giovedì 8 agosto 2013

Cassazione

Non mi pare che questa faccenda della Corte di Cassazione abbia giovato al prestigio, a parer mio già piuttosto basso, della magistratura. Magari è ineccepibile "in punto di diritto" e dal punto di vista partigiano, ma dal mio punto di vista direi che è penosa. Già all'apparire di quei cinque signori istintivamente non mi rallegrava l'idea che il destino ultimo di noi italiani potesse dipendere da quel quintetto: come quando si vede per la prima volta qualcuno e ancor prima che apra bocca lo si ritiene simpatico o antipatico, degno o indegno di fiducia. È un'impressione quasi sempre passeggera, soggetta a verifica e a cambiamento, ma conta. Questa volta quella prima impressione è stata confermata nel sentire l'intervista rilasciata dal presidente del collegio giudicante, a prescindere da quello che diceva: un parlare poco accurato, quasi dialettale (u capo, loggica). Ma quello che più mi turba è quello che ha detto. Dalla lettura della sentenza ho appreso con stupore che i giudici d'appello sono degli incopetenti che non conoscono nemmeno la legge e comminano cinque anni di interdizione dai pubblici uffici quando, a detta della Cassazione, la legge per il reato attribuito all'imputato ne prevede al massimo tre.
Dall'intervista apprendo che non si può condannare uno "perché non poteva non sapere" ma solo perché certamente sapeva in quanto Tizio, Caio e Sempronio testimoniano in tal senso. Ammettendo pure, come fanno i benevoli, che il giudice non si riferisse al caso specifico ma parlasse da professore di diritto di un caso teorico il problema rimane: passando dalla teoria alla pratica i giudici di secondo grado hanno avuto conferma da Tizio, Caio e Sempronio che l'imputato sapeva perché glielo avevano detto o no? Se tali testimonianze ci sono l'imputato è stato condannato perché a detta dei testimoni sapeva, se non ci sono è stato condannato perché "non poteva non sapere". E a detta del giudice di Cassazione questo non può essere. Non so cosa esamini la Cassazione, ma se i giudici di primo e secondo grado non si sono comportati come nella lezione teorica del professore di diritto avrebbero dovuto comportarsi penso che il giudice di Cassazione avrebbe dovuto cassare le loro sentenze. O no?


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