Indennità
La Ministra Rosy Bindi, richiesta di quanto percepiscono i parlamentari, dice:"5000 euro mensili come indennità personale e il resto (quanto?) è rimborso spese per far bene politica. 5000 euro sono più degli 800 di un precario o dei 450 di un pensionato, ma pari allo stipendio di molti dirigenti pubblici e privati e meno di tanti altri". Evidentemente, sebbene spesso dicano di lavorare per il bene del Paese, i politici lavorano principalmente per la propria carriera professionale; se così non fosse si accontenterebbero di uno stipendio decente per il tempo limitato che sono disposti a dedicare al bene comune, non rimettondoci e non guadagnandoci. In realtà possono sempre trovare qualcuno con stipendio più alto con cui confrontare il proprio e giustificare quello e questo. Dicono che se così non fosse la politica sarebbe appannaggio dei soli ricchi. E'vero il contrario: se gli stipendi fossero più bassi sarebbero appetibili dalle persone con basso reddito ma non da quelle con reddito più elevato, un male nel caso che "reddito" sia sinonimo di "capacità".
Per quanto riguarda i dirigenti privati sono affari privati e le aziende che pagano troppo o inutilmente rischiano il fallimento. In ogni caso sono le aziende a fissare i limiti accettabili. Per i dirigenti pubblici, magistrati, parlamentari eccetera, il comune cittadino che li paga ha poca voce in capitolo sia sulla misura dello stipendio che sull'efficienza del servizio. Nessuna azienda pagherebbe i suoi dirigenti più di quanto le sia possibile e l'aumento di stipendio avviene solo quando aumentano gli utili per l'azienda. Analogalmente gli aumenti ai dipendenti pubblici dovrebbero avvenire solo come conseguenza dell'aumento degli "utili" ottenuti dai contribuenti. Nessun aumento se non vi è stato aumento per gli "azionisti": se non ci sono soldi per aumentare le disponibilità dei cittadini comuni o il loro benessere non devono esserci per i dirigenti pubblici, perchè evidentemente non hanno fatto bene il loro lavoro.
Sulle indennità personali, dice la signora, si può comunque discutere, ma i rimborsi "per far bene la politica" sono irrinunciabili. A questo punto non capisco a cosa serve dare soldi pubblici ai partiti, ai giornali di partito, ai clienti di partito se i politici già godono di molti benefici (benefit) o privilegi e di rimborso delle spese "politiche". Ben venga la proposta che questo non sia in maniera eguale e forfettaria per attivi e cattivi ma a "piè di lista", in modo chiaro e giustificato. Ma la proposta non basta.
Per quanto riguarda i dirigenti privati sono affari privati e le aziende che pagano troppo o inutilmente rischiano il fallimento. In ogni caso sono le aziende a fissare i limiti accettabili. Per i dirigenti pubblici, magistrati, parlamentari eccetera, il comune cittadino che li paga ha poca voce in capitolo sia sulla misura dello stipendio che sull'efficienza del servizio. Nessuna azienda pagherebbe i suoi dirigenti più di quanto le sia possibile e l'aumento di stipendio avviene solo quando aumentano gli utili per l'azienda. Analogalmente gli aumenti ai dipendenti pubblici dovrebbero avvenire solo come conseguenza dell'aumento degli "utili" ottenuti dai contribuenti. Nessun aumento se non vi è stato aumento per gli "azionisti": se non ci sono soldi per aumentare le disponibilità dei cittadini comuni o il loro benessere non devono esserci per i dirigenti pubblici, perchè evidentemente non hanno fatto bene il loro lavoro.
Sulle indennità personali, dice la signora, si può comunque discutere, ma i rimborsi "per far bene la politica" sono irrinunciabili. A questo punto non capisco a cosa serve dare soldi pubblici ai partiti, ai giornali di partito, ai clienti di partito se i politici già godono di molti benefici (benefit) o privilegi e di rimborso delle spese "politiche". Ben venga la proposta che questo non sia in maniera eguale e forfettaria per attivi e cattivi ma a "piè di lista", in modo chiaro e giustificato. Ma la proposta non basta.
Pensieri sul Fisco
Torno su un argomento che volevo considerare chiuso.
Imposte e Tasse. Si sa che le tasse vanno pagate per godere di uno specifico servizio mentre le imposte sono dovute indipendentemente da una effettiva usufruzione; teoricamente le tasse sono in qualche modo volontarie, le "imposte" sono imposte. Quanto più l'imposizione è collegabile e congrua ai servizi forniti in cambio, tanto più è capita e accettata. Anche se mai si abbisognasse di forza pubblica, giustizia, sanità, scuola, politica, eccetera, sapere che all'occorrenza questi servizi verrebbero forniti efficientemente rende del tutto giustificato il pagamento di giuste imposte, per la possibilità di averli. In caso contrario l'imposizione è percepita come un sopruso. Per norma costituzionale il tributo è progressivo, cioè se il reddito di A è il doppio di quello di B, A paga più del doppio di imposta. Lo strano è che più imposte uno paga meno ha diritto ai servizi che sono forniti grazie ad esse; alla progressività dell'imposte si aggiunge quella delle tasse e chi evade le prime viene premiato con una riduzione delle seconde. Sarebbe più semplice, meno iniquo e meno costoso se, una volta fatte pagare adeguatamente le imposte, i servizi fossero forniti a tutti i cittadini alle stesse condizioni, anche a chi grazie al suo reddito mai avrà occasione di utilizzarli. Le risorse disperse per gestire tassazioni e esenzioni potrebbero concentrarsi sulle imposte: più semplice e pratico, ma meno damagogico.
L'apparato statale. L'apparato statale per una parte degli italiani è una vacca da nutrire, per un'altra parte è una vacca da mungere, una terza parte è la vacca. Chi la nutre pensa che potrebbe mangiare di meno o non esserci, chi la munge pretende che sia ben nutrita e la vacca è d'accordo con i mungitori.
Contribuenti.
Lavoratori dipendenti. Si dice che sono gli unici contribuenti onesti. In realtà chi lavora "in nero", volente o meno, evade le imposte. Del lavoratore cui viene trattenuta regolarmente l'IRPEF si dice che è un contribuente onesto, se invece questo non avviene è il datore di lavoro che evade il fisco. Capita però che qualche lavoratore accetti di fare straordinario solo a condizione che non sia gravato d'imposta, capita che sia il lavoratore a richiedere di lavorare in nero. Non saranno grandi evasori, ma, nel lor piccolo sono evasori: forse vittime, fose colpevoli, forse complici.
Non è detto poi che chi lavora in aziende serie che mai acconsentirebbero a non effetturare le regolari ritenute sia del tutto onesto. Ci saranno senz'altro lavoratori dipendenti che mai hanno comprato qualcosa da venditori illegali, mai hanno dato soldi a qualcuno senza regolare fattura o scontrino, mai hanno ricevuto somme senza assoggettarle a imposta; ma ce ne sono altri che così non si sono comportati, magari in buona fede, magari perchè non è sempre facile osservare norme complicate, contradditorie, ambigue, magari perchè non se la sentono di inimicarsi il fornitore, magari andando a "lucciole".
Negozianti.
Godono fama di essere capaci evasori, cittadini disonesti. In realtà non sempre rilasciano lo scontrino ma se fossero gli unici disonesti, se gli onesti rifiutassero di servirsi da chi non dà lo scontrino, finirebbero per vendersi le merci fra di loro. Il problema non è che tutti i commercianti evadono le imposte, ma che non tutti le pagano nella misura dovuta; il che finisce per favorire i più disonesti. Se non fosse per rispetto del principio che le norme devono valere per tutti, che la legalità deve essere fatta rispettare da tutti, è pressocchè indifferente che tutti i negozianti paghino le imposte o che non le paghi nessuno, alla fine a pagare effettivamente è solo chi non può rivalersi dei maggiori costi. Valga quale esempio quanto è accaduto con l'introduzione dell'euro, quando i nuovi importi si sono ottenuti dividendo gli stipendi per 1936.27 e i prezzi di molte merci per circa 1000: in pratica tutti hanno aumentato il prezzo e il cliente l'ha accettato. Chi aveva concordato il cambio ufficiale sostiene che è tutta colpa del governo seguente non avere impedito ai disonesti di approffittarne: giudizio che sembra conservare una residua mentalità non liberista e ignorare che anche le Coop amiche praticano prezzi non molto diversi da quelli dei concorrenti. Se tutti i negozianti pagassero le imposte, senza la concorrenza sleale di chi non le paga non rinuncerebbero a scaricarne il costo sui clienti, i quali pagherebbero forse meno imposte ma sicuramente di più per gli acquisti. Il contrario succederebbe se tutti non pagassero le imposte, con fattori invertiti e totale invariato ma con evidente danno per l'immagine di equità e legalità.
Credo che, escludendo i venditori immigrati abusivi, almeno dove vivo siano pochi coloro che non pagano le tasse per servizi o diritti e che siano molti di più quelli che non rilasciano scontrino, ma ignoro se siano tutti tenuti a farlo o se vi siano categorie esentate. In ogni caso non mi pare una via percorribile richiedere ai clienti di boicottare gli evasori: anche se l'ignoranza suddetta fosse solo mia, anche se l'onestà fiscale fosse di tutti i clienti, credo che chi non ha cambiato fornitore per evitare aumenti di prezzo che lo colpivano direttamente non lo farebbe per senso civico e ipotetica maggiore equità. Imporre ai cittadini di richiedere la ricevuta sotto pena di sanzioni mi sembra ingiusto e vessatorio; sanzionare, com'è successo, chi non emette scontrino per una caramella regalata a un bimbo o fa una vendemmia con gli amici rende odioso e ridicolo il sistema e alimenta il sospetto che esso si occupi di piccole cose trascurando quelle importanti, sia forte con i deboli e magari corruttibile con i forti. Invece di usare solo bastone e minacce, potrebbe essere anche opportuno rendere in qualche modo conveniente l'onesta denuncia del reddito: se invece di far pagare più tasse, a chi più ha già pagato d'imposta si concedessero più benefici (facilitazione di accesso ai mutui, concessione di licenze o qualsiasi altra cosa gli esperti possano suggerire) sarebbe meno conveniente la falsa denuncia.
Liberi professionisti.
Sono i più accreditati fra gli evasori, salvo per la parte assimilabile a lavoro dipendente. Penso sia capitato a chiunque di sentirsi dire che la prestazione costa 100 e 120 con IVA, con facoltà di scelta più o meno esplicita. La risposta sarebbe ovvia se la spesa fosse detraibile dal reddito: pago 120 invece di 100, ma avrò meno IRPEF per 20. Io sono onesto, il fisco ci guadagna l' IVA e sicuramente più di 20 di IRPEF dal professionista che considerando le imposte nel calcolo di 100 non ci rimette niente, non ci sarà evasione fiscale e vivremmo in un paese come altri in cui solo delinquenti non pagano le imposte dovute. Per motivi che ignoro, ma che forse potrei immaginare, così non è e il cliente si trova a scegliere. Se è assolutamente onesto e disposto a pagare di più di tanti altri sceglierà 120. Se la sua onestà è pari a quella del professionista vorrà partecipare ai suoi vantaggi e chiederà di pagare meno di 100. Se fondamentalmente è corretto e onesto ma sa che così non è il fisco con lui, avrà qualche dubbio e qualche rimorso comunque faccia.
Sportivi, artisti, aziende.
Naturalmente, potendolo fare, si stabiliscono dove meglio credono nel vasto mondo. Vasto e piccolo. Con gli attuali mezzi di comunicazione si può essere ovunque contemporaneamente in modo immateriale e nello spazio di poche ore di persona. Non vi è quindi motivo di non stabilire la propria residenza dove il clima è migliore, le spiagge più belle, il sole più caldo, la neve più soffice o il fisco meno esoso. Compete ai governi valutare il giusto appetibile equilibrio tra quello che si può avere e quello che si deve dare nel loro Stato, sapendo che "chi troppo vuole, nulla stringe".
La Legge.
Non ne capisco bene il perchè, ma sembra che ogni anno alle spese dell'anno prima si aggiungano nuove spese e conseguentemente si debbano aggiungere nuove entrate, anche se queste aumentano con l'inflazione e il PIL. E così ogni anno alle norme esistenti si aggiungono nuove norme, ogni anno per cercare di fare correttamente la denuncia dei redditi si devono leggere fascicoli sempre più voluminosi, aumenta la possibilità di sbagliare e subire sanzioni, mentre i caratteri di stampa del modulo diventano sempre più piccoli per far stare in una pagina quello che ne richiederebbe due (lo definiscono semplificare). Ma ci sono anche norme che rimangono immutate per decenni, come quelle che stabiliscono i limiti di reddito superati i quali si hanno meno benefici o maggiori aggravi o fissano importi a favore del contribuente, che di fatto diviene più povero e più tassato. Spesso non è previsto alcun criterio di gradualità, per cui se, esemplificando, con reddito 100 si paga 20 e con reddito 99 zero, chi ha lavorato e guadagnato di meno finisce con l'avere più soldi. Con quale criterio siano fissati questi limiti per me è un mistero e a volte penso che siano pensati considerando la mia situazione personale per danneggiarmi o forse quella di qualche parente di legislatori, per favorirlo. In questo caso potrei sperare che prima o poi saranno rivisti.
Per legge, il cittadino è tenuto a conoscere la legge. Cosa piuttosto complicata se non impossibile anche a chi di legge vive: probabilmente nessuno conosce TUTTE le leggi italiane. Io mi limitavo a leggere attentamente le istruzioni e cercare di applicarle. Per esempio le istruzioni del mod. 730 sembrerebbero indirizzate a persone non particolarmente esperte di diritto e prive di adeguata biblioteca fiscale. Non è così e se uno crede di capirle come capisce un testo in italiano corrente (pur usando un vocabolario inglese-italiano per quelle parole che non hanno saputo rendere nella nostra lingua) incorre in gravi errori. Per questo motivo esistono appositi enti e studi che provvedono alla compilazione anche di un semplice mod. 730. Anche le istruzioni che accompagnano le cartelle esattoriali indicano procedure del tutto diverse da quelle reali e si è quindi costretti a ricorrere all'aiuto di professionisti. A volte mi sorge il dubbio che le leggi siano fatte apposta per giustificare l'esistenza di questi enti e il loro foraggiamento o rendere indispensabile rivolgersi ai professionisti di cui sopra. Non ci si può meravigliare poi se chi va con il lupo impara a ululare.
Agenzia delle Entrate.
Sembra che fra i doveri dei cittadini non ci sia solo l'obbligo di pagare imposte e tasse, ma anche quello di farlo nel modo meno semplice. L'Agenzia delle entrate, o chi per essa, trova del tutto normale emettere cartelle esattoriali errate: per male che vada i cittadini contesteranno l'errore, produranno documenti, faranno code, protesteranno; ma se va bene pagheranno più del dovuto, sanzioni comprese. Naturalmente chi ha grossi interessi si premunisce con prove e documenti, si rivolge a fiscalisti esperti; ma il povero cristo che ritiene in tutta buonafede di non dovere al fisco qualche centinaio di euro non ha scampo. Opporsi al fisco gli costa più di quanto possa beneficiare, deve perdere mezze giornate negli uffici che talvolta trova chiusi per sciopero o assemblea, riceve informazioni incomplete, magari solo perchè chi è uso a trattare una materia pensa che gli altri abbiano la stessa famigliarità. Più il tempo passa e più è difficile rimediare a eventuali errori, il tempo gli è contro e la lentezza burocratica torna a vantaggio della burocrazia. In ogni caso sembra che se il cittadino sbaglia paga, se sbaglia il burocrate paga il cittadino, che sia più facile accanirsi contro piccoli evasori ingenui che contro grandi evasori agguerriti.
Imposte e Tasse. Si sa che le tasse vanno pagate per godere di uno specifico servizio mentre le imposte sono dovute indipendentemente da una effettiva usufruzione; teoricamente le tasse sono in qualche modo volontarie, le "imposte" sono imposte. Quanto più l'imposizione è collegabile e congrua ai servizi forniti in cambio, tanto più è capita e accettata. Anche se mai si abbisognasse di forza pubblica, giustizia, sanità, scuola, politica, eccetera, sapere che all'occorrenza questi servizi verrebbero forniti efficientemente rende del tutto giustificato il pagamento di giuste imposte, per la possibilità di averli. In caso contrario l'imposizione è percepita come un sopruso. Per norma costituzionale il tributo è progressivo, cioè se il reddito di A è il doppio di quello di B, A paga più del doppio di imposta. Lo strano è che più imposte uno paga meno ha diritto ai servizi che sono forniti grazie ad esse; alla progressività dell'imposte si aggiunge quella delle tasse e chi evade le prime viene premiato con una riduzione delle seconde. Sarebbe più semplice, meno iniquo e meno costoso se, una volta fatte pagare adeguatamente le imposte, i servizi fossero forniti a tutti i cittadini alle stesse condizioni, anche a chi grazie al suo reddito mai avrà occasione di utilizzarli. Le risorse disperse per gestire tassazioni e esenzioni potrebbero concentrarsi sulle imposte: più semplice e pratico, ma meno damagogico.
L'apparato statale. L'apparato statale per una parte degli italiani è una vacca da nutrire, per un'altra parte è una vacca da mungere, una terza parte è la vacca. Chi la nutre pensa che potrebbe mangiare di meno o non esserci, chi la munge pretende che sia ben nutrita e la vacca è d'accordo con i mungitori.
Contribuenti.
Lavoratori dipendenti. Si dice che sono gli unici contribuenti onesti. In realtà chi lavora "in nero", volente o meno, evade le imposte. Del lavoratore cui viene trattenuta regolarmente l'IRPEF si dice che è un contribuente onesto, se invece questo non avviene è il datore di lavoro che evade il fisco. Capita però che qualche lavoratore accetti di fare straordinario solo a condizione che non sia gravato d'imposta, capita che sia il lavoratore a richiedere di lavorare in nero. Non saranno grandi evasori, ma, nel lor piccolo sono evasori: forse vittime, fose colpevoli, forse complici.
Non è detto poi che chi lavora in aziende serie che mai acconsentirebbero a non effetturare le regolari ritenute sia del tutto onesto. Ci saranno senz'altro lavoratori dipendenti che mai hanno comprato qualcosa da venditori illegali, mai hanno dato soldi a qualcuno senza regolare fattura o scontrino, mai hanno ricevuto somme senza assoggettarle a imposta; ma ce ne sono altri che così non si sono comportati, magari in buona fede, magari perchè non è sempre facile osservare norme complicate, contradditorie, ambigue, magari perchè non se la sentono di inimicarsi il fornitore, magari andando a "lucciole".
Negozianti.
Godono fama di essere capaci evasori, cittadini disonesti. In realtà non sempre rilasciano lo scontrino ma se fossero gli unici disonesti, se gli onesti rifiutassero di servirsi da chi non dà lo scontrino, finirebbero per vendersi le merci fra di loro. Il problema non è che tutti i commercianti evadono le imposte, ma che non tutti le pagano nella misura dovuta; il che finisce per favorire i più disonesti. Se non fosse per rispetto del principio che le norme devono valere per tutti, che la legalità deve essere fatta rispettare da tutti, è pressocchè indifferente che tutti i negozianti paghino le imposte o che non le paghi nessuno, alla fine a pagare effettivamente è solo chi non può rivalersi dei maggiori costi. Valga quale esempio quanto è accaduto con l'introduzione dell'euro, quando i nuovi importi si sono ottenuti dividendo gli stipendi per 1936.27 e i prezzi di molte merci per circa 1000: in pratica tutti hanno aumentato il prezzo e il cliente l'ha accettato. Chi aveva concordato il cambio ufficiale sostiene che è tutta colpa del governo seguente non avere impedito ai disonesti di approffittarne: giudizio che sembra conservare una residua mentalità non liberista e ignorare che anche le Coop amiche praticano prezzi non molto diversi da quelli dei concorrenti. Se tutti i negozianti pagassero le imposte, senza la concorrenza sleale di chi non le paga non rinuncerebbero a scaricarne il costo sui clienti, i quali pagherebbero forse meno imposte ma sicuramente di più per gli acquisti. Il contrario succederebbe se tutti non pagassero le imposte, con fattori invertiti e totale invariato ma con evidente danno per l'immagine di equità e legalità.
Credo che, escludendo i venditori immigrati abusivi, almeno dove vivo siano pochi coloro che non pagano le tasse per servizi o diritti e che siano molti di più quelli che non rilasciano scontrino, ma ignoro se siano tutti tenuti a farlo o se vi siano categorie esentate. In ogni caso non mi pare una via percorribile richiedere ai clienti di boicottare gli evasori: anche se l'ignoranza suddetta fosse solo mia, anche se l'onestà fiscale fosse di tutti i clienti, credo che chi non ha cambiato fornitore per evitare aumenti di prezzo che lo colpivano direttamente non lo farebbe per senso civico e ipotetica maggiore equità. Imporre ai cittadini di richiedere la ricevuta sotto pena di sanzioni mi sembra ingiusto e vessatorio; sanzionare, com'è successo, chi non emette scontrino per una caramella regalata a un bimbo o fa una vendemmia con gli amici rende odioso e ridicolo il sistema e alimenta il sospetto che esso si occupi di piccole cose trascurando quelle importanti, sia forte con i deboli e magari corruttibile con i forti. Invece di usare solo bastone e minacce, potrebbe essere anche opportuno rendere in qualche modo conveniente l'onesta denuncia del reddito: se invece di far pagare più tasse, a chi più ha già pagato d'imposta si concedessero più benefici (facilitazione di accesso ai mutui, concessione di licenze o qualsiasi altra cosa gli esperti possano suggerire) sarebbe meno conveniente la falsa denuncia.
Liberi professionisti.
Sono i più accreditati fra gli evasori, salvo per la parte assimilabile a lavoro dipendente. Penso sia capitato a chiunque di sentirsi dire che la prestazione costa 100 e 120 con IVA, con facoltà di scelta più o meno esplicita. La risposta sarebbe ovvia se la spesa fosse detraibile dal reddito: pago 120 invece di 100, ma avrò meno IRPEF per 20. Io sono onesto, il fisco ci guadagna l' IVA e sicuramente più di 20 di IRPEF dal professionista che considerando le imposte nel calcolo di 100 non ci rimette niente, non ci sarà evasione fiscale e vivremmo in un paese come altri in cui solo delinquenti non pagano le imposte dovute. Per motivi che ignoro, ma che forse potrei immaginare, così non è e il cliente si trova a scegliere. Se è assolutamente onesto e disposto a pagare di più di tanti altri sceglierà 120. Se la sua onestà è pari a quella del professionista vorrà partecipare ai suoi vantaggi e chiederà di pagare meno di 100. Se fondamentalmente è corretto e onesto ma sa che così non è il fisco con lui, avrà qualche dubbio e qualche rimorso comunque faccia.
Sportivi, artisti, aziende.
Naturalmente, potendolo fare, si stabiliscono dove meglio credono nel vasto mondo. Vasto e piccolo. Con gli attuali mezzi di comunicazione si può essere ovunque contemporaneamente in modo immateriale e nello spazio di poche ore di persona. Non vi è quindi motivo di non stabilire la propria residenza dove il clima è migliore, le spiagge più belle, il sole più caldo, la neve più soffice o il fisco meno esoso. Compete ai governi valutare il giusto appetibile equilibrio tra quello che si può avere e quello che si deve dare nel loro Stato, sapendo che "chi troppo vuole, nulla stringe".
La Legge.
Non ne capisco bene il perchè, ma sembra che ogni anno alle spese dell'anno prima si aggiungano nuove spese e conseguentemente si debbano aggiungere nuove entrate, anche se queste aumentano con l'inflazione e il PIL. E così ogni anno alle norme esistenti si aggiungono nuove norme, ogni anno per cercare di fare correttamente la denuncia dei redditi si devono leggere fascicoli sempre più voluminosi, aumenta la possibilità di sbagliare e subire sanzioni, mentre i caratteri di stampa del modulo diventano sempre più piccoli per far stare in una pagina quello che ne richiederebbe due (lo definiscono semplificare). Ma ci sono anche norme che rimangono immutate per decenni, come quelle che stabiliscono i limiti di reddito superati i quali si hanno meno benefici o maggiori aggravi o fissano importi a favore del contribuente, che di fatto diviene più povero e più tassato. Spesso non è previsto alcun criterio di gradualità, per cui se, esemplificando, con reddito 100 si paga 20 e con reddito 99 zero, chi ha lavorato e guadagnato di meno finisce con l'avere più soldi. Con quale criterio siano fissati questi limiti per me è un mistero e a volte penso che siano pensati considerando la mia situazione personale per danneggiarmi o forse quella di qualche parente di legislatori, per favorirlo. In questo caso potrei sperare che prima o poi saranno rivisti.
Per legge, il cittadino è tenuto a conoscere la legge. Cosa piuttosto complicata se non impossibile anche a chi di legge vive: probabilmente nessuno conosce TUTTE le leggi italiane. Io mi limitavo a leggere attentamente le istruzioni e cercare di applicarle. Per esempio le istruzioni del mod. 730 sembrerebbero indirizzate a persone non particolarmente esperte di diritto e prive di adeguata biblioteca fiscale. Non è così e se uno crede di capirle come capisce un testo in italiano corrente (pur usando un vocabolario inglese-italiano per quelle parole che non hanno saputo rendere nella nostra lingua) incorre in gravi errori. Per questo motivo esistono appositi enti e studi che provvedono alla compilazione anche di un semplice mod. 730. Anche le istruzioni che accompagnano le cartelle esattoriali indicano procedure del tutto diverse da quelle reali e si è quindi costretti a ricorrere all'aiuto di professionisti. A volte mi sorge il dubbio che le leggi siano fatte apposta per giustificare l'esistenza di questi enti e il loro foraggiamento o rendere indispensabile rivolgersi ai professionisti di cui sopra. Non ci si può meravigliare poi se chi va con il lupo impara a ululare.
Agenzia delle Entrate.
Sembra che fra i doveri dei cittadini non ci sia solo l'obbligo di pagare imposte e tasse, ma anche quello di farlo nel modo meno semplice. L'Agenzia delle entrate, o chi per essa, trova del tutto normale emettere cartelle esattoriali errate: per male che vada i cittadini contesteranno l'errore, produranno documenti, faranno code, protesteranno; ma se va bene pagheranno più del dovuto, sanzioni comprese. Naturalmente chi ha grossi interessi si premunisce con prove e documenti, si rivolge a fiscalisti esperti; ma il povero cristo che ritiene in tutta buonafede di non dovere al fisco qualche centinaio di euro non ha scampo. Opporsi al fisco gli costa più di quanto possa beneficiare, deve perdere mezze giornate negli uffici che talvolta trova chiusi per sciopero o assemblea, riceve informazioni incomplete, magari solo perchè chi è uso a trattare una materia pensa che gli altri abbiano la stessa famigliarità. Più il tempo passa e più è difficile rimediare a eventuali errori, il tempo gli è contro e la lentezza burocratica torna a vantaggio della burocrazia. In ogni caso sembra che se il cittadino sbaglia paga, se sbaglia il burocrate paga il cittadino, che sia più facile accanirsi contro piccoli evasori ingenui che contro grandi evasori agguerriti.
Offerte Speciali.
1. Il ministro Nicolais propone di assumere nelle amministrazioni pubbliche un nuovo dipendente previo prepensionamento incentivato di tre dipendenti anziani. Offerta speciale ai contribuenti italiani: "paghi quattro e prendi uno", in aggiunta al tradizionale "paghi tre e prendi zero".
2. L'attuale legge elettorale non prevede voto di preferenza; col voto di preferenza si potevano "trombare" i politici inefficienti; i politici "trombati" venivano ricompensati con inutili incarichi retribuiti nei CdA delle amministrazioni pubbliche. Offerta speciale agli elettori italiani: scegli uno, paghi due e caro.
2. L'attuale legge elettorale non prevede voto di preferenza; col voto di preferenza si potevano "trombare" i politici inefficienti; i politici "trombati" venivano ricompensati con inutili incarichi retribuiti nei CdA delle amministrazioni pubbliche. Offerta speciale agli elettori italiani: scegli uno, paghi due e caro.
Legge elettorale
Sembra che i mali dell'Italia derivino tutti dalla legge elettorale. Che la maggioranza sia formata da un coacervo di partiti, che il programma di riferimento giustifichi richieste contrapposte e liti continue, che ci sia accordo solo su conservare il potere ed evitare di cederlo ad altri, che lo scarto di voti sia stato percentualmente rilevabile ricorrendo a due cifre decimali non ha alcuna rilevanza o è colpa della legge, che fra l'altro non ha consentito una solida maggioranza al Senato senza maggioranza di voti e ha abolito il voto di preferenza.
A quanto so, la diversa formazione del Senato è prevista dalla Costituzione e non mi pare che sia colpa di questa Legge se anzichè accelerare il passaggio da un bicameralismo perfetto a un sistema parlamentare più efficiente si è voluto buttar via quanto fatto in tal senso. Merito di questa legge è invece avere regalato alla maggioranza un numero supplementare di deputati, che le ha permesso non di poter governare ma di arrogarsi il diritto di comportarsi come se rappresentasse la stragrande maggioranza degli italiani, anzi la totalità con le sue beghe interne, come se non esistesse una minoranza da rispettare e ascoltare, per quanto piccola fosse.
E' sicuramente giusto che gli elettori possano scegliere nominativamente i loro rappresentanti, sebbene personalmente non abbia mai indicato preferenze, semplicemente perchè non conoscevo sufficientemente le qualità dei candidati per poterlo fare. Si dice anche che la preferenza serve a non eleggere personaggi negativi, ma in questo caso non indicarne il nome scegliendo un altro o non scegliendo alcuno è pressocchè equivalente. A quanto ricordo le liste sono sempre state formate dai partiti, non so con quali criteri, ma ero e sono convinto che tutti, una volta eletti, si comportano come gli altri e come quelli che li hanno preceduti: da "eletti", da privilegiati ossia, con termine attuale, da casta. Per questo mi limitavo a votare in opposizione a quei partiti i cui programmi erano decisamente in contrasto con le mie idee.
Nel sistema uninominale persona e partito coincidono. Si può scegliere la persona o il partito, ma comunque, in caso di vittoria, viene eletta quella persona. Diversamente con le liste si può avere simpatia per la persona e non per la lista e viceversa, ma votando per la persona si favorisce sicuramente la lista senza alcuna garanzia che in caso di vittoria la persona venga eletta. Per questo non trovo scandaloso che nelle liste siano fissate a priori le graduatorie per l'elezione. Si sceglierà la lista fatta meglio riferendosi alle persone o quella con il programma più consono alle proprie posizioni politiche, confidando che i partiti abbiano voluto e saputo scegliere i migliori per attuarle. Se invece vi è possibilità di indicare più preferenze si può scegliere chi più piace e la graduatoria sarà data dalle preferenze. Per evitare la possibilità di messaggi cifrati e voti comprati si è passati alla preferenza unica. In questo caso, se non è garantita l'elezione prioritaria del capolista, è probabile che a lui vada la stragrande maggioranza dei voti di preferenza essendo la persona più nota e rappresentativa, mentre la scelta degli altri candidati è residuale, praticamente inesistente. Se invece il capolista è comunque il primo degli eletti, vi è possibilità di una scelta per i seggi rimanenti. Non so quanti si avvalgono con scienza e coscienza del voto di preferenza, ma anche in questo caso credo che la scelta sia fatta da pochi, non molto diversamente dalla scelta fatta dai partiti. Naturalmente si potrebbe tornare a preferenze multiple ed evitare i brogli con altri sistemi.
Come tutti dicono, quella vigente sarà senz'altro una pessima elettorale, ma non può essere tutto soltanto colpa sua, visto che anche in Germania per superare certe situazioni è stato necessario il buon senso dei politici. Altro Paese, altra legge, altri politici.
A quanto so, la diversa formazione del Senato è prevista dalla Costituzione e non mi pare che sia colpa di questa Legge se anzichè accelerare il passaggio da un bicameralismo perfetto a un sistema parlamentare più efficiente si è voluto buttar via quanto fatto in tal senso. Merito di questa legge è invece avere regalato alla maggioranza un numero supplementare di deputati, che le ha permesso non di poter governare ma di arrogarsi il diritto di comportarsi come se rappresentasse la stragrande maggioranza degli italiani, anzi la totalità con le sue beghe interne, come se non esistesse una minoranza da rispettare e ascoltare, per quanto piccola fosse.
E' sicuramente giusto che gli elettori possano scegliere nominativamente i loro rappresentanti, sebbene personalmente non abbia mai indicato preferenze, semplicemente perchè non conoscevo sufficientemente le qualità dei candidati per poterlo fare. Si dice anche che la preferenza serve a non eleggere personaggi negativi, ma in questo caso non indicarne il nome scegliendo un altro o non scegliendo alcuno è pressocchè equivalente. A quanto ricordo le liste sono sempre state formate dai partiti, non so con quali criteri, ma ero e sono convinto che tutti, una volta eletti, si comportano come gli altri e come quelli che li hanno preceduti: da "eletti", da privilegiati ossia, con termine attuale, da casta. Per questo mi limitavo a votare in opposizione a quei partiti i cui programmi erano decisamente in contrasto con le mie idee.
Nel sistema uninominale persona e partito coincidono. Si può scegliere la persona o il partito, ma comunque, in caso di vittoria, viene eletta quella persona. Diversamente con le liste si può avere simpatia per la persona e non per la lista e viceversa, ma votando per la persona si favorisce sicuramente la lista senza alcuna garanzia che in caso di vittoria la persona venga eletta. Per questo non trovo scandaloso che nelle liste siano fissate a priori le graduatorie per l'elezione. Si sceglierà la lista fatta meglio riferendosi alle persone o quella con il programma più consono alle proprie posizioni politiche, confidando che i partiti abbiano voluto e saputo scegliere i migliori per attuarle. Se invece vi è possibilità di indicare più preferenze si può scegliere chi più piace e la graduatoria sarà data dalle preferenze. Per evitare la possibilità di messaggi cifrati e voti comprati si è passati alla preferenza unica. In questo caso, se non è garantita l'elezione prioritaria del capolista, è probabile che a lui vada la stragrande maggioranza dei voti di preferenza essendo la persona più nota e rappresentativa, mentre la scelta degli altri candidati è residuale, praticamente inesistente. Se invece il capolista è comunque il primo degli eletti, vi è possibilità di una scelta per i seggi rimanenti. Non so quanti si avvalgono con scienza e coscienza del voto di preferenza, ma anche in questo caso credo che la scelta sia fatta da pochi, non molto diversamente dalla scelta fatta dai partiti. Naturalmente si potrebbe tornare a preferenze multiple ed evitare i brogli con altri sistemi.
Come tutti dicono, quella vigente sarà senz'altro una pessima elettorale, ma non può essere tutto soltanto colpa sua, visto che anche in Germania per superare certe situazioni è stato necessario il buon senso dei politici. Altro Paese, altra legge, altri politici.
E' giusto punire
E' giusto punire quei reprobi che di solito girano a piedi o in bicicletta o con i mezzi pubblici, che raramente e solo quando non possono farne a meno usano l'automobile, quei retrogadi che non cambiano la vettura tutti gli anni e nemmeno tutti gli anni bisestili, che posseggono un veicolo per niente accessoriato ma regolarmente sottoposto a verifiche, che non intasano il traffico cittadino se non per poche ore all'anno, che non si decidono a rinunciare ad avere un'auto perchè "non si sa mai se se ne può avere bisogno, alla nostra età", che non si decidono a cambiarla perchè è complicato decidere, perchè pensano sia uno spreco comprare un'auto che comunque fra qualche anno sarà ancora nuova ma non più conforme alle nuove norme estetiche o ecologiche, perchè quella che hanno è poco appetibile e può starsene quasi sicura sulla strada, perchè sono affezionati alla vecchia e per mille altri motivi. E' giusto punirli, aumentare le già notevoli spese fisse, incentivarli a usare di più l'auto per poterle ripartire su più Km o obbligarli a scegliere tra rinunciare alla propria indipendenza e fare una spesa superflua o per loro inutile. Non basta aiutare a prendere un'auto meno inquinante chi la usa 2, 3, 10 ore la giorno e che in ogni caso deve cambiarla frequentemente, bisogna anche punire chi la usa 10, 20 ore all'anno e non sente la necessità, il dovere civico di cambiarla. A questi conservatori è giusto aumentare di 100 euro la tassa automobilistica e farli girare per uffici per poter conoscere l'importo dovuto ed è giusto che a punirli siano governi di centrosinistra, composti da uomini non sospettabili di agire per favorire case automibilistiche, concessionari o magari sè stessi.
pedalando
Anche i tranquilli pedalanti sognano. Sognano la discesa dopo la salita, le fontanelle di un tempo andato, automobilisti che non scambiano le loro sgargianti divise per incorporei miraggi o immobili abbattibili birilli; sognano che le portiere delle auto in sosta non si aprono improvvisamente, che i pedoni attraversano solo sulle apposite strisce, magari non a passo di samba; sognano di avere corsie riservate o almeno spazio sufficiente per pedalare senza essere co-stretti fuori strada, di poter respirare aria pura, di trovare indicazioni stradali che portano giusto a destinazione e non invece a strade a loro vietate, a giri viziosi; sognano vetture che non li superano a sinistra per poi girare subito a destra obbligandoli a cadute o a sconosciute manovre acrobatiche, con conducenti convinti che "mettendo la freccia" possono fare quello che mai farebbero quando in luogo dell'esile bici ci fosse un'altra vettura; sognano asfalto senza buchi e, talvolta, strade senza asfalto; sognano ..., fiduciosi che almeno il primo di questi sogni si avvererà.
Tasse
Chiedo scusa a chi ha la ventura di leggermi, se torno e mi dilungo sull'argomento tasse, intendendo impropriamente con questo termine, come è ormai usuale, qualsiasi prelievo dello stato o degli enti locali, imposte incluse. Sono un ex lavoratore dipendente ora pensionato, tassato conseguentemente. Dire che "i lavoratori dipendenti pagano fino all'ultimo centesimo" mi sembra relativamente vero. Salvo poche eccezioni, se si chiede a uno di loro quanto prende o quanto vorrebbe prendere di retribuzione risponde dicendo l'importo netto. In effetti sono i datori di lavoro che pagano direttamente al fisco le imposte e oggettivamente, con riferimento al salario netto, si tratta più di un maggiore costo per i datori di lavoro che di una minore entrata per i lavoratori. Nessuna superiorità morale quindi per quei lavoratori dipendenti che non evadono il fisco solo quando e perchè non possono evadere, pronti a farlo se se ne presenta l'occasione. E questa è la prima immoralità del sistema tributario: se anche i lavoratori dipendenti dovessero pagare le tasse prelevando l'importo dal proprio portafoglio sarebbero più consapevoli dell'esosità del fisco e il fisco potrebbe divenire più giusto, giudicato da cittadini tutti eguali nei suoi confronti, senza contrapposizione fra presunti onesti e presunti evasori. Il senso civico non è come il coraggio di Don Abbondio che si ha non si ha: può essere creato con opportune norme, fatte osservare. In questo modo anche l'Italia potrebbe divenire, con il tempo, un paese di persone "civili". Ma se il senso civico manca in chi le norme le fa o le deve fare osservare, allora non c'è speranza. Le persone civili dovrebbero sentire l'obbligo morale di non sfruttare i concittadini, di contribuire alle spese comuni "in ragione della loro capacità contributiva". Un fisco civile dovrebbe essere ragionevole, equo, severo ma non indisponente, basarsi su norme chiare e il più possibile semplici, agevolare gli onesti nei loro adempimenti, non infierire per errori involontari e fare il possibile perchè siano evitati, colpire i disonesti non i presunti tali, presumere la buonafede e non essere in malafede, non ingannare, non indurre in errore per poter sanzionare. La fiducia è una cosa seria, come diceva una vecchia pubblicità, e deve essere reciproca: il cittadino non può fidarsi del fisco se il fisco pregiudizialmente non si fida del cittadino. Ma una persona civile non deve comportarsi come tale solo in materia fiscale e il nostro buon signore col faccione dal sorriso sdentato non dovrebbe limitarsi a chiedere alla Chiesa la condanna morale di chi non paga le tasse. Non è un buon cittadino chi non ha rispetto per gli altri, chi lascia cicche, cartacce, rifiuti o cacca di cane dovunque gli capiti; non lo è chi viaggia sui mezzi pubblici senza biglietto o spreca l'acqua comune; non lo è il funzionario o il sindaco corrotto o che mette divieti stradali pensando non all'incolumità dei cittadini ma alle casse del comune; non lo è chi effettua blocchi stradali o ferroviari per suoi interessi personali corporativi o campanilistici nè chi permette che questo avvenga; non lo è chi delinque o incendia boschi o conduce veicoli in condizioni fisiche alterate e chi non fa quanto in suo potere per contrastarlo. Perchè la legalità, il rispetto della legge e dei concittadini sia una cosa naturale e l'illegalità sia moralmente condannata dalla maggioranza "civile" della popolazione si dovrebbe cominciare dalle piccole quotidianità e la classe dirigente oltre che al proprio benessere dovrebbe pensare a dare il buon esempio. Un tempo, più che la pena prevista dalla legge era forse temuto il disonore, lo scandalo e la condanna morale dei compaesani. Oggi sembra che tutto sia moralmente ammesso, per quale motivo non dovrebbe esserlo l'evasione fiscale, la furbizia di far pagare agli altri i propri vantaggi? Se i politici, potendolo fare, si autoaumentano il loro reddito come si può condannare chi, potendolo fare, si autoriduce la tassazione? Si può obiettare che la seconda cosa è illegale, la prima no: peccato che la legalità della prima sia autoreferenziale, decretata dagli stessi beneficiari, alla faccia del conflitto di interessi. Se i giudici possono essere giudicati solo da se stessi, se, unici fra i concittadini, non devono praticamente mai rispondere ed eventualmente pagare per i propri errori, se la giustizia appare tardiva, contradditoria e perlomeno strana come si fa a chiedere ai cittadini di avere fiducia nella giustizia e quindi nella legalità? Si dirà che non è colpa dei giudici se le leggi sono carenti e si torna ai politici. E' un desolante scaricabarile. Giudici e politici saranno formalmente nella legalità, ma non sono rispettosi dei concittadini ai quali fanno pagare un servizio che non rendono o rendono non al meglio e proporzionato al prezzo, come quegli impiegati pubblici che si comportano con arroganza e/o inefficienza. E' giusto chiedere ai cittadini di contribuire in ragione della propria capacità contributiva ai servizi che solo la mano pubblica può fornire ma il servizio deve essere adeguato al costo se si vuole che sia accettabile. Sarebbe altrettanto giusto valutare la effettiva capacità contributiva, che non può essere la stessa se su un reddito lordo di 100 le imposte sono 30 o 50, se con quel reddito netto deve vivere 1 o 5 persone, se al netto dell'inflazione si ha 100 o 80%. Il cittadino "onesto" deve pagare più del necessario non solo per i disonesti che non pagano tasse, ma anche per i furbi che non lavorano, i lavoratori che non rendono, i servizi inefficienti o inutili, per le clientele dei politici, per il timore del governo di perdere la "fiducia" degli alleati, per il prevalere dell'ambizione personale sugli interessi del Paese, per tasse (ticket) sanitarie o scolastiche o altre, per le angherie del fisco. Se poi il governo ha ancora fame di soldi lo tassa ulteriormente, andando sul sicuro. Forse qualcuno può pensare che rimanere "onesto" costa troppo.
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.... e ora riposiamoci e pensiamo ad altro.
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.... e ora riposiamoci e pensiamo ad altro.
Date a Cesare ..
Non solo di Roma, ma anche di Romano dovrebbe essere la Chiesa Cattolica e ricordare ai fedeli due parabole: quella in cui si dice di dare a Cesare quello che è di Cesare e quella del figliol prodigo, cioè pagare le tasse e perdonare le dissipazioni.
Per decenni sono stato un convinto assertore del dovere morale di pagare imposte e tasse. Poi, una mattina, mi sveglio e trovo che nottetempo un tale aveva ben pensato di alleggerire il mio deposito bancario con un prelievo fiscale che a me sembra una rapina. Ora quel tale fa il ministro dell'interno, forse perchè ritenuto esperto in materia, anche se spesso meno si è esperti e più si è ministri. Un altro signore poi pensa che sia giusto farci pagare il biglietto d'ingresso nell'area Euro, che sicuramente avrà giovato a tutti ma a lui vale un buono stipendio e a me come a tanti lo svilimento del reddito reale. Più o meno ad ogni finanziaria un nuovo balzello si unisce ai precedenti e quelli occasionali restano ben oltre il ricordo dell'occasione che li ha originati. Mentre tutto aumenta, i limiti di reddito per beneficiare di una qualche agevolazione fiscale, magari originalmente congrui, rimangono immutati e superati da sempre maggiori quote di reddito, senza reale aumento della capacità contributiva ma con reale aumento delle entrate fiscali. Le imposte aumentano e la gente impoverisce ma il debito pubblico non cala e cresce il numero e l'indennità dei politici, il costo della pubblica amministrazione e la sua inefficienza, la durata dei processi, la sensazione di insicurezza, il numero di stranieri illegali, l'attesa per gli esami medici, la protervia dei raccomandati, la soddisfazione dei furbi, la prostrazione degli onesti e così via.
Se poi si hanno motivi per ritenere il fisco infido, costoso, iniquo, esoso, vessatorio, nemico, anche il più onesto dei cittadini finisce col fare quanto può per difendersi, giungendo a giustificare anche comportamenti furbeschi, considerandoli al massimo eccesso di legittima difesa. Se in una famiglia in cui madre e figli lavorano c'è un padre che spreca il suo tempo e il denaro della famiglia al bar, se per questo uno dei figli si rifiuta di contribuire alle spese famigliari, credo che entrambi siano condannabili ma più il padre del figlio. Troverei immorale che il padre, senza rinunciare al bere, chiedesse alla madre di rimproverare il figlio e solo una cattiva madre lo farebbe.
E la Chiesa cattolica, solitamente, vuole essere una buona madre.
Per decenni sono stato un convinto assertore del dovere morale di pagare imposte e tasse. Poi, una mattina, mi sveglio e trovo che nottetempo un tale aveva ben pensato di alleggerire il mio deposito bancario con un prelievo fiscale che a me sembra una rapina. Ora quel tale fa il ministro dell'interno, forse perchè ritenuto esperto in materia, anche se spesso meno si è esperti e più si è ministri. Un altro signore poi pensa che sia giusto farci pagare il biglietto d'ingresso nell'area Euro, che sicuramente avrà giovato a tutti ma a lui vale un buono stipendio e a me come a tanti lo svilimento del reddito reale. Più o meno ad ogni finanziaria un nuovo balzello si unisce ai precedenti e quelli occasionali restano ben oltre il ricordo dell'occasione che li ha originati. Mentre tutto aumenta, i limiti di reddito per beneficiare di una qualche agevolazione fiscale, magari originalmente congrui, rimangono immutati e superati da sempre maggiori quote di reddito, senza reale aumento della capacità contributiva ma con reale aumento delle entrate fiscali. Le imposte aumentano e la gente impoverisce ma il debito pubblico non cala e cresce il numero e l'indennità dei politici, il costo della pubblica amministrazione e la sua inefficienza, la durata dei processi, la sensazione di insicurezza, il numero di stranieri illegali, l'attesa per gli esami medici, la protervia dei raccomandati, la soddisfazione dei furbi, la prostrazione degli onesti e così via.
Se poi si hanno motivi per ritenere il fisco infido, costoso, iniquo, esoso, vessatorio, nemico, anche il più onesto dei cittadini finisce col fare quanto può per difendersi, giungendo a giustificare anche comportamenti furbeschi, considerandoli al massimo eccesso di legittima difesa. Se in una famiglia in cui madre e figli lavorano c'è un padre che spreca il suo tempo e il denaro della famiglia al bar, se per questo uno dei figli si rifiuta di contribuire alle spese famigliari, credo che entrambi siano condannabili ma più il padre del figlio. Troverei immorale che il padre, senza rinunciare al bere, chiedesse alla madre di rimproverare il figlio e solo una cattiva madre lo farebbe.
E la Chiesa cattolica, solitamente, vuole essere una buona madre.
Norme e sanzioni
Viaggiando in autostrada, a poco meno della velocità consentita, non sono pochi i veicoli che mi superano o lampeggiano impazienti chiedendo strada se anch'io sto sorpassando.
Da chi vorrebbe che il codice civile riconoscesse le coppie di fatto, mi sarei aspettato che, con coerenza, ritenesse che il codice stradale dovesse riconoscere e legalizzare la velocità di fatto. Una specie di DiCo: diritti dei conducenti. Ben vengano invece iniziative tendenti a far rispettare le regole. Ma le regole dovrebbero avere una certa logica che le renda accettabili: i comuni mortali devono sentire l'obbligo morale di rispettarle ma il legislatore deve sentire l'obbligo assoluto di fare regole utili per la comunità. Come per le tasse, che sono legittimamente ritenute un sopruso se servono principalmente a soddisfare privilegi e vengono pagate solo perchè "imposte". Basta girare per l'Italia non in auto con scorta e diritto di precedenza per accorgersi di quanto siano assurdi certi segnali stradali, fatti più per essere violati e procurare gettito che per la sicurezza. Anche le sanzioni dovrebbero essere ragionevoli ed efficaci. Una multa di 1000 euro può essere tranquillamente pagata da chi possiede auto di lusso ma è un dramma per chi usa un'utilitaria per guadagnarsi 800 euro al mese; più equo effetto potrebbe avere l'impossibilità di usare l'auto per qualche tempo o passare una giornata in un Commissariato di Polizia. Viaggiando in auto blu e percependo in un mese quello che altri non sempre guadagnano in un anno forse è difficile mettersi nei panni altrui e regolarsi di conseguenza. E'vero che basterebbe non violare le norme, ma anche volendole osservare può succedere di sbagliare, è umano. Capita occasionalmente anche a me di superare i limiti consentiti perchè pressato da altre vetture o perchè limiti assurdi appaiono improvvisamente e io mi limito a sollevare il pedale dall'acceleratore senza frenare bruscamente mentre l'auto, non conoscendo le norme del codice ma solo le leggi della fisica, si rifiuta di passare immediatamente dai 90 ai 30 km/h. Mi può anche accadere di distrarmi un attimo e di non accorgermi dei segnali. Ma non posso ritenermi un potenziale criminale: l'ultima multa l'ho presa nel 1961 da una pattuglia della stradale che da un km di distanza ha giudicato eccessivo il tempo da me impiegato a superare con la vecchia "topolino" l'unico veicolo presente in una strada larga e diritta. Qualcuno dirà che sono decisamente un fesso o solo fortunato, ma potrei non esserlo sempre.
Certi comportamenti vanno comunque severamente puniti e si dovrebbe considerare volontari i danni a cose e persone provocati viaggiando follemente con la capacità di guida volontariamente compromessa. Tuttavia non credo che per persone in condizioni psico-fisiche alterate servino da deterrente multe astronomiche o gravi sanzioni d'altro genere, visto che non serve nemmeno la probabile pena di morte che spesso si autoinfliggono. Forse serve qualcosa d'altro, magari affrontando il problema senza la fretta di andare in vacanza, senza ricorrere al consueto DL e poi, magari, al voto di fiducia.
Da chi vorrebbe che il codice civile riconoscesse le coppie di fatto, mi sarei aspettato che, con coerenza, ritenesse che il codice stradale dovesse riconoscere e legalizzare la velocità di fatto. Una specie di DiCo: diritti dei conducenti. Ben vengano invece iniziative tendenti a far rispettare le regole. Ma le regole dovrebbero avere una certa logica che le renda accettabili: i comuni mortali devono sentire l'obbligo morale di rispettarle ma il legislatore deve sentire l'obbligo assoluto di fare regole utili per la comunità. Come per le tasse, che sono legittimamente ritenute un sopruso se servono principalmente a soddisfare privilegi e vengono pagate solo perchè "imposte". Basta girare per l'Italia non in auto con scorta e diritto di precedenza per accorgersi di quanto siano assurdi certi segnali stradali, fatti più per essere violati e procurare gettito che per la sicurezza. Anche le sanzioni dovrebbero essere ragionevoli ed efficaci. Una multa di 1000 euro può essere tranquillamente pagata da chi possiede auto di lusso ma è un dramma per chi usa un'utilitaria per guadagnarsi 800 euro al mese; più equo effetto potrebbe avere l'impossibilità di usare l'auto per qualche tempo o passare una giornata in un Commissariato di Polizia. Viaggiando in auto blu e percependo in un mese quello che altri non sempre guadagnano in un anno forse è difficile mettersi nei panni altrui e regolarsi di conseguenza. E'vero che basterebbe non violare le norme, ma anche volendole osservare può succedere di sbagliare, è umano. Capita occasionalmente anche a me di superare i limiti consentiti perchè pressato da altre vetture o perchè limiti assurdi appaiono improvvisamente e io mi limito a sollevare il pedale dall'acceleratore senza frenare bruscamente mentre l'auto, non conoscendo le norme del codice ma solo le leggi della fisica, si rifiuta di passare immediatamente dai 90 ai 30 km/h. Mi può anche accadere di distrarmi un attimo e di non accorgermi dei segnali. Ma non posso ritenermi un potenziale criminale: l'ultima multa l'ho presa nel 1961 da una pattuglia della stradale che da un km di distanza ha giudicato eccessivo il tempo da me impiegato a superare con la vecchia "topolino" l'unico veicolo presente in una strada larga e diritta. Qualcuno dirà che sono decisamente un fesso o solo fortunato, ma potrei non esserlo sempre.
Certi comportamenti vanno comunque severamente puniti e si dovrebbe considerare volontari i danni a cose e persone provocati viaggiando follemente con la capacità di guida volontariamente compromessa. Tuttavia non credo che per persone in condizioni psico-fisiche alterate servino da deterrente multe astronomiche o gravi sanzioni d'altro genere, visto che non serve nemmeno la probabile pena di morte che spesso si autoinfliggono. Forse serve qualcosa d'altro, magari affrontando il problema senza la fretta di andare in vacanza, senza ricorrere al consueto DL e poi, magari, al voto di fiducia.
Servizio Militare
Ho sentito dire che il ministro della difesa sta pensando di reintrodurre il servizio militare di leva. Dopo tutto quello che è stato fatto per la parità uomo/donna anche nelle forze armate, non mi pare possibile ripristinare la leva solo per i maschietti creando un'assurda discriminazione donna/uomo. Considerate le attuali esigenze militari (pochi e bene addestrati) vi sarà senz'altro un'eccedenza di coscritti anche in presenza di calo demografico e si dovrà trovare il modo di evitare che l'esonero sia concesso ai soliti raccomandati o furbi. Un modo potrebbe essere quello di rendere l'esonero gravoso come il servizio militare, obbligando gli esonerati (uomini e donne) a effetture un equivalente serio servizio civile, con pari trattamento economico, al quale dovrebbe contribuire chi per validi motivi è dispensato dalle prestazioni personali. Se leva obbligatoria deve essere, sperare non nuoce.