venerdì 29 luglio 2011

La trappola.

Talvolta credo che la normativa fiscale italiana sia pensata come una grande trappola nella quale far cadere gli ingenui permettendo ai furbi di evitarla. Non sempre. Nella trappola Amato probabilmente ci sono caduti quasi tutti, ma resta fra le pensate più inique: un'imposta aleatoria, più o meno alta a seconda se il giorno prima sul c/c si erano fatti versamenti o prelevamenti e tuttora mi chiedo cosa avranno mai fatto quel giorno il signor Giuliano e i suoi parenti o amici. 
Ho spesso l'impressione che le norme non siano fatte per essere rispettate da tutti ma fatte in modo tale che chi le vuole rispettare incappi sempre in qualche involontario errore e possa essere per questo sanzionato mentre chi invece le vuole evadere possa sempre trovare la scappatoia volutamente o no lasciata dal legislatore.
Prendiamo per esempio la norma sulle tasse sanitarie (ticket). Ne sono esenti i bambini fino a 6 anni e gli anziani oltre i 65 con redditi familiari sotto i 36.150 euro annui. A parte l'evidente iniquità di non considerare il  numero dei componenti della famiglia (non si può certo affermare che a parità di reddito complessivo il tenore di vita può essere lo stesso in famiglie di 1, 2 o 5 persone), tale limite è immutato da 18 anni. Può capitare che inizialmente uno verifichi se il reddito della famiglia superi tale limite. Costatando che è ben al di sotto, se negli anni seguenti non succede niente di nuovo, se il suo tenore di vita non migliora o se peggiora, poi non pensa nemmeno di controllare se continua ad esserlo. Nel caso di figli  può essere raro che non si controlli: si è giovani, si può avere un aumento di stipendio contrattuale o ad personam, si può trovare un altro lavoro o tornare a lavorare e altro. Nel caso di pensionati difficilmente ci sono queste varianti: se si vive della sola pensione e questa basta sempre meno, magari nemmeno si pensa che anno dopo anno essa aumenta, di poco ma aumenta e, restando immutato il limite, alla fine lo raggiunge mentre si continua ad essere convinti di avere diritto all'esenzione. E si cade nella trappola, e si viene sanzionati.
Se l'obiettivo non fosse questo basterebbe non chiedere l'autodichiarazione. Tutti i cittadini italiani hanno il loro bravo codice fiscale fin dalla nascita: 3 caratteri per il cognome, 3 per il nome, 5 per la data di nascita, 4 per il comune di nascita, 1 per controllo. Sedici caratteri che ti identificano e che finiscono ovunque: in base a questi lo Stato (ossia Agenzia delle Entrate, Servizio Sanitario, Regione, Comune, ecc. secondo competenza) sa o può sapere tutto quello che riguarda un cittadino e sa o dovrebbe sapere quale entrate e uscite considerare per diritti o doveri.  Bastano, credo, buoni programmi (software), collegamenti in rete, buone norme per evitare abusi e farle rispettare e tutto potrebbe funzionare presto, bene, anonimamente e automaticamente, salvo documentate rettifiche. Questo non ci salverebbe da norme inique, ma volendo, anche queste potrebbero essere meglio graduate, senza bruschi passaggi dal tutto a niente per piccole differenze di reddito.

Perchè chiedere ad un cittadino una dichiarazione che potrebbe essere "infedele", non per sua volontà ma per l'intricata selva di norme che deve e non riesce a conoscere, quando si può sapere tutto prima, con la stessa precisione e competenza che si ha contestandola dopo? Mi viene naturale pensare che sia per farlo cadere nella trappola e poterlo sanzionare o per il sadico gusto di complicargli la vita.


Wikio

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