consente di mantenere per sè un reddito dieci, venti volte quello di chi la paga.
Dicono che chi ha una pensione X volte il minimo, dovrebbe fermarsi lì e aspettare che diventi pari al minimo: questione di equità. Non importa se per avere quella pensione si sia impegnato ed abbia lavorato X volte più del minimo. Dicono che per equità generazionale i vecchi non dovrebbero essere preferiti ai giovani. Non importa se quando erano giovani non sapevano di lavori per soli stranieri, accettavano il lavoro che c'era o si spostavano altrove se non c'era, lavoravano 48 ore settimanali per 48 settimane all'anno (considerando ferie e festività), iniziavano a 14-15 anni guadagnando poco, ma erano fortunati perchè quel poco non lo dovevano spendere in sfizi e telefonini Non importa se volenti o nolenti hanno destinato parte del guadagno non a soddisfare piaceri immediati ma necessità future, se chi si sprecava in promesse ha sprecato anche il loro denaro.
Chi non è ricorso al trucco truffaldino (magari suggeritogli da sindacati o patronati) di aumenti fittizi di retribuzione negli ultimi anni lavorativi può anche pensare che la sua pensione è adeguata ai contributi versati e che lo stipendio che prendeva se lo meritava e che comunque era solo una questione tra lui e il suo datore di lavoro privato. Solo se fosse stato pagato con pubblico denaro la questione riguarderebbe tutti i cittadini che magari vorrebbero retribuire i propri dipendenti secondo il loro merito e le proprie possibilità e, visto che lo stato si è impegnato a pagare assegni sociali e minimi di pensione, a quelli dovrebbero essere parametrati stipendi e pensioni pubbliche : se non vi sono soldi per gli uni non possono esserci per gli altri.
Ma se per equità si ritiene di non considerare regole e contributi passati, magari per equità si dovrebbe allora considerare la situazione presente. Con la pensione di Tizio pari a X volte il minimo + 2 euro vivono lui e la moglie, vale quindi come due pensioni di metà importo e non andrebbe bloccata. Ma evidentemente così si andrebbe contro la nostra bellissima Costituzione che per un errore tipografico recita "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia", mentre nell'originale sta sicuramente scritto "La Repubblica NON agevola ..."

martedì 8 ottobre 2013

Equità all'italiana

Sarà per l'evoluzione della lingua che "matrimonio" da uomo+donna diventa A+B che possono essere qualsiasi cosa, che "ricco" diventa chi vent'anni fa era sotto un limite di reddito che ora supera vivendo peggio di allora, che "equo" non ha più niente da spartire con giusto.
Se A guadagna e
lavora il doppio di B per equità deve pagare più del doppio d'imposta, se paga più del doppio d'imposta ha diritto a meno della metà dei servizi, sempre che dichiarino onestamente il proprio reddito. Se invece B guadagna il doppio di A ma ne dichiara la metà viene premiato con la riduzione delle tasse sui servizi e altri benefici, un bell'incentivo all'evasione.
Si dice e si ripete che l'evasione fiscale italiana è la più alta del mondo o quasi, però si ostinano a considerare la dichiarazione dei redditi la base su cui calcolare con equità benefici e agevolazioni, col risultato che l'onestà è doppiamente punita e la giustizia va a farsi benedire.
Per equità chi ha un reddito che supera di un euro il limite deve contribuire alle spese pubbliche con ben più di un euro in più di chi quel limite non supera: in pratica va sotto il limite ma senza averne i benefici.
Si dice e si ripete che si deve rivedere il catasto, ma si continua a volere far pagare le tasse sulla casa in base a quei redditi catastali che considerano falsi. Così capita che chi a torto o a ragione ha avuto la sfortuna di avere la rendita valutata più di 750 euro, secondo qualcuno dovrebbe pagare l'IMU dopo avere pagato finora più di chi ha avuto la fortuna di averla valutata a meno di 750 euro, che per equità ne sarebbe esente. Anche ammettendo che i redditi catastali siano assolutamente congrui è sicuramente equo - nel significato di ingiusto - che chi ha un appartamento con reddito catastale 751 paghi una caterba di euro di IMU mentre se è 749 non paghi niente.
Se l'IMU è un'imposta patrimoniale - e non c'è dubbio che lo sia - allora si dovrebbe basare esclusivamente sul valore reale del patrimonio senza intromissioni di variabili estranee quale il reddito dichiarato (a sua volta incerto). Penso che l'unico fattore compatibile è il numero degli abitanti: diverso è disporre di 100mq in dieci o in uno. Però, considerato che i politici si riempiono la bocca di "meno fortunati", "classi meno abbienti", "persone più sfavorite" e via così, mi viene in mente il caso di una signora che ha una pensione di 480 euro mensili e un appartamento di 80mq, costruito intorno al 1970, con rendita catastale di 800 euro. Secondo alcuni geni quell'appartamento è un immobile di lusso. Si prendono il lusso di definire lussuoso un appartamento con infissi di plastica, in un condominio di 25 tra appartamenti e miniappartamenti,
situato al limite di un comune di 4000 abitanti, restaurato e reso un po' decoroso addebitanto alla signora 20000 euro, che non ha potuto minimamente detrarre dalle imposte per incapienza. Essendo lontano dal centro ha in compenso un bel prato che costa un occhio mantenerlo decentemente. A me pare del tutto equo - nel senso suddetto - far pagare l'IMU a questa ricca signora.

mercoledì 25 settembre 2013

Dieci buoni motivi

La Costituzione della Repubblica Italiana
Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 31.
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.


Questo dice la Costituzione, ma quelli che la agitano, la sventolano, la proclamano intangibile e la più bella del mondo non lo sanno e nessuno la osserva, anzi viene fatto di tutto per evitare la formazione della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Per rendersene conto leggere i

Non so se quelli che pretendono il matrimonio stilnovo conoscono gli svantaggi riservati agli sposati, ma se alla fine quello sarà sicuramente faranno cambiare le cose: loro possono, a loro nulla va negato e speriamo che quello che sicuramente otterranno valga anche per gli altri coniugi.

martedì 13 agosto 2013

Addio, mondo

Non si dovrebbe morire, a quattordici anni; non si dovrebbe pensare di poter morire, a quattordici anni; non si dovrebbe pensare di voler morire, a quattordici anni: a quattordici anni non si dovrebbe nemmeno pensare di dovere morire , un giorno. 
Ma oggi ogni giorno tutti vedono morti vere e morti per finta, tante, indistinguibili, di giovani, di vecchi, di neonati, di non nati, volontarie, involontarie,  subite,  procurate a altri o a se stessi: basta accendere la TV. 
Nella vita s'incontrano mille avversità, si dovrebbe non considerarle insuperabili, lottare per vincerle, confidare nel futuro, specialmente se sono le prime, specialmente se si è giovani, molto giovani.
Chissà se a quattordici anni si sa già di essere omosessuali. Forse se non se ne parlasse continuamente, a quattordici anni magari non si saprebbe nemmeno dare un nome a qualcosa che si intuisce ma non si conosce, forse i coetanei nemmeno noterebbero la diversità. Ma oggi di omosessuali tutti ne parlano, oggi, pare, a quattordici anni si deve fare esperienza e  per forza sapere da che parte si sta. 

Magari uno non è omosessuale ma solo balbuziente e i compagni lo prendono in giro per il suo balbettare, magari pensa di farla finita per questo, magari pensano subito ad una legge contro la  balbusfobia. O magari è preso in giro solo perché non gioca bene a pallone o a briscola, soffre di ludofobia come altri soffrono di claustrofobia, agorafobia, omofobia (ha paura del gioco come altri hanno paura dei luoghi chiusi o aperti o degli omosessuali) ed egli si sente diverso e vuole lasciare questo odiato mondo dove tutti adorano giocare a pallone o a briscola e qualcuno penserà ad una legge contro la ludofobia. Magari non è omosessuale e s'innamora di una ragazza e questa nemmeno lo guarda o magari per un po' lui le va ma poi se ne stanca ed egli pensa che senza di lei non valga la pena di vivere. Ci sono mille motivi  perché si possa pensare che non ne valga la pena, ce ne sono diecimila perché si possa pensare che la valga. Un tempo per il credente era peccato il suicidio: magari si finiva di soffrire in questa terra ma per cominciare a soffrire all'inferno. Oggigiorno non esiste più né paradiso né inferno, non si sopporta nulla nella speranza di un bene futuro e tutto si può fare senza temere un futuro castigo: se qualcosa non va meglio farla finita, senza speranza e senza timore. Forse non servono leggi contro le varie fobie (contro le paure?) ma insegnare ad accettare le diversità, sopratutto da parte dei diversi. E invece sembra che ci sia la tendenza opposta: neri, ebrei, donne, omosessuali si vogliono non uguali agli altri ma più uguali, più tutelati dalla legge, diversi.

sabato 10 agosto 2013

Tre gradi

La perfezione non è di questo mondo, ma tre gradi di giudizio assicurano la giustizia più giusta possibile, si dice. 
Magari basterebbe un solo grado di giudizio, se il giudice fosse assolutamente preparato e giusto. Ma anche i giudici sono uomini o donne e possono sbagliare: opportuno quindi un giudizio d'appello e sottoporsi al giudizio di giudici sperabilmente più preparati e giusti dei precedenti. Ma anche questi sono uomini o donne e possono commettere qualche errore e l'operato dei giudici di primo e secondo grado va sottoposto al giudizio dei giudici di terzo grado che dovrebbero cassare i giudizi precedenti se sono viziati da  errore.
Tutto questo fa sì che le cause durino molto tempo, che giudici ed avvocati giustifichino la loro esistenza e il loro reddito, ma non garantisce una giustizia giusta. Se il primo giudice è un somaro la prima sentenza sarà sbagliata, ma se è un somaro anche il secondo giudice che conferma quella sentenza e il terzo che la rende definitiva la sentenza non diventerà solo per questo giusta. È sperabile che almeno uno dei tre sia giusto, ma non è garantito. Se il primo giudice non si preoccupa molto di essere giusto pensando che se sbaglia rimedierà il secondo e lui non dovrà in nessun modo rispondere del suo errore è da ritenere che non gl'importerà molto di essere giusto. E così pure per il secondo mentre il terzo magari starà più attento perchè più nessuno può rimediare al suo errore ma sa che se anche sbaglia a rimetterci sarà solamente il condannato e lui potrà continuare a godersi il suo stipendio con al massimo qualche rimorso di coscienza, se ne ha una. Evidentemente è più improbabile che in un collegio giudicante tutti siano somari ma non è escluso che possa esserlo la maggioranza.
Magari potrebbe bastare un solo grado di giudizio se quel giudice si assumesse tutta la responsabilità che gli spetta e ne rispondesse di persona in caso di errore: il condannato ingiustamente lo cita presso un altro giudice che può condannarlo alle stesse pene ingiustamente inflitte e effettivamente patite in beni e libertà. 

Sicuramente i magistrati diranno che così si attenta alla loro indipendenza, che un giudice nel timore di sbagliare non emetterà sentenze: anche un ingegnere può temere di dovere pagare se crolla un ponte da lui progettato, ma se per questo decide di non progettare più niente cambia mestiere. Lo stesso dovrebbero fare i giudici senza pretendere di essere retribuiti per quello che non fanno.

giovedì 8 agosto 2013

Cassazione

Non mi pare che questa faccenda della Corte di Cassazione abbia giovato al prestigio, a parer mio già piuttosto basso, della magistratura. Magari è ineccepibile "in punto di diritto" e dal punto di vista partigiano, ma dal mio punto di vista direi che è penosa. Già all'apparire di quei cinque signori istintivamente non mi rallegrava l'idea che il destino ultimo di noi italiani potesse dipendere da quel quintetto: come quando si vede per la prima volta qualcuno e ancor prima che apra bocca lo si ritiene simpatico o antipatico, degno o indegno di fiducia. È un'impressione quasi sempre passeggera, soggetta a verifica e a cambiamento, ma conta. Questa volta quella prima impressione è stata confermata nel sentire l'intervista rilasciata dal presidente del collegio giudicante, a prescindere da quello che diceva: un parlare poco accurato, quasi dialettale (u capo, loggica). Ma quello che più mi turba è quello che ha detto. Dalla lettura della sentenza ho appreso con stupore che i giudici d'appello sono degli incopetenti che non conoscono nemmeno la legge e comminano cinque anni di interdizione dai pubblici uffici quando, a detta della Cassazione, la legge per il reato attribuito all'imputato ne prevede al massimo tre.
Dall'intervista apprendo che non si può condannare uno "perché non poteva non sapere" ma solo perché certamente sapeva in quanto Tizio, Caio e Sempronio testimoniano in tal senso. Ammettendo pure, come fanno i benevoli, che il giudice non si riferisse al caso specifico ma parlasse da professore di diritto di un caso teorico il problema rimane: passando dalla teoria alla pratica i giudici di secondo grado hanno avuto conferma da Tizio, Caio e Sempronio che l'imputato sapeva perché glielo avevano detto o no? Se tali testimonianze ci sono l'imputato è stato condannato perché a detta dei testimoni sapeva, se non ci sono è stato condannato perché "non poteva non sapere". E a detta del giudice di Cassazione questo non può essere. Non so cosa esamini la Cassazione, ma se i giudici di primo e secondo grado non si sono comportati come nella lezione teorica del professore di diritto avrebbero dovuto comportarsi penso che il giudice di Cassazione avrebbe dovuto cassare le loro sentenze. O no?


giovedì 1 agosto 2013

Ieri e oggi


Cause della crisi e caduta dell'Impero romano d'Occidente 
 (da VEDI)
Le cause interne furono varie: l'anarchia militare e i conflitti interni tra i vari pretendenti al trono nel III e nel IV secolo, che distrussero l'unità imperiale; la crisi economica, con l'inflazione e la pressione fiscale (dovuta alla crescente spesa pubblica per mantenere l'esercito e la burocrazia imperiali) che salirono a livelli molto alti ed i commerci che diminuirono sempre di più, indebolendo notevolmente la struttura economico-produttiva ed accentuando la disuguaglianza sociale nei territori dell'impero; lo stato di abbandono e spopolamento di città e campagne, che costrinse inoltre molti imperatori ad apporre leggi che anticipavano il Medioevo (come l'obbligatorietà dei cittadini a svolgere il mestiere dei loro padri); la perdita del carattere romano che secoli prima aveva formato soldati disciplinati e induriti da mille battaglie, capaci di conquistare tutta l'area mediterranea, ma che durante il periodo imperiale era progressivamente svanito, al punto che gli stessi comandanti delle legioni preferivano arruolare i loro soldati nelle province o fra i barbari (indifferenti alla tradizione dell'unità dell'Impero) piuttosto che fra le genti italiche.


Mutatis mutandis, sembra si parli dell'Italia di oggi: crisi economica, con l'inflazione e la pressione fiscale (dovuta alla crescente spesa pubblica per mantenere la burocrazia), i commerci che diminuiscono sempre di più,  la perdita del carattere italiano progressivamente svanito, al punto che gli stessi presidenti del consiglio preferiscono arruolare i loro ministri fra stranieri naturalizzati (indifferenti alla tradizione dell'Italia) piuttosto che fra le genti italiche.

Non se n'abbia la signora Kyenge: 
lei è felicissima di essere italiana, ma io non sono entusiasta di essere cittadino di un paese razzista che non tutela le minoranze ma le privilegia, discrimina a loro favore. La signora mi è anche simpatica, ma dubito che se non fosse nera e donna sarebbe ministra, pur con tutte le altre sue qualità e competenze. Mi piace anche per come ha reagito alle offese. Non sono più gravi di altre analoghe fatte ad altri, ma c'è sempre la storia del razzismo: se dico cocomero a lei è o è ritenuto più grave che se lei lo dice a me, a prescindere dalla somiglianza.
Non capisco però come possa sentirsi italiana: se - come sostiene - è cittadino italiano chi nasce in Italia chi nasce nel Congo é cittadino congolese; essere l'uno e l'altro o poter scegliere secondo convenienza mi pare un privilegio da cui la stragrande maggioranza degli italiani è esclusa per essere nata e vivere Italia.

Considerare italiano chiunque per caso o per calcolo si trovi a nascere su territorio, nave o aereo italiano è una violenza alla nazione italiana:  anche se ha  la stessa cittadinanza può non essere considerato connazionale.
Non si tratta di razzismo, nulla c'entra il colore della pelle, l'aspetto fisico. Nazione è una comunità avente la stessa origine territoriale, storia, lingua e cultura (vedi): vi sono Stati plurinazionali e altri uninazionali e  il nostro è uno Stato uninazionale, dove c’è un’omogeneità di tradizioni, di costumi. Savalguardare l'identità nazionale non può essere considerato razzismo e chi vuole essere cittadino italiano dovrebbe rispettarla: non sempre avviene, mai solo per nascita nel territorio.

martedì 30 luglio 2013

Soccorso

«La soccorrevo, tutti guardavano e nessuno mi aiutava». Poi la beffa: furgone sequestrato e alcoltest. Vent'anni fa, invece, caricò una ragazza ferita in auto e la portò in ospedale. Rischiò di finire sotto accusa. (vedi)

Ha tutta la mia ammirazione, ma sinceramente mi auguro di non trovarmi mai in una simile situazione.
Se c'è un incidentato cosa faccio? Se non faccio niente è omissione di soccorso, ma come posso io soccorrere qualcuno? Non so assolutamente nulla nè di pronto soccorso nè di medicina: devo ritenerla una mia colpa grave? Ma anche se pensassi di saperne qualcosa non posso essere sicuro di non recare più danno che bene e per il poco che ne so è doveroso lasciare fare a chi ne è esperto. E allora? Dovrei chiamare il 118 ma non ho mai con me un telefonino: è forse obbligatorio averlo, sono punibile anche per questo? Mettiamo sia una strada fuori mano, che non ci sia nessun altro e che anche l'infortunato non abbia telefonino o che comunque io non lo possa o sappia usare (altra grave colpa?): mi fermo, lo guardo, prego , aspetto che passi qualcuno che sappia cosa fare? Mettiamo che pensi ci siano pochissime possibilità che qualcuno passi, che dopo un minuto, due, tre , cinque non arrivi nessuno: sto lì ad aspettare senza far altro che guardare o cercare di rincuorare il malcalpitato (se cosciente) e sperare? Potrei andare a cercare aiuto,  potrei tentare di portare il ferito al più vicino ospedale se sapessi dov'è, potrei fare quello che  mi  chiede il ferito se ne è in grado, ma credo che sarei ritenuto colpevole di omissione di soccorso o di procurate lesioni o comunque di qualcosa previsto da qualcuna delle tante leggi che non conosco. Non saprei proprio cosa sarebbe giusto fare.  


lunedì 22 luglio 2013

Diritti

Invocano, vogliono, pretendono una legge contro l'omofobia.
omo-
primo elemento di parole composte, con il sign. di “simile”, “uguale”: omonimo, omologo (Gabrielli)
-fobia
secondo elemento di parole composte con il sign. di “paura”, “avversione”, “ripugnanza”: agorafobia, claustrofobia (Gabrielli)
Stando all'etimo sarebbe una norma contro la "paura del simile" (omo-fobia) o, per contrazione, "paura degli omofili" (omofilo-fobia). "Il coraggio, uno non se lo può dare" e non può togliersi la paura, chi l'ha non va punito ma aiutato. Una norma contro l'omofilo-fobia é contro i comportamenti degli omofili che mettono paura all'omofobo (occhiate, toccamenti, proposte).
Non credo sia questo quello che pensano di ottenere, ma una norma contro i comportamenti che mettono paura all'omofilo, contro chi mostra odio nei loro confronti, cioè contro la miso-omofilia,
miso-
primo elemento di parole composte che indica odio, avversione verso la persona o la cosa espressa dal secondo elemento: misogino, misoneismo) (Gabrielli)
spero accompagnata da norme contro xenofobia sessuale e misoxenia sessuale, se posso usare questi termini per indicare la paura o l'odio verso chi è di sesso diverso. 

Esibiscono orgoglio omosessuale vantandosene. Magari mi sbaglio, ma penso che in  realtà non ne siano affatto orgogliosi altrimenti non lo chiamerebbero gay pride o orgoglio gay: uno orgoglioso della sua medaglia non la chiama patacca ma medaglia, uno orgoglioso di essere omosessuale non direbbe che è gay ma esplicitamente che è pederasta, sodomita per farsi capire in Italia o magari frocio,  checca o altro per potersene vantare localmente o queer, fag, sodomite, bugger se proprio preferisce l'inglese. 
Se il tono non è offensivo non è un'offesa usare questi termini: un professore si offende se lo chiamano professore solo se il tono lascia intendere che non lo si ritiene degno del titolo.
Congenita o acquisita l'omosessualita è comunque una anomalia, se fosse la normalità non esisterebbe l'umanità secondo natura: qualcosa non usuale ma non talmente positiva o negativa da esaltare o deprecare.
Invocano, vogliono, pretendono il matrimonio se vietato, mentre sempre meno gente cui è permesso accetta questo vincolo. 

Lo ritengono un loro diritto. Ma quale diritto? Quello di  un condiviso appagamento di personali sentimenti, piaceri e interessi nessuno glielo nega. Quello di fare insieme figli e metter su famiglia? È biologicamente impossibile. Quello di potere assistere il compagno o la compagna, di ereditare i suoi beni o di farlo erede? Non necessita il matrimonio, bastano leggi che lo riconoscano. Quello di avere gli stessi benefici che lo Stato riconosce alle coppie legalmente sposate? Non sono molti e anzi sono più le penalizzazioni, tant'è vero che molti non si sposano per non essere penalizzati. Il trattamento in caso di malattia è più vantaggioso per i non sposati che per gli sposati, i primi possono essere esentati dalla tassa se il reddito di ciascuno non supera il limite fissato, i secondi solo se quel limite non è superato dalla somma dei loro redditi. Un vantaggio degli sposati è la pensione di reversibilità, più che giustificato specialmente per il passato quando c'erano più figli e un coniuge non poteva non dedicarsi alla famiglia e permettere all'altro di procurare lavorando il reddito ad essa necessario: il reddito del secondo era permesso dal lavoro non retribuito del primo che non aveva reddito e pensione propri. In ogni caso le agevolazioni alle coppie sposate non sono che un limitato indennizzo per i doveri che esse si assumono (o si assumevano) con il matrimonio, un diritto contemplato dalla "Dichiarazione universale dei diritti umani" (art.16.3 - La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato) e dalla Costituzione Italiana (Art. 31. - La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose). A me pare che ci voglia una buona dose di impudenza e di egoismo per affermare che una coppia omosessuale sia "il nucleo naturale e fondamentale della società".


domenica 21 luglio 2013

Giudici

Chi fa sbaglia, chi sbaglia paga. Ci sono persone che non fanno e non rischiano di sbagliare e giudicano gli errori di quelli che fanno e possono sbagliare. 
Possono essere quei pensionati che passano molto tempo dove poter vedere e giudicare il lavoro altrui: guardano e solitamente criticano, gratuitamente e senza recare danni o vantaggi. 
Possono essere quei magistrati che passano parte del tempo in tribunale e giudicano chi facendo il proprio lavoro potrebbe avere sbagliato: giudicare e condannare per eventuali errori è il loro lavoro, lautamente pagato per la grave responsabilità di procurare ingiusti vantaggi o ingiusti danni. Ma di questa responsabilità non ne rispondono a nessuno. Anche giudicare é fare e chi fa sbaglia e chi sbaglia paga: magistrati esclusi?

martedì 18 giugno 2013

Ignoranza

Ammetto la mia ignoranza e la mia ignavia a porvi rimedio. Io suppongo che, in Italia, chiunque riceva denaro per cose o servizi forniti sia tenuto a rilasciarne ricevuta, scontrino o fattura, detraibile o no che sia. Ma penso di sbagliarmi, in particolare penso che a questo obbligo non siano soggetti gli stranieri che pare godino di una specie di extraterritorialità, almeno quelli che hanno su di se quello che vendono: venditori ambulanti, venditori tatuatori massaggiatori da spiaggia, prostituti e prostitute, spacciatori di droga, ecc.. A quanto ne so nessuno di loro lascia ricevuta o accetta pagamenti bancomat: siccome quasi sempre il loro commercio è fatto in piena vista senza che alcuno lo impedisca ne deduco che sia legale o almeno legalmente tollerato. So che la legge non ammette ignoranza, ma ho rinunciato a conoscerla perché troppo complicata, contradditoria, ambigua, ingannevole, volubile per me e forse per tanti: ho l'impressione che molte norme siano fatte per non essere osservate o per non essere capite e consentire interpretazioni variabili e contrarie, furbizie ai furbi, parcelle ad avvocati, lavoro a magistrati. E così resto nella mia ignoranza e vado a buon senso, pur sapendo che buon senso, logica e equità quasi mai coincidono con legalità. E il buon senso mi dice che se un negoziante non mi da lo scontrino o l'artigiano non mi da fattura è perchè lui sa che per qualche comma o sottocomma o altro non è tenuto a farlo e io non lo so: lui tratta di quello tutti i giorni e io no e fino a prova contraria devo ritenerlo innocente, ossia onesto. Chiedere quello che lui non mi deve e che a me non serve sarebbe mostrargli la mia ignoranza, la mia inesperienza, la mia diffidenza: non lo faccio.

venerdì 31 maggio 2013

Detrazioni

Leggo: "è previsto un forte potenziamento dell’attuale regime di detrazioni fiscali che passerà dal 55% per gli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici (detrazione in scadenza il 30 giugno prossimo) al 65%, concentrando la misura sugli interventi strutturali sull’involucro edilizio, maggiormente idonei a ridurre stabilmente il fabbisogno di energia."
Dovrei esultare: la mia casa necessiterebbe di un intervento del genere e dovrei essere felice di spendere poco più un terzo del necessario. Ma c'è un problema.
Oltre alla casa dove vivo ho solo reddito di pensione di 490 euro mensili. Con quel reddito non si ha imposta sufficiente nemmeno per beneficiare interamente delle detrazioni spettanti a tutti i pensionati, figurarsi se ne ho per detrarre 1/10 di qualsiasi altra somma. Anche mio marito ha una pensione e paga imposta e potrebbe sostenere le spese. Ma l'ha già fatto una volta quando abbiamo dovuto sostituire il tetto in eternit: ha sostenuto la spesa e ha indicato sul mod. 730 la detrazione spettante. Non solo non l'ha ottenuta ma è stato anche sanzionato per averla indebitamente chiesta: il mio reddito pur talmente basso da non dovere imposta è troppo alto per essere a suo carico e pur essendo fisicamente conviventi non lo siamo fiscalmente avendo lui altrove residenza anagrafica: pertanto non gli spettano le detrazioni delle spese da lui per me sostenute.
La notizia che chi è abbastanza ricco può avere ulteriori agevolazioni con le imposte pagate da mio marito non mi consola, anzi: a meno di essere assolutamente certi di poter beneficiare delle detrazioni non faremo alcun intervento. "El can scotà dal'aqua calda ga paura anca del'aqua freda" diceva mia nonna.


mercoledì 29 maggio 2013

Bimbi

Da qualche tempo sento dire di maestre d'asilo che maltrattano i piccoli loro affidati. Sicuramente ci saranno maestre troppo manesche, non lo so. Non voglio e non spetta a me giudicare i singoli casi, ma non vorrei che si esagerasse. I bimbi sono bimbi e spesso fanno cose che non dovrebbero fare e non basta dirgli di non farle e magari sono troppo piccoli per capire quello che gli si dice o troppo ostinati per non insistere comunque. Se un bimbo si avvicina pericolosamente ad una rampa di scale o prende una sedia per salirvi in un terrazzino o va in bagno a pasticciare con l'acqua della tazza,  magari la prima volta gli si dice di non farlo, ma lui insiste e allora lo si trascina a forza lontano dal pericolo, se ancora insiste credo che non rimanga altro che punirlo facendogli un po' di male per il suo bene. Se un bimbo sfugge dalla sorveglianza della maestra d'asilo e scappa dalla sala dove sono tutti gli altri, si espone a pericoli che la maestra non può più evitargli e a mio parere non può far altrimenti di quanto detto e così anche quando non corre pericolo ma  getta cartacce, picchia i compagni o fa cose che sarebbe bene non facesse né da bimbo né da adulto. Magari genitori che affidano i loro bimbi ai nonni, alla bambinaia o all'asilo per gran parte del tempo e se ne curano solo per coccolarli, accontentarli o farli divertire non si sono mai trovati in quelle situazioni e non capiscono oppure i loro sono buoni figli ubbidienti. Certo non tutti sono bravi genitori o maestri, certo qualcuno trova meno faticoso usare le maniere forti e qualcuno lo fa perché esasperato, affaticato oltre i limiti della sua sopportazione. Non so come stanno le cose, so solo che mia nipote l'unica volta che ha avuto uno schiaffo da sua mamma fu quando, bimba,  sfuggitale di mano è corsa pericolosamente verso la strada trafficata: è stata la sola volta che l'ha fatto.

martedì 28 maggio 2013

Filastrocca

L'umanità è fatta di donne e uomini. Il cariotipo umano è di 46 cromosomi. I cromosomi vengono 22+(X o Y) da padre e 22+X da madre. Solo un uomo e una donna (padre e madre) possono generare figli. Senza figli l'umanità si estingue. I figli per almeno 4 o 5 anni necessitano di cure. La cura dei figli richiede tempo dei genitori. Più sono i figli più è richiesto tempo. Per avere più tempo si devono unire le forze. Per unire le forze i genitori devono restare uniti. Perchè restino uniti hanno inventato il matrimonio. Il matrimonio così mira a garantire la sopravvivenza della specie. Se non serve alla sopravvivenza della specie è inutile il matrimonio. Il matrimonio è felice se un uomo e una donna si amano. Se si amano un uomo e un uomo o una donna e una donna il matrimonio magari è felice ma resta inutile. Se è inutile alla società eventuali "agevolazioni e provvidenze" sono sprecate. Se sprecate non sono spettano anche quando si amano uomo&cane, donna&gatto, uomo&falco, donna&canarino e magari anche uomo&auto, donna&moto, eccetera. 
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PS - Naturalmente per re, prìncipi e potenti il matrimonio può essere solo un affare, ma non è per loro che la Carta prevede "agevolazioni e provvidenze".   

lunedì 20 maggio 2013

Coppie

Ho letto (qui) che la Camera ha deciso di estendere l'assistenza sanitaria integrativa a "spose" di deputate e "sposi" di deputati. Ho sempre sentito dire che leggi ad personam e conflitto d'interessi sono cose abominevoli, ma forse non è così se riguardano un Ivan o una Paola e non un Silvio. 
Siamo in periodi di vacche grasse e come dice il proverbio "Melius abundare quam deficere", niente di male se si da a chi già ha, tanto ce n'è per tutti. Si dirà che l'assistenza integrativa i deputati se la pagano con i propri soldi, sorvolando sul fatto che i loro soldi sono soldi nostri che si sono graziosamente assegnati sicuramente anche considerando le ritenute da farci pagare loro tramite. 
Forse siamo i soli, ma mia moglie ed io non abbiamo alcuna assistenza sanitaria integrativa, anzi per le sue spese sanitarie non abbiamo nemmeno gli usuali sgravi fiscali perché ha reddito troppo alto per essere a mio carico sebbene troppo basso per avere imposta capiente  per detrazioni. Pretendere lo stesso trattamente degli "eletti" forse sarebbe troppo, ma magari si potrebbe avere almeno l'assistenza ordinaria, quella che pare spetti a qualsiasi persona per il solo fatto di trovarsi anche casualmente sul suolo italico. Ma contrariamente a queste persone, noi - avendo pagato per decenni contributi e imposte come anche i nostri genitori avevano fatto - abbiamo una pensione ciascuno e siamo tenuti a pagare la tassa sanitaria, il ticket per due motivi:
1. Non siamo coppia di fatto ma legalmente sposati da oltre 50 anni e quindi il reddito familiare di riferimento è dato dalla somma dei nostri redditi.
2. La somma dei nostri redditi supera il limite di 36151,98€ lordi annui.
Se non fossimo sposati nessuno di noi due supererebbe il limite, mentre la somma che nel secolo scorso era ben al di sotto di 70 milioni di lire lorde annue ora supera gli equivalenti 36151,98€ (70000000/1936,27) per effetto dell'adeguamento al costo della vita, inferiore al reale aumento per le pensioni ma inesistente per il limite. Per quanto poco quelle salgono se questo resta fermo è inevitabile che prima o poi venga raggiunto.

Considerato che tutti dicono di amare e osservare la Costituzione Italiana, nel testo in mio possesso devono esserci degli errori perché trovo:
"Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio
Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose."

Evidentemente manca un non prima di r
iconosce e di agevola  a meno che con "matrimonio" nel linguaggio dell'epoca s'intendesse "coppia di fatto" o magari "coppia di fatto omosessuale" che però forse contrasterebbe con "famiglie numerose". In questo caso "adempimento dei compiti" sarebbe un altro errore, perchè per le coppie unisex sento sempre parlare solo di "diritti". 
Chissà s'è impegno più gravoso e meritevole crescere tre figli o partecipare tutti gli anni alla sfilata gay: io non conosco il secondo.

martedì 14 maggio 2013

Emergenze

Mi meraviglia che ci si meravigli che sia passato molto tempo prima che venissero chiamate le forze dell'ordine a fermare un energumeno in vena di strage. A parte il fatto che magari a quell'ora circolavano poche persone, che non è obbligatorio avere sempre con se un telefonino, che spesso la gente è scortesemente invitata a farsi i fatti propri, che magari ti denunciano per violazione della riservatezza (privacy) o per molestie (stalking), che se dici qualcosa di o a un nero al minimo sei  razzista, che puoi avere legittimamente paura di essere oggetto di vendetta o di essere coinvolto in una macchina giudiziaria autoreferenziale che se ne frega di te e tendenzialmente trova comodo incolpare chi è a portata di mano (l'aggredito che si difende e non scappa piuttosto che l'aggressore fuggito), a parte ogni altra possibile motivazione logica, può essere capitato ad altri com'è capitato a me di chiamare il 112 ed essere invitato magari non gentilmente a chiamare il 113 (o viceversa) o qualche altro numero, scoraggiandomi da ogni buona intenzione. Vedendo i telefilm USA par di capire che colà basta fare il 911 segnalando l'emergenza qualunque essa sia e non capisco perché qui non sia possibile fare altrettanto e si debba valutare quale dei molti numeri (112, 113, 115, 118 o 117, 1515,  1530, 1500, 1518, 1522, 1544, 1525, 1533) fare: nei paesi europei dovrebbe essere 112, ma non so se in Italia serva per qualsiasi emergenza o solo per chiamare i carabinieri e non so se sono il solo a non saperlo.

mercoledì 8 maggio 2013

Lingue

Nelle telecronache RAI del Giro d'Italia hanno rinunciato all'italiano scritto: solo inglese o italiese. Per ora c'è ancora scritto "Giro d'Italia Ficht for Pink" e "Maglia Rosa Group", ma la "testa della corsa" è diventata solo "Front of the Race" e la coda "Back of the Peloton". Non si vede più GPM o Gran Premio della Montagna, Traguardo volante, Classifica Generale, Classifica a punti, Previsioni Meteo, eccetera: tutti esclusivamente in inglese. Il nome dei corridori italiani è ancora in italiano ma per tutti è in inglese posizione in classifica e ritardo: "18° in Standings - Gap 5'30", anche se basterebbe un "18° a 5'30". Al giorno d'oggi per qualsiasi lavoro, accattonaggio compreso, è richiesta la conoscenza dell'inglese, ma per fortuna a Montebelluna richiedono invece la conoscenza del veneto. Magari alla Vuelta vedremo "la cabeza de la carrera" e al Tour "tête de la course", ma nel bel Paese é resa incondizionata dell'italiano: colonizzati, avremo The Lap of Italy.

mercoledì 1 maggio 2013

Lo strano mondo di Facebook.

Ne avevo sentito dir meraviglie e vi sono entrato, ho creato un mio profilo, come credo si dica. Sicuramente è colpa mia che non so usarlo come si deve, ma a me sembra uno strano, preoccupante mondo.
Si diceva un tempo "chi trova un amico trova un tesoro" e il dizionario dice "Amico: Chi ha sentimenti di amicizia" e "Amicizia: Reciproco affetto tra due o più persone, generato da affinità spirituali e da stima."
In facebook (fb) si trovano molti amici, alcuni ne hanno a centinaia, altri a migliaia. Io ne ho 13, tutte persone conosciute personalmente tranne una cui ho chiesto amicizia e due di cui ho accettato la richiesta: non mi hanno detto i motivi per i quali gradivano la mia amicizia ma io non ne avevo per rifiutarla a priori. Sono solo 13, ma non passa giorno che fb non segnali che qualcuno di questi "ha stretto amicizia" con qualcun altro. Quanto sia stretta questa amicizia non lo so dire. 

Un tempo si diceva "chi trova un amico trova un tesoro" e , per l'esperienza mia, concordavo appieno. Stando a fb, o moltissimi dispongono di moltissimi tesori o vi è moltissima inflazione e un amico in fb non vale quasi niente. Propendo per quest'ultima ipotesi. Se vale quanto dice il dizionario con un amico dovrebbe esserci reciproco affetto. In realtà mi pare che vi sia poco o niente affetto reciproco ma solo uno smanioso egocentrismo, un approffittare degli "amici" per mettersi in mostra. Nessuna reciprocità, ma solo richiesta di ammirazione: più amici si hanno e più è probabile che qualcuno si compiaccia con te, ti approvi, ti aduli, ti sia perfino amico: di ricambiare l'amicizia nemmeno pensarlo. In effetti con 500 o 1000 amici per prestare un po' di attenzione a ciascuno di loro la giornata dovrebbe essere di 48 o 72 ore. Così, per forza di cose, ti limiti a guardare solo quello che mettono (postano) "amici" che ti possono dare qualcosa magari accontendasi di un "mi piace" oppure, per non perdere ammiratori, metti un "mi piace" a quelli che commentano quello che tu metti. Da quello che mi par di capire sono tutti amici ma con diverso grado: da quelli nominali (in pratica del tutto ignorati)  ai superamici. Ogni amico può essere incasellato in un gruppo, ogni gruppo ha un grado specifico di amicizia e puoi riservare un trattamento diverso a ciascun gruppo ma anche ogni singolo "amico" può essere utile, ben accetto, tollerato o emarginato, a sua insaputa. In sostanza mi pare che in questo strano mondo gli "amici" o sono utili o ti utilizzano o sono ignorati: raramente sono amici.
Ripeto, sarò io a non conoscere fb, a non apprezzarlo dovutamente, a non capire come funziona e a non utilizzarlo per quello che è: come se volessi usare una zappa per fare lavori di cesello o usare un cesello per zappare. Magari mi studierò approfonditamente le abbondanti istruzioni per l'uso (ci sono) e diverrò un mago di fb, ma per il momento mi pare che o io non faccio per Facebook o Facebook non fa per me.
 


martedì 23 aprile 2013

Alleluia!

Alleluia! Finalmente ce l'ho fatta, finalmente sono ricco! Quest'anno non mi è arrivato e non mi arriverà CUD 2013. Non so cosa significhi l'acronimo, ma è la certificazione della pensione corrisposta e dell'imposte trattenute dall'INPS nell'anno 2012. Quest'anno per averlo ho dovuto cercarmelo nel sito www.inps.it, scaricarlo e stamparlo: meno male che il computer funziona, che ho da poco sostituito la stampante e cartucce e che ho ancora un po' di carta, altrimenti avrei dovuto sopportare spese o code presso non so chi.
Così ora dispongo dei CUD 2013 mio e di mia moglie e facendo la somma dei nostri redditi annui imponibili ho superato quota 36151,98 euri: siamo ricchi!
In realtà la mia pensione lorda non è aumentata rispetto all'anno precedente e quella netta è diminuita essendo aumentate non di poco le ritenute, ma quella di mia moglie è aumentata anche se non tanto da avere imposta superiore alle detrazioni spettanti. Ma non disperiamo: prima o poi con gli euri che prenderà potrà comprare la metà del poco che può comprare ora ma avrà la soddisafazione di pagare Irpef.
Sta di fatto che ora siamo più ricchi e più vecchi, avremo più bisogno di cure mediche ma non saremo più esenti da tasse sanitarie (ticket). 

Nominalmente più ricchi, in realtà più poveri: gli adeguamenti delle nostre pensioni sono stati inferiore all'aumento dell'indice del costo della vita che da gennaio 1993 a dicembre 2012 è stato 63,1% (VEDI) mentre i 70.000.000 di lire considerati equi 20 anni fa sono diventati 36151,98 euri in base al cambio 1936,27Lit=1euro, applicato a pensioni e limiti ma non a frutta e verdura, carne e pesce, questo e quello.
Pensando a queste cose m'irrita sentire un Monti parlare di "fedeltà fiscale", chiedere ai cittadini di essere onesti col fisco mentre il fisco è subdolamente disonesto con i cittadini: lo stesso importo non può essere congruo prima e dopo 20 anni di inflazione: o non lo era prima o non lo è dopo o non lo è mai.
Rimane per me un mistero il criterio con cui vennero (vengono) fissati i limiti: magari perché il numero 7 è simpatico o perché qualcuno antipatico ha un reddito superiore o qualcuno simpatico l'ha inferiore, ma dispetto o favore lo si fa una tantum, poi il numero resta quello e chi è sopra paga e chi è sotto no e amen.
Succede così che se la tassa fosse 100 euri, con un euro di reddito in più del limite il "ricco" la paga e il "povero" con un euro in meno no e così il povero sarà di 98 euri più ricco del ricco.
Il bello è che il limite si applica al reddito famigliare, forse attribuendo il significato "ostacola" al verbo "agevola" usato nella Costituzione: "La Repubblica agevola con misure economiche [la famiglia .. fondata sul matrimonio]". Così mentre per un singolo o una coppia non unita in matrimonio si considera il reddito individuale, per le coppie regolarmente sposate  si sommano i redditi di marito e moglie, cioè devono avere metà del reddito richiesto agli altri. Per questo mia moglie sta pensando di chiedere il divorzio, cosi almeno lei potrebbe beneficiare dell'esenzione dal ticket, visto che avendo un reddito troppo alto per essere a mio carico e troppo basso per essere capiente né io ne lei possiamo beneficiare di eventuali detrazioni per le sue spese mediche. Divorzio consensuale e spero solo formale.


giovedì 11 aprile 2013

Tasse occulte

Dicono che lo Stato siamo noi cittadini, dicono che imposte e tasse vanno pagate per avere disponibilità e utilizzo di servizi. A parte il fatto che difficilmente si riesce a trovare la corrispondenza tra  imposte pagate e servizi disponibili e che chi paga più imposte deve pagare più tasse (cioè più uno contribuisce ai servizi resi a tutti più deve contribuire per quelli che riceve), il cittadino deve anche pagare imposte occulte. Una forma di imposta è l'inflazione,  attualmente per fortuna meno pesante del passato: svalutando la moneta lo Stato incentivava l'esportazioni e riduceva il suo debito facendone pagare il costo ai cittadini risparmiatori e a quelli impossibilitati ad adeguare il loro reddito. Non so se si fa ancora la giornata del risparmio, un po' una beffa considerato che il risparmio viene rosicchiato dall'inflazione e dall'imposta patrimoniale e se frutta un qualche interesse è gravato da imposte su un reddito che per i piccoli risparmiatori non arriva a compensare la perdita del potere di acquisto.
Altro modo truffaldino di sfruttare pro fisco l'inflazione è quello di non aggiornare i limiti di reddito sotto i quali si possono avere benefici fiscali (detrazione per i figli, esenzioni dal ticket, ecc.). Così può capitare ad un pensionato che nel 1990 aveva una pensione ben al di sotto del limite previsto per le esenzioni dal ticket si trovi oggi ad avere superato tale limite per solo effetto dei parziali adeguamenti della pensione al costo della vita: ha potere di acquisto diminuito ma rischia di essere sanzionato come truffatore se non si accorge di essere diventato fiscalmente ricco a sua insaputa. 
Un'altra tassa occulta consiste nel trasferire sui privati i costi propri dello Stato, inteso nel senso più ampio di Servizio Pubblico, INPS compreso. Prendiamo per esempio la riscossione delle imposte. Per risparmiare (e meglio colpire) anni fa lo Stato ha delegato la riscossione delle imposte ai sostituti d'imposta. In questo modo lo Stato come ente spende meno, ma se si considera tutto il lavoro che grava sugli altri probabilmente Noi-Stato spendiamo di più. In un'azienda non avrebbe senso abolire un ufficio che costa 100 per assegnare il suo lavoro ad altri con costo complessivo 150 e meno efficienza, analogalmente se lo stato risparmia 100 e fa pagare 100 in meno di imposte ma grava i cittadini di lavoro, spese, perdita di tempo per 150 non fa l'interesse di Noi-Stato ma solo quello dello Stato-padrone.

Anni fa ai sostituti d'imposta fu fatto obbligo di provvedere anche al ritiro della denuncia dei redditi mod.730 e ad effettuare eventuali conguagli. Un'altra furbata per dissimulare un'imposta aggiuntiva. Non so se le cose stanno ancora così, ma so che il mio sostituto d'imposta - l'INPS - non lo fa più.  Prima avevo un servizio rapido e disponevo subito della certificazione "provvisoria" e mi inviava quella definitiva, ora devo rivolgermi a un Caf non altrettanto efficiente (altri saranno più organizzati ma anche più intasati), che invierà via web i miei dati all'INPS che  effettuerà il conguaglio e  li invierà all'Agenzia delle Entrate intestataria del modulo e destinataria finale. Magari l'INPS ha un costo in meno ma qualcun altro ha un costo in più e qualcuno ci guadagna, ma non certo Noi-Stato. Lo scorso anno dopo aver perso il mio tempo per compilare il mod.730 l'ho portato al Caf  che bellamente non ha poi provveduto a inoltrare i dati nelle forme richieste ed io non ho avuto il conguaglio che mi spettava: si trattava solo di inserire in un computer per elaborare e trasmettere i dati da me forniti , cosa che potrei fare anch'io con maggiore sicurezza e senza perdere più tempo di quello che perdo per compliare il mod. 730 a mano, farne una copia, portarlo al Caf e tornare a riprendermi l'elaborato: basterebbe fosse fornito il programma adatto e poter scegliere se farlo da me o rivolgermi ad altri, valutando i costi. 
Mi viene spesso da chiedermi se tutte le complicazioni burocratiche inventate nel nostro paese sono davvero necessarie o se servono principalmente per dar lavoro a Caf, commercialisti, avvocati e magari introiti extra a pubblici funzionari.
Ora l'INPS, credo sempre per ridurre i costi, non invia più il mod. CUD: lo si trova in rete. Per carità, bella semplificazione: ma non tutti usano internet e, per quelli che l'usano, stampante, inchiostro, carta, tempo non sono sempre disponibili e sono comunque un costo supplettivo a quello del computer: un'altra tassa occulta.


giovedì 4 aprile 2013

Stipendi pubblici

Resto del mio parere: i superstipendi a pubblici dipendenti, parlamentari compresi, dovrebbero essere parametrati alla pensione dei cittadini comuni. Quando un dipendente pubblico che riceve dai cittadini italiani 300 mila euro annui si aumenta lo stipendio di altri 60000 euro pensando di meritarseli, ha anche la faccia tosta di dire che i suoi 60000 euro in più costano a ciascun cittadino italiano solo 0,001 euro e quindi, abbia o non abbia l'aumento, non può praticamente cambiare nulla né per i singoli cittadini né per il bilancio statale su cui incide ancor meno. Se però l'aumento del 20% del suo stipendio comporta automaticamente pari aumento per i milioni di pensionati la scusa non regge: o ci sono i soldi per consentire un aumento del 20% a lui e ai pensionati o non ci sono per nessuno. Lo stesso ragionamento vale per lo stipendio iniziale, che andrebbe rapportato alla pensione minima INPS o qualcosa di simile, tipo l'indennità di disoccupazione. Se non possiamo permetterci pensioni minime di 2000 euro mensili non possiamo nemmeno permetterci parlamentari o supermanager a 10000, 20000 o 30000. Si stabilisca per ogni funzione pubblica il rapporto massimo con la pensione minima (esempio: Capo dello Stato 30/1, Primo ministro 15/1, parlamentare 10/1) e lo si sottoponga a referendum: se poi a qualcuno quel rapporto non garba sicuramente ci sarà qualcun altro cui farà gola e non è detto che il primo sia sempre migliore del secondo. Naturalmente nella retribuzione così parametrata vanno compresi tutti gli eventuali benefici in natura.

Presidenziali

Si discute come dovrà essere il nuovo Presidente della Repubblica, non solo se deve essere una persona capace e competente, onesta ed equilibrata, di questa di quella o di nessuna area politica. Dopo anni che si parla di parità fra i sessi si discute ancora se deve essere uomo o donna o per non far torto a nessuno pensare a Vendola. Non vorrei che di questo passo un domani si dovesse decidere se la persona scelta deve essere grassa (Ferrara?) o magra (Fassino?), con occhi chiari o scuri, non avere o avere barba o capelli biondi castani neri o rossi, essere alta o bassa, celibe nubile sposata separata divorziata accompagnata, con o senza figli o nipoti, bocciofila o bibliofila, eccetera,  avendo ogni categoria di persone il diritto ad essere giustamente rappresentata, specialmente se minoritaria.

lunedì 11 marzo 2013

La valvola

Due vasche comunicanti: una riceve acqua da una fonte l'altra da un'altra, chi usa l'una non usa l'altra. Quando una fonte ha più acqua l'altra ne ha meno, ma il livello dell'acqua è uguale e sufficiente in entrambe le vasche, sempre. Se però nel condotto che collega le vasche si mette una valvola e l'acqua passa a senso unico, una vasca può restarne senza.
Così se  notizie, informazioni, sensazioni, opinioni, idee,  arrivassero al cervello da dritta e da manca rispettivamente in due zone diverse ma comunicanti, sarebbe indifferente giudicare con una o l'altra, ma una valvola mentale posta fra le due zone renderebbe questo impossibile: in una ci sarebbe solo quello che viene da dritta o da manca.
Mi viene da pensare che una valvola così, più o meno efficiente, più in certi ambiti meno in altri, sia abbastanza diffusa. 
Con una valvola mentale analoga può capitare di ritenere  giusta, corretta, buona una cosa se viene da una parte e ingiusta, sbagliata, cattiva la stessa cosa se viene dall'altra.

venerdì 8 marzo 2013

Stupore

Mi meraviglia che si meraviglino del successo M5s.
Ma dove sono vissuti finora?  Con referendum diciamo no al finanziamento pubblico dei partiti e quelli invece l'aumentano cambiandogli il nome, la gente fa sacrifici pagando fior di tasse e loro con quelle vivono agiatamente, quello che una famiglia deve far bastare due settimane loro lo spendono in una sera dicendosi preoccupati per quelli "che non arrivano alla fine del mese" ma senza fare qualcosa, dicono che la legge elettorale fa schifo ma si guardano bene dal cambiarla, sono strapagati per fare un lavoro ma a farlo chiamano e pagano i "tecnici".
Supponiamo che quelli siano nei partiti A e B. Se su 100 elettori 20 non votano mai e 30 per punirli non vanno a votare, A e B con 26 e 24 voti hanno 52% e 48%  e dei non votanti in realtà se ne infischiano. Ma se arriva C (fosse pure Diavolo) quei 30 lo votano sapendo che  il voto conta e allora A con 26 voti è 32,5%, B con 24 è 30% e C con 30 è 37,5% : A e B sentono la botta e forse capiscono la lezione.

   

lunedì 4 marzo 2013

Intercalari

Stamattina 4 marzo su la7 ad Omnibus c'erano Federico Geremicca, Francesco Cundari, Angela Mauro, Marco Valerio Lo Prete e , collegati, Federico Fubini e Piergiorgio Corbetta; conduceva Alessandra Sardoni. 
Sta parlando Geremicca e ogni poche parole sento dire "diciamo", ne conto 23 in quell'intervento. Quasi contagiata anche la Sardoni inserisce un "diciamo" nel commento.  Incuriosito noto che pure Cundari e Mauro usano quell'intercalare piuttosto frequentemente. Lo Prete parla meno, ma mi pare che tre o quattro volte lo dica anche lui, una volta Corbetta e nessuna Fubini. Più o meno, quasi tutti intercalavano il loro dire con "diciamo", come quando in una discussione c'è qualcuno che tartaglia prima o poi quasi tutti  tartagliano, chi più e chi meno, o se in un gruppo di persone uno sbadiglia o ride alla lunga quasi tutti lo imitano. In quella discussione tutti hanno usato "diciamo": molto Geremicca, meno Cundari e Mauro, poco Lo Prete, Sardoni, Corbetta: solo Fubini credo non l'abbia fatto. Ad ogni modo chi volesse accertarsi e contare quanti "diciamo" ha detto ognuno di loro, se ne ha voglia può sempre farlo rivedendo la trasmissione su sito di la7
 E meno male che, da persone educate e rispettose dei telespettatori,  hanno adoperato solo quell'intercalare e non altri molto in voga attualmente fra giovani ed ex giovani, non solo nelle osterie o nelle caserme o luoghi particolari com'era un tempo ma ovunque: casa, scuola, piazza, ufficio, tribune, comizi, televisioni, giornali, libri, eccetera.

martedì 12 febbraio 2013

Al lupo!

Se si è condannati per non avere previsto un evento universalmente ritenuto imprevedibile è normale che prevalga la prudenza, magari l'eccesso di prudenza. E così se si prevede una nevicata invernale subito ad allertare istituzioni ed allarmare popolazioni. A casa mia si pensa che se piove o nevica un pochettino a Roma tutti i tg diranno diluvio o tempesta di neve in tutta Italia o ottimisticamente in mezza, ma tant'è. Così da giorni aspettavo la grande nevicata o meglio il "big snow": se c'era con quel nome a New York così andava chiamato anche da noi. Lo aspettavamo "in tutta Italia". Da queste parti d'Italia capita d'inverno che nevichi, quindici venti cm sono una nevicata normale con normali problemi, col marciapiedi da spalare e le catene da mettere per chi deve necessariamente usare l'auto e non ha già messo le gomme da neve ai primi di novembre, con i mezzi spazzaneve e spargisale che passano. Ma questa volta c'era il "big snow": questa volta mi aspettavo almeno trenta centimetri di neve. E invece ne è venuta appena quel poco da imbiancare gli alberi e qualche tratto del giardino, nemmeno tutto. Non so quanta ne sia caduta a Roma, ma se erano più di tre centimetri e le scuole e uffici non venivano chiusi, i TIR non fermati, centomila spalatori pagati e avviata una gran macchina che nemmeno a Oslo,  chissà che pandemonio, che accuse alla protezione civile o a chi altro. E loro allertano e allarmano e magari gli stessi o altri giudici li condanneranno per procurato allarme: sempre facile giudicare a posteriori e se a posteriori giudicheranno che hai sbagliato a giudicare saranno comunque altri a dover pagare. Oppure ci saranno tanti "al lupo, al lupo!" che quando il lupo ci sarà davvero nessuno ci crederà. 

venerdì 25 gennaio 2013

Canone Rai

Il mio problema è molto semplice: vorrei pagare il canone Rai ma non  posso perché mi trovo lontano dal luogo dov'è il televisore e relativi documenti e non ho il numero di abbonamento. 
Penso che siccome è stata la RAI ad assegnarmelo alla RAI non dovrebbe essere difficile comunicarmelo in base al mio codice fiscale.
Dopo varie ricerche trovo QUI la possibilità di mandare una mail e lo faccio. Sembra che la RAI non soddisfatta di pretendere l'imposta si diverta a tormentare gli abbonati. Compilo il modulo con i dati richiesti, scrivo il mio problema chiedendo di comunicarmi il numero o di dirmi come fare, clicco INVIA e appare una nuova finestra con nemmeno una parola in italiano. Siamo in Italia, parlo e sono italiano come italiana credo sia la RAI e riesco solo a capire che c'è un errore, mi pare per via di un segno che gli resta indigesto. Torno indietro tolgo un segno "/" clicco e sembra che tutto vada liscio. Dopo due o tre giorni, non avendo avuto risposta ritorno al modulo e rifaccio la richiesta, invio e di nuovo la paginata in lingua a me sconosciuta. Torno indietro, tolgo una frase tra parentesi (parentesi comprese), invio e questa volta mi appare in italiano che il messaggio è stato regolarmente inviato e che avrò mail di conferma. Alleluia! 
Potevano anche dire che non accettano certi segni, magari nel momento stesso in cui vengono inseriti! Ma forse così finiva il loro divertimento.
Mi arriva l'email automatica dicente "La informiamo che la sua comunicazione del XX/1/2013 alle YY:ZZ e' giunta a destinazione". Aspetto altri due o tre giorni e oltre a quella più niente. 
Il tempo passa, il 31 gennaio si avvicina: se non pago, troveranno subito  che CCCNNNAAMGGXZZZY ha  l'abbonamento HHHHHHH/ K (non pagato), ma ora no: non trovano il tempo per farlo o per rispondermi, tanto mica rischiano di perdere il cliente.
Cerco ancora in Internet e nelle FAQ (naturalmente dire domande, quesiti o simili fa schifo) trovo:

9. Come posso conoscere il mio numero di abbonamento, se ne sono sprovvisto?

Il numero di abbonamento necessario per effettuare i pagamenti e' rilevabile:

- sull'avviso inviato dallo Sportello S.A.T. a tutti gli abbonati
- sul libretto di abbonamento alla televisione
- sulla ricevuta del bollettino di rinnovo dell'anno precedente
- contattando l'operatore del servizio di Call Center al numero 199.123.000


Cerco ancora e QUI leggo (1) che "Per informazioni e opinioni sulla Rai, sulle sue attività, sulla pro- grammazione radiotelevisiva e sugli abbonamenti ordinari è disponibile il servizio telefonico "RISPONDERAI" Il servizio è attivo 24 ore su 24 con risponditore automatico. Il servizio con operatore è attivo dal lunedì al sabato dalle 9 alle 24, la domenica dalle 14 alle 22.", "Il numero telefonico è: 199123000", "I costi della chiamata da rete fissa IVA incl.sono di 14,26 centesimi di euro al min.in fascia intera (da lun. a ven. dalle 8 alle 18.30 ed il sab. dalle 8 alle 13) e 5,58 in fascia ridotta."

Sono le 20:30, faccio il numero. Dopo un preambolo che la voce dice essere gratuito comincia la solita solfa: per la cosa A prema 1, per B prema 2, per C prema 3, per risentire il menu prema cancelletto. Premi il tasto che ritieni più appropriato e la voce ricomincia per D prema 1, per E prema 2, ecc. ecc. e il tempo trascorre a mie spese.
Morale in nessuna delle opzioni sentite c'era "per conoscere il numero di abbonamento prema X" e nemmeno "per parlare con un operatore prema Y". Può anche essere che abbia sbagliato strada, che se indovinavo il tasto giusto sarei finito al posto giusto dove premendo il tasto giusto mi avrebbe portato al posto giusto e magari prima dell'alba avrei avuto l'agognato numero. Trovare la strada nel labirinto di Minosse era uno scherzo al confronto, anche senza l'aiuto d'Arianna. Per due volte ho fatto inutilmente il numero poi ho rinunciato e sono tornato sul divano: insolitamente mia moglie era sintonizzata su un canale RAI dove, non contenti d'avermi preso in giro per un bel po', c'era quella simpaticissima pubblicità che in sostanza dice "Che ce ne frega se non guardate i nostri canali o se tenete il televisore in ripostiglio o se resta spento per mesi: il canone ce lo dovete comunque pagare, tiè."
Ho spento il televisore. 
Stamattina rileggendo mi accorgo che  "Per informazioni sugli abbonamenti ordinari il servizio con operatore è attivo dalle 9 alle 13 dal lunedì al venerdì." . M'era sfuggita la differenza tra informazioni sulla Rai e informazione sugli abbonamenti. Sono le 10 di venerdì, chiamo ma non arrivo all'operatore, vorrei riascoltare le opzioni iniziali, ma non c'è fra quelle proposte e finisce lì. Richiamo,  con lo stesso risultato di prima e di ieri sera: continuano a menar il can per l'aia a mie spese. Amen, ci rinuncio ripensando ai bei tempi in cui si parlava con una gentile e informata persona del centralino e non con una macchina o con qualche callista per me irraggiungibile nel labirinto di opzioni a pagamento del Call Center Rai


NOTA - Dopo 6 giorni mi è arrivato via email  il dato richiesto: forse sono io troppo impaziente.


(1)---------------------------------------------- 
Televideo Rai 
 
pagina 453/1

   Per informazioni e opinioni sulla Rai, sulle sue attività, sulla pro-  
   grammazione radiotelevisiva e sugli abbonamenti ordinari è disponibile   
   il servizio telefonico "RISPONDERAI" 

   Il servizio è attivo 24 ore su 24 conrisponditore automatico.             
   Il servizio con operatore è attivo dal lunedì al sabato dalle 9 alle 24,
   la domenica dalle 14 alle 22.        
   Per informazioni sugli abbonamenti ordinari il servizio con operatore è 
   attivo dalle 9 alle 13 dal lunedì al venerdì.                             
   Il numero telefonico è:  199123000   
      1/2                               


----------------------------------------

 pagina 453/2

   Per informazioni e opinioni sulla RAI il numero telefonico è:              
               199123000

   I costi della chiamata da rete fissa IVA incl.sono di 14,26 centesimi di  
   euro al min.in fascia intera (da lun. a ven. dalle 8 alle 18.30 ed il sab. 
   dalle 8 alle 13) e 5,58 in fascia ridotta. Da rete mobile i costi sono   
   inferiori a 48 centesimi al min. con scatto alla risposta inferiore a 30  
   centesimi. Per i costi dettagliati rivolgersi all'operatore da cui ori- 
   gina la chiamata.                    

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martedì 22 gennaio 2013

Stato e cittadini

È difficile restare educato con un maleducato, è difficile restare onesto con un disonesto, è difficile essere amichevoli con chi ti è nemico, è difficile essere solidali con chi ti deruba, é difficile avere fiducia in chi bara, é difficile non dubitare di chi ti vincola con contratto arzigogolato oscuro ingannevole, è difficile dare volentieri denaro a chi se lo beve, è difficile credere che lo Stato necessiti di soldi perché alta è l'evasione e non perché alto è lo sperpero, è difficile stabilire quale sia causa e quale effetto di evasione e tassazione abnormi: se lo stato fosse giusto, onesto, amichevole, equo, rispettoso, morigerato, comprensivo, dialogante, umano, disponibile, trasparente, con leggi semplici e chiare che non favoriscano il più "furbo" tra stato e cittadino, allora sarebbe certo che chiunque non paghi le tasse sia un delinquente, un nemico dei concittadini e la lotta all'evasione per quanto dura avrebbe l'appoggio di tutti gli onesti, ma finché le cose stanno come stanno c'è sempre il dubbio che qualcuno possa essere solo una vittima che cerca di difendersi.

mercoledì 16 gennaio 2013

Matrimoni

Quando lo vedevamo i miei compagni dicevano che era un "culatòn" e mi consigliavano di starne alla larga; quando lo incrociavo - io di qua lui di là di Corso Palladio - mi guardava in strano modo, con concupiscenza direi oggi. Li chiamavano con quel nome allora, ora li chiamano gay e sono riveriti presidenti di regione. Per carità, tutti sono liberi di avere i propri gusti purchè non pretendano da me o da chiunque altro di condividerli o assecondarli. Se uno vuole puo essere coprofago e vantarsene o sodomita ed esserne orgoglioso. A me magari possono fare schifo senza potere per questo essere considerato incivile, intollerante, retrogrado, arcaico, un criminale punibile per copro- o omofobia: anche le lumache a qualcuno piace moltissimo mangiarle e a qualcun altro fanno del tutto schifo, è questione di gusti.
Quello che più desiderano pare sia ora potersi sposare tra loro, "essere uniti nel sacro vincolo del matrimonio" si diceva una volta, ma oggi non ha più senso: uno con uno e una con una per ora, ma non è detto che si accontentino, che così
i loro "diritti civili" siano appieno soddisfatti.
Per molte nazioni era un diritto possedere schiavi, per i romani era un diritto godersi i cruenti giochi circensi e crocifiggere servi ribelli, per gli aztechi era un diritto avere prigionieri da sacrificare al Sole: molte civiltà avevano di questi diritti. Nella nostra quello che era sopruso, licenziosità, arbitrio, vizio o vizietto ora è "diritto civile" e chi la pensa diversamente è come minimo un incivile. Civiltà, inciviltà, ascesa, decadenza si susseguono da sempre e magari chi crede di progredire verso il meglio va verso il peggio: non più lontano di 70 anni fa nella civile Europa si sono viste enormi barbarie che qualcuno spacciava per progresso.
Io resto del parere che - stando alla parola - non c'è "matrimonio" se non c'è potenziale "mater", che non c'è madre se non c'è padre e mi pare evidente che un mondo di sole famiglie monosex non ha futuro. Unioni omo e etero sempre unioni sono, ma non sono la stessa cosa: anche una Società per Azioni e una società in nome collettivo sempre società sono ma forse non vanno confuse. Tuttavia prima o poi  ci sarà il matrimonio omosessuale, ma allora credo che chiederò il divorzio: non voglio che sui miei documenti sia scritto "sposato" e si capisca "omosessuale", me ne vergognerei (posso?).