sabato 4 aprile 2020
Quarantena
Anche se fuori c'è un sole invitante, ubbidendo a uno dei tanti DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, cioé di chi è solitamente detto Premier o Presidente del Consiglio o Giuseppe Conte o Conte o anche Giuseppi) e agli infiniti inviti (raccomandazioni o precetti) televisivi me ne resto chiuso in casa, per il bene comune e mio. E così faccio da un mese e più.
In uno di questi ultimi giorni ho pensato di fare una fugassa ripescando la ricetta da me scritta nel 1984 a imitazione di quella mai saputa di mia suocera. Non lo facevo da oltre cinque anni, cioè da quando, secondo mia moglie, era fra i cibi sconsigliatemi dai medici.
Ma visto che in casa avevo tutti gli ingredienti necessari ho fatto due "fugasse". Non "focacce" alla ligure (fugasse, in ligure), ma "fugasse" alla veneta.
C'è stato qualche problema: mia figlia al supermercato non aveva trovato né farina né lievito, il forno non ha più il termostato funzionante da almeno 20 anni e io non sono più allenato come un tempo a fare fugasse, strudel, krapfen. Ma di farina bianca ce n'era più di un kg, un cubetto di lievito di birra era nel congelatore da qualche mese, il telefonino ha il timer e non ho perso del tutto la "manina".
E così ho fatto quanto dovevo usando tutto il tempo necessario a impastarla e farla lievitare. Per la cottura ho regolato la temperatura col timer: 5 minuti acceso e 5 minuti spento. Peccato che a metà cottura rispondendo a una telefonata di mio figlio e ho perso un po' i conti.
È venuta così: sembra un po' bruciacchiata ma vi assicuro che era ottima, anche a parere di moglie e figlia.
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