mercoledì 29 agosto 2012
Inaffidabile
Se a qualcuno anticipi il denaro per comprare due panettoni (o capre, biciclette, mattoni) e quando finalmente te lo ritorna con quel denaro puoi comprarti solo un panettone (o capra, bicicletta, mattone) o gli sei un grande amico o pensi che non meriti la tua fiducia e se ti chiede ancora del denaro pretendi elevato tasso di interesse e garanzie.
Dallo stipendio equivalente a una certa quantità di beni, lo Stato italiano (tramite INPS) ha prelevato una percentuale con l'intesa che dopo un certo numero di anni di prelievo e raggiunta una certa età sarebbe spettata una rendita corrispondente a una percentuale della quantità di beni suddetta, con la clausola vessatoria che oltre una certa quantità i beni divenivano sempre meno. In pratica le pensioni venivano rivalutate al 100% in base all'indice del costo della vita fino ad un certo limite e oltre no. Non è che l'indice misurasse il reale aumento della spesa del pensionato ma era pur sempre meglio di niente.
Ora per compiacere i mercati il governo ha deciso che non ci sarà alcun adeguamento per le pensioni oltre un limite non molto superiore alla spesa media mensile per persona (soglia di povertà per una famiglia di due persone), nemmeno quando per effetto dell'inflazione saranno ad essa inferiori: chi da lavoratore poteva comprare due panettoni e da pensionato uno in futuro ne comprerà mezzo o nessuno.
Credo che uno stato manifestamente inaffidabile per i suoi stessi cittadini non potrà essere considerato affidabile da nessuno, nemmeno dai mercati che per concedere prestiti chiederanno elevato tasso di interesse e garanzie.
giovedì 23 agosto 2012
Classe dirigente
Come posso pensare che amino, capiscano, aiutino gli italiani quelli che si vergognano di parlare italiano, di farsi capire dagli italiani? Dal Presidende del Consiglio all'ultimo dei giornalisti tutti a parlare di spending review, di welfare, di over 70 e under 30, di spread, di stalking come si vergognassero di chiamare le cose col nome che sempre hanno avuto e tutti capiscono, anche quelli che non hanno frequentato Bocconi o Oxford o Yale.
Si vergognano a usare termini italiani o non li conoscono? Invece di esibire da noi il loro inglese lo esibiscano dove lo usano o lì non viene abbastanza apprezzato?
Se amassero l'Italia amerebbero anche la lingua italiana e non la ridurrebbero ad un bastardo miscuglio solo perché non sanno scegliere fra i moltissimi termini (e sfumature) della nostra lingua quello più aderente al concetto che hanno conosciuto in inglese, limitando il vocabolo straniero (di solito mal pronunciato da moltissimi italiani) ai casi in cui davvero non esista equivalente nostrano. Se proprio vogliono far sapere che hanno appreso quel concetto in inglese lo indichino pure, tra parentesi: "lo scarto BTP/Bund (spread), la revisione della spesa (spending review), molestia (stalking)". Per over 70 e under 30 non occorreva scomodare gli inglesi: ragazzi sotto i 20 (a 30 non erano più ragazzi) e anziani sopra i 50 (gli ultrasettantenni erano vecchi) ci sono sempre stati anche da noi.
Si vergognano a usare termini italiani o non li conoscono? Invece di esibire da noi il loro inglese lo esibiscano dove lo usano o lì non viene abbastanza apprezzato?
Se amassero l'Italia amerebbero anche la lingua italiana e non la ridurrebbero ad un bastardo miscuglio solo perché non sanno scegliere fra i moltissimi termini (e sfumature) della nostra lingua quello più aderente al concetto che hanno conosciuto in inglese, limitando il vocabolo straniero (di solito mal pronunciato da moltissimi italiani) ai casi in cui davvero non esista equivalente nostrano. Se proprio vogliono far sapere che hanno appreso quel concetto in inglese lo indichino pure, tra parentesi: "lo scarto BTP/Bund (spread), la revisione della spesa (spending review), molestia (stalking)". Per over 70 e under 30 non occorreva scomodare gli inglesi: ragazzi sotto i 20 (a 30 non erano più ragazzi) e anziani sopra i 50 (gli ultrasettantenni erano vecchi) ci sono sempre stati anche da noi.
venerdì 17 agosto 2012
Ambiguità
Se è Tizio a intervistare Caio io dico "un'intervista di Tizio a Caio" altri dicono "un'intervista di Caio a Tizio". Ora se dicono "un'intervista di Rossi a Repubblica" mi infastidisce un po' ma capisco che il signor Rossi è stato intervistato da un giornalista del quotidiano "Repubblica" essendo molto improbabile il contrario, se invece dicono "un'intervista di Rossi a Bianchi" e ignoro quale di questi signori solitamente faccia interviste (cioè rivolga una serie di domande) e quale invece conceda interviste (cioè fornisca una serie di risposte) non capisco più chi sia l'intervistatore e chi l'intervistato, se Rossi ha fatto o concesso un'intervista a Bianchi. Forse sono io che continuo a sbagliare, forse è normale evoluzione della lingua o forse i cronisti fanno di tutto per essere ambigui e non farsi capire, anche quando non usano termini stranieri.
martedì 14 agosto 2012
Reciprocità.
"La fiducia è una cosa seria e bisogna meritarsela" e "l'esempio trascina" dicevano una vecchia pubblicità e un vecchio proverbio: credo che il prof. Monti non conosca o condivida nè l'una né l'altro.
Per essere credibili quando si aizzano i cittadini contro "gli evasori che rubano ai concittadini" bisognerebbe non essere sospettati di rubare. Pretendere troppe imposte conservando privilegi a sè stessi e alla propria casta o per sprecarle inutilmente non pare molto dissimile dal rubare vero e proprio che talvolta capita.
Per avere la fiducia degli onesti non si dovrebbe essere disonesti.
Non mi pare tanto onesto non aggiornare limiti di reddito fissati 20 anni fa, ai tempi della lira e non dell'euro, dell'indice del costo della vita a 100 e non a 150 e non mi pare onesto negare alla famiglia le detrazioni spettanti a un membro incapiente o comunque negare a chi non ha abbastanza reddito le agevolazioni concesse ai capienti.
E non mi pare onesto che le regole siano tali da obbligare un normale cittadino a rivolgersi con un costo aggiuntivo a commecialisti o CAF: tutta la macchina fiscale sembra fatta per premiare i furbi e punire gli ingenui, i primi riescono a pagare meno tributi mentre i secondi spesso ne pagano di più per non rischiare inique sanzioni in caso di errore.
Se poi capitano casi non infrequenti di persone pesantemente multate per non avere lo scontrino d'un bicchiere d'acqua di rubinetto o d'un caffé fatto da e per sè o d'una caramella data a un bimbo non meraviglia che la gente tifi per l'evasore e non per i tutori della legge. Questi magari sono convinti che sia solerzia quello che per i normali contribuenti è solo stupida arroganza, odiosa soperchieria.
Con questi autogol lo Stato chiede inutilmente la collaborazione dei cittadini: nessuna persona onesta se la sente di essere complice dello Stato-oppressore contro l'evasore-vittima. Se lo Stato appare come rapinatore il cittadino sta col rapinato, pensando che la prossima volta potrebbe toccare a lui. Se lo stato è diffidente dei cittadini i cittadini sono diffidenti dello stato, se li considera sempre e comunque disonesti tanto vale esserlo davvero.
Se il prof. Monti vuole cittadini rispettosi dello stato cominci a creare uno stato rispettoso dei cittadini, se vuole infondere nei cittadini il senso del dovere civico cominci coll'infondere allo stato il senso del dovere verso i cittadini.
Si dovrebbe pensare "noi siamo lo stato", ma non è così quando si percepisce che lo stato non è per noi ma contro di noi, che non agisce nel nostro interesse ma in quello di altri: quando lo stato sanziona chi si fa un caffè o manda in galera chi si difende dalle rapine e indennizza i rapinatori (anche questo è successo) la percezione è netta.
Per essere credibili quando si aizzano i cittadini contro "gli evasori che rubano ai concittadini" bisognerebbe non essere sospettati di rubare. Pretendere troppe imposte conservando privilegi a sè stessi e alla propria casta o per sprecarle inutilmente non pare molto dissimile dal rubare vero e proprio che talvolta capita.
Per avere la fiducia degli onesti non si dovrebbe essere disonesti.
Non mi pare tanto onesto non aggiornare limiti di reddito fissati 20 anni fa, ai tempi della lira e non dell'euro, dell'indice del costo della vita a 100 e non a 150 e non mi pare onesto negare alla famiglia le detrazioni spettanti a un membro incapiente o comunque negare a chi non ha abbastanza reddito le agevolazioni concesse ai capienti.
E non mi pare onesto che le regole siano tali da obbligare un normale cittadino a rivolgersi con un costo aggiuntivo a commecialisti o CAF: tutta la macchina fiscale sembra fatta per premiare i furbi e punire gli ingenui, i primi riescono a pagare meno tributi mentre i secondi spesso ne pagano di più per non rischiare inique sanzioni in caso di errore.
Se poi capitano casi non infrequenti di persone pesantemente multate per non avere lo scontrino d'un bicchiere d'acqua di rubinetto o d'un caffé fatto da e per sè o d'una caramella data a un bimbo non meraviglia che la gente tifi per l'evasore e non per i tutori della legge. Questi magari sono convinti che sia solerzia quello che per i normali contribuenti è solo stupida arroganza, odiosa soperchieria.
Con questi autogol lo Stato chiede inutilmente la collaborazione dei cittadini: nessuna persona onesta se la sente di essere complice dello Stato-oppressore contro l'evasore-vittima. Se lo Stato appare come rapinatore il cittadino sta col rapinato, pensando che la prossima volta potrebbe toccare a lui. Se lo stato è diffidente dei cittadini i cittadini sono diffidenti dello stato, se li considera sempre e comunque disonesti tanto vale esserlo davvero.
Se il prof. Monti vuole cittadini rispettosi dello stato cominci a creare uno stato rispettoso dei cittadini, se vuole infondere nei cittadini il senso del dovere civico cominci coll'infondere allo stato il senso del dovere verso i cittadini.
Si dovrebbe pensare "noi siamo lo stato", ma non è così quando si percepisce che lo stato non è per noi ma contro di noi, che non agisce nel nostro interesse ma in quello di altri: quando lo stato sanziona chi si fa un caffè o manda in galera chi si difende dalle rapine e indennizza i rapinatori (anche questo è successo) la percezione è netta.
giovedì 9 agosto 2012
E se si facesse il contrario?
Non so di società calcistiche che facciano pagare l'ingresso alle partite a chi ha già pagato l'abbonamento e facciano entrare gratis chi non l'ha pagato. Lo stato invece fa questo: chi ha dichiarato più reddito e pagato quindi più imposte deve pagare più tasse, chi ha dichiarato meno reddito e pagato meno imposte paga meno tasse. E se si facesse il contrario? Se per pagare meno o punto tasse anzichè dichiarare di avere un reddito inferiore a X si dovesse portare la denuncia dei redditi e dimostrare che si è già pagato imposta per più di Y? Si dice che non si devono fornire servizi gratis ai ricchi, che devono pagarseli e si dice anche che i ricchi sono una piccola minoranza nel paese: non sarà facendo pagare le prestazioni sanitarie a questa piccola minoranza che si risolvono i problemi della sanità italiana, tanto più che magari chi può permetterselo preferisce rivolgersi altrove. Forse sarebbe meglio e più semplice razionalizzare le spese, adeguare le imposte e fornire i servizi a tutti alle stesse condizioni. Oppure si fa entrare chi ha l'abbonamento e chi non l'ha paga il biglietto, si forniscono servizi a chi ha pagato le imposte e chi non le ha pagate paga una tassa o la pagherà quando potrà. Qualcuno magari nella denuncia dei redditi dichiarerà importi non percepiti e la guardia di finanza continuerà a dar la caccia ai furbetti, obbligandoli a pagare meno imposte (e più tasse).
Nota - La tassa, nell'ordinamento tributario italiano, è una somma dovuta dai privati cittadini allo stato e si differenzia dall'imposta in quanto applicata secondo il principio della controprestazione: essa cioè è legata a un pagamento di una somma di denaro, dovuta da un soggetto quale corrispettivo per la prestazione a suo favore di un servizio pubblico offerto da parte di un ente pubblico.
VEDI
Nota - La tassa, nell'ordinamento tributario italiano, è una somma dovuta dai privati cittadini allo stato e si differenzia dall'imposta in quanto applicata secondo il principio della controprestazione: essa cioè è legata a un pagamento di una somma di denaro, dovuta da un soggetto quale corrispettivo per la prestazione a suo favore di un servizio pubblico offerto da parte di un ente pubblico.
VEDI
domenica 5 agosto 2012
Regole
Vale questa regola: se è impossibile fare la cosa giusta, fare la cosa sbagliata più semplice.
Sbagliato per sbagliato non vale la pena complicarsi la vita.
Se le regole sono tanto complicate che è quasi impossibile osservarle, meglio ignorarle sapendo che comunque si faccia si sbaglia. Con una specie di terrorismo fiscale le occasioni non possono mancare per sanzionare una qualche infrazione: probabilmente nemmeno il più bravo degli agenti delle entrate o delle guardie di finanza può essere sicuro di passare un anno o un mese senza commetterne una.
Dicono che devono sempre essere emessi gli scontrini, ma in 50 anni mai una volta che chi vende carburante per auto me l' abbia dato. Probabilmente non sono tenuti a farlo e io non l'ho mai preteso né sono andato a leggermi tutto il corpus legis per accertarmi che così sia. D'accordo, ignorantia legis non excusat: ma voglio vivere la mia vita e non passarne mezza alla ricerca di una norma che dica una cosa e l'altra mezza ad accertarmi che non ce ne sia una che dica il contrario. Il modo più semplice di sbagliare è pensare che chi non mi dà scontrino lo fa perché sa di non doverlo dare, ritenendo che uno che fa un lavoro lo sappia fare a norma di legge. E così se in spiaggia, per strada o al mercato marocchini, cinesi, senegalesi mai mi danno scontrino penso che godano di extraterritorialità e ne siano esentati: di chiederlo non ci penso nemmeno, anche perché non saprei in quale lingua farlo, quasi sicuramente in una che non conosco e capisco. Nemmeno i venditori di prodotti agricoli del circondario o della regione confinante danno ricevuta e io non la chiedo per non sentirmi rispondere che non è dovuta e accertare se dicono il vero o il falso. Sicuramente alla regola "dare sempre ricevuta" esistono eccezioni che io ignoro e do per scontato che invece quelli delle categorie interessate conoscano e rispettino fedelmente. Tempo fa sentii dire che per certe categorie lo scontrino non era più dovuto, ma non so quali fossero queste categorie, se la voce era solo una voce, se é una norma vigente, se è mai esistita o è stata abrogata: sbagliato per sbagliato io mi fido di chi fa il suo mestiere. Quando mi danno lo scontrino lo conservo (da almeno 15 anni li tengo tutti infililati, mese per mese) e talvolta leggo "non valido ai fini fiscali": e allora, perché me lo danno? Probabilmente in paesi come Spagna e Portogallo dove regolarmente segnalano con l'accento tonico l'eccezioni alla regola di pronuncia (in Francia non hanno eccezioni ma indicano sempre le é e le è) se esistessero eccezioni alla regola "tutti devono emettere lo scontrino" lo segnalerebbero con l'obbligo per gli esenti di esporre un cartello "lo scontrino non è dovuto". Da noi invece le eccezioni non sono segnalate e io continuo ignorare se esistono veramente, a non chiedere scontrino o a dire Carcàre e Mallàre se non mi dicono che si dice Càrcare e Màllare. Io credo che questa ambiguità non sia involontaria, anzi serva allo scopo di terrorizzare i contribuenti come con le Strafexpedition della guardia di finanza.
Sbagliato per sbagliato non vale la pena complicarsi la vita.
Se le regole sono tanto complicate che è quasi impossibile osservarle, meglio ignorarle sapendo che comunque si faccia si sbaglia. Con una specie di terrorismo fiscale le occasioni non possono mancare per sanzionare una qualche infrazione: probabilmente nemmeno il più bravo degli agenti delle entrate o delle guardie di finanza può essere sicuro di passare un anno o un mese senza commetterne una.
Dicono che devono sempre essere emessi gli scontrini, ma in 50 anni mai una volta che chi vende carburante per auto me l' abbia dato. Probabilmente non sono tenuti a farlo e io non l'ho mai preteso né sono andato a leggermi tutto il corpus legis per accertarmi che così sia. D'accordo, ignorantia legis non excusat: ma voglio vivere la mia vita e non passarne mezza alla ricerca di una norma che dica una cosa e l'altra mezza ad accertarmi che non ce ne sia una che dica il contrario. Il modo più semplice di sbagliare è pensare che chi non mi dà scontrino lo fa perché sa di non doverlo dare, ritenendo che uno che fa un lavoro lo sappia fare a norma di legge. E così se in spiaggia, per strada o al mercato marocchini, cinesi, senegalesi mai mi danno scontrino penso che godano di extraterritorialità e ne siano esentati: di chiederlo non ci penso nemmeno, anche perché non saprei in quale lingua farlo, quasi sicuramente in una che non conosco e capisco. Nemmeno i venditori di prodotti agricoli del circondario o della regione confinante danno ricevuta e io non la chiedo per non sentirmi rispondere che non è dovuta e accertare se dicono il vero o il falso. Sicuramente alla regola "dare sempre ricevuta" esistono eccezioni che io ignoro e do per scontato che invece quelli delle categorie interessate conoscano e rispettino fedelmente. Tempo fa sentii dire che per certe categorie lo scontrino non era più dovuto, ma non so quali fossero queste categorie, se la voce era solo una voce, se é una norma vigente, se è mai esistita o è stata abrogata: sbagliato per sbagliato io mi fido di chi fa il suo mestiere. Quando mi danno lo scontrino lo conservo (da almeno 15 anni li tengo tutti infililati, mese per mese) e talvolta leggo "non valido ai fini fiscali": e allora, perché me lo danno? Probabilmente in paesi come Spagna e Portogallo dove regolarmente segnalano con l'accento tonico l'eccezioni alla regola di pronuncia (in Francia non hanno eccezioni ma indicano sempre le é e le è) se esistessero eccezioni alla regola "tutti devono emettere lo scontrino" lo segnalerebbero con l'obbligo per gli esenti di esporre un cartello "lo scontrino non è dovuto". Da noi invece le eccezioni non sono segnalate e io continuo ignorare se esistono veramente, a non chiedere scontrino o a dire Carcàre e Mallàre se non mi dicono che si dice Càrcare e Màllare. Io credo che questa ambiguità non sia involontaria, anzi serva allo scopo di terrorizzare i contribuenti come con le Strafexpedition della guardia di finanza.
giovedì 2 agosto 2012
Vanto e vantaggio
C'è gente che non osa mostrarsi nuda, altra che ama esibirsi; c'è gente che non vuole si sappia che beve o fuma troppo, altra che se ne vanta; c'è gente che si vergogna di certe cose e altra che di quelle stesse cose va orgogliosa, sinceramente o pretestuosamente, per vanto o per vantaggio. C'è chi si vanta di essere un bravo ladro, chi di evadere le tasse, chi di tradire il coniuge e chi di essere tradito. C'è chi si vanta di essere eccezionale, di non seguire la fondamentale regola di natura per la conservazione della specie e vuole che tutti lo sappiano, vuole che dai documenti anagrafici risulti che è frocio o lesbica, vuole financo il "matrimonio" (che non avendo alcuna possibilità naturale di creare una madre magari dovrebbe essere detto "seximonio"(1)) e rivendica il diritto ad avere "figli", delegando il dovere di fabbricarli all'umanità meno evoluta, alla gente ordinaria.
Ma ben venga il riconoscimento delle coppie di fatto: forse non servirà ai matrimoni di fatto che di fatto vogliono evitare le conseguenze del matrimonio regolamentato, potrebbe invece servire a chi è regolarmente sposato ma, a suo danno, è come se non lo fosse.
Oggi due persone sposate e conviventi da oltre 50 anni sono sempre considerate "famiglia" quando si tratta di sommare i redditi per escluderli da benefici fiscali o previdenziali, ma non sempre sono considerati "famiglia" per potere beneficiare delle esenzioni delle spese sostenute o per pagare un unico canone RAI: chiederanno di essere riconosciuti come coppia di fatto e potranno avere i vantaggi che sicuramente le coppie omosessuali con le loro mobilitazioni otterranno.
------
(1) La parola matrimonio deriva dal latino matrimonium, ossia dall'unione di due parole latine, mater, madre, genitrice e munus, compito, dovere; il matrimonium era nel diritto romano un "compito della madre", intendendosi il matrimonio come un legame che rendeva legittimi i figli nati dall' unione. Analogamente la parola patrimonium indicava il "compito del padre" di provvedere al sostentamento della famiglia.
(da VEDI)
Ma ben venga il riconoscimento delle coppie di fatto: forse non servirà ai matrimoni di fatto che di fatto vogliono evitare le conseguenze del matrimonio regolamentato, potrebbe invece servire a chi è regolarmente sposato ma, a suo danno, è come se non lo fosse.
Oggi due persone sposate e conviventi da oltre 50 anni sono sempre considerate "famiglia" quando si tratta di sommare i redditi per escluderli da benefici fiscali o previdenziali, ma non sempre sono considerati "famiglia" per potere beneficiare delle esenzioni delle spese sostenute o per pagare un unico canone RAI: chiederanno di essere riconosciuti come coppia di fatto e potranno avere i vantaggi che sicuramente le coppie omosessuali con le loro mobilitazioni otterranno.
------
(1) La parola matrimonio deriva dal latino matrimonium, ossia dall'unione di due parole latine, mater, madre, genitrice e munus, compito, dovere; il matrimonium era nel diritto romano un "compito della madre", intendendosi il matrimonio come un legame che rendeva legittimi i figli nati dall' unione. Analogamente la parola patrimonium indicava il "compito del padre" di provvedere al sostentamento della famiglia.
(da VEDI)
mercoledì 1 agosto 2012
I colpevoli
Se un negozio insiste a voler guadagnare troppo i clienti se ne vanno e chi resta paga la merce sempre più cara, se una gazzella sfugge al leone un'altra finisce per essere divorata, se uno non si lascia rapinare viene rapinato qualcun altro, se uno non paga le imposte altri le pagano maggiorate.
Il cliente che paga prezzi più alti dovrebbe dare la colpa a quelli che li evitano, la gazzella divorata a quella sfuggita, il rapinato a chi non si lascia rapinare così come chi paga troppe imposte da la colpa a chi non le paga. Io non posso non pagare le imposte e ovviamente vorrei che tutti le pagassero. Ma se anche potessi avrei difficoltà morale a non pagarle. Questa difficoltà un tempo assoluta lo diventa sempre meno: se lo stato si comporta come il negozio o il leone o il rapinatore capisco il cittadfino che si comporta di conseguenza.
Io vorrei essere onesto con lo Stato (inteso in tutte le sue componenti) ma vorrei che lo Stato fosse onesto con me. La caterva di norme fiscali spesso ambigue sembra fatta apposta per favorire i furbi e danneggiare gli onesti. Pagare il giusto non è un'impresa semplice: si rischia di pagare ingiustamente di più o di pagare involontariamente di meno, essere sanzionati e alla fine pagare di più ed essere considerati "dichiaranti infedeli", ossia disonesti evasori. Molti allora possono pensare che conviene pagare volontariamente di meno, un vantaggioso rischio calcolato.
Il cittadino deve sentire il dovere di pagare i servizi forniti dalla Stato, ma lo Stato (e chi lo rappresenta) deve sentire il dovere di fornire servizi adeguati e senza sprechi. Se così non è non ha assolutamente l'autorità morale per condannare chi evade le imposte: prima di chiedere onestà agli altri deve essere onesto.
Anche il cittadino più civico pur pagando le tasse le paga con rabbia se considera che metà del suo lavoro è per sè e metà va allo Stato e mentre a lui restano si e no 1000 euro al mese scopre che dirigenti statali non si accontentano di 1000 euro al giorno, quanto meritati si vede da com'è l'Italia.
Con rabbia paga il canone RAI pensando a stipendi e cachet milionari (in euro), pensando agli sprechi con risultati discutibili e con più rabbia quando si pretendendono due canoni da chi già ne paga uno mentre un utente su due non ne paga nessuno.
Fa bene Monti a dichiarare guerra agli evasori, ma se paghiamo così tanto non è solo perché ci sono tanti evasori: se pagassero tutti si troverebbe sempre il modo di spendere tutto. È normale che lui voglia che tutti paghino tanto, lui ne beneficia e gli servono per governare. Peccato che i soldi dei cittadini servano anche per mantenere privilegi e sprechi: sarebbe meglio abolire questi prima di chiedere ulteriori sacrifici a chi non ha privilegi e non può sprecare.
Forse è vero che se non ci fossero evasori si pagherebbero meno imposte, ma è sicuramente vero che si pagherebbero comunque meno imposte se i governi avessero la diligenza del buon pater familias e forse ci sarebbero anche meno evasori.
Il cliente che paga prezzi più alti dovrebbe dare la colpa a quelli che li evitano, la gazzella divorata a quella sfuggita, il rapinato a chi non si lascia rapinare così come chi paga troppe imposte da la colpa a chi non le paga. Io non posso non pagare le imposte e ovviamente vorrei che tutti le pagassero. Ma se anche potessi avrei difficoltà morale a non pagarle. Questa difficoltà un tempo assoluta lo diventa sempre meno: se lo stato si comporta come il negozio o il leone o il rapinatore capisco il cittadfino che si comporta di conseguenza.
Io vorrei essere onesto con lo Stato (inteso in tutte le sue componenti) ma vorrei che lo Stato fosse onesto con me. La caterva di norme fiscali spesso ambigue sembra fatta apposta per favorire i furbi e danneggiare gli onesti. Pagare il giusto non è un'impresa semplice: si rischia di pagare ingiustamente di più o di pagare involontariamente di meno, essere sanzionati e alla fine pagare di più ed essere considerati "dichiaranti infedeli", ossia disonesti evasori. Molti allora possono pensare che conviene pagare volontariamente di meno, un vantaggioso rischio calcolato.
Il cittadino deve sentire il dovere di pagare i servizi forniti dalla Stato, ma lo Stato (e chi lo rappresenta) deve sentire il dovere di fornire servizi adeguati e senza sprechi. Se così non è non ha assolutamente l'autorità morale per condannare chi evade le imposte: prima di chiedere onestà agli altri deve essere onesto.
Anche il cittadino più civico pur pagando le tasse le paga con rabbia se considera che metà del suo lavoro è per sè e metà va allo Stato e mentre a lui restano si e no 1000 euro al mese scopre che dirigenti statali non si accontentano di 1000 euro al giorno, quanto meritati si vede da com'è l'Italia.
Con rabbia paga il canone RAI pensando a stipendi e cachet milionari (in euro), pensando agli sprechi con risultati discutibili e con più rabbia quando si pretendendono due canoni da chi già ne paga uno mentre un utente su due non ne paga nessuno.
Fa bene Monti a dichiarare guerra agli evasori, ma se paghiamo così tanto non è solo perché ci sono tanti evasori: se pagassero tutti si troverebbe sempre il modo di spendere tutto. È normale che lui voglia che tutti paghino tanto, lui ne beneficia e gli servono per governare. Peccato che i soldi dei cittadini servano anche per mantenere privilegi e sprechi: sarebbe meglio abolire questi prima di chiedere ulteriori sacrifici a chi non ha privilegi e non può sprecare.
Forse è vero che se non ci fossero evasori si pagherebbero meno imposte, ma è sicuramente vero che si pagherebbero comunque meno imposte se i governi avessero la diligenza del buon pater familias e forse ci sarebbero anche meno evasori.
Iscriviti a:
Post (Atom)